Aveva in testa Colbrelli e pensando a lui è andato in fuga. In piedi al centro del quartiere dei corridori al margine della pista, ora Matej Mohoric tiene le mani sui fianchi e fissa la bici, probabilmente senza guardare nulla di particolare. Aloni di sudore disegnano i suoi pantaloncini, mentre gli passano una bottiglietta d’acqua, che si ostina a non bere. Dalle transenne i microfoni lo chiamano. Lo sloveno si consiglia con l’addetta stampa della squadra, poi a fatica si avvicina.
Vincitore morale
Se esiste un vincitore morale della Roubaix, Matej è probabilmente il favorito. Si erano appena superate le tre ore di corsa e filavano oltre i 47 di media, quando ha raccolto il guanto di sfida lanciato da Davide Ballerini e si è offerto di dargli una mano. Il loro passo davanti è stato convincente e solido a lungo.
«Quest’anno alla fine – dice – ho provato ad anticipare. Quando è partito Ballerini, mi è sembrato presto, ma abbiamo voluto continuare insieme. Sfortunatamente ho forato e ho dovuto cambiare la gomma. Ho resistito finché ho potuto usando il tubeless, ma se non avessi bucato, avrei avuto più chance di restare davanti con Devriendt, il corridore della Intermarché».
Nessuna diavoleria
Quando stamattina è sceso dal pullman del Team Bahrain Victorious per andare alla firma, era tranquillo. Ha scherzato sul fatto che questa volta sulla sua bici non ci fossero strani meccanismi e semmai ha mostrato i nuovi guanti Prologo al debutto nella Roubaix.
«Non ci sono discese alla Roubaix – dice ricordando la battuta del mattino – non c’era bisogno del reggisella telescopico. Alla Sanremo si è deciso tutto in pochi minuti, questa volta ho fatto il mio meglio per tutto il giorno. Ho anticipato di nuovo nel finale, ma allo sprint non ho avuto le gambe. Speravo che Van Aert e Kung si guardassero e aspettassero l’ultima curva, per scattare per primo e prendere vantaggio, ma non ci sono riuscito. Il quinto posto è un bel risultato, sono orgoglioso. Ho fatto il meglio possibile».
Aspettando Sonny
Con tutto il peso delle inquadrature sulle spalle, la corsa di Mohoric e degli attaccanti che hanno preso il largo con lui è stata l’anticamera dell’azione decisiva che intanto si andava organizzando alle spalle.
«Sono stato sfortunato con la foratura – dice – ma in generale è andata bene. Ho fatto il massimo, ho dovuto cambiare la ruota e lo stesso mi sono ritrovato nel gruppo dei favoriti. Poi ho anticipato di nuovo con Lampaert, ma purtroppo lui non aveva gambe, poi è caduto. Perciò sono rientrati i più forti che erano Kung e Van Aert. Ho avuto per tutto il giorno Sonny nella mia testa, volevo regalargli la vittoria. Magari proveremo il prossimo anno, quando magari tornerà anche lui. Quest’anno le cose stanno andando bene. Abbiamo lavorato in modo importante durante l’inverno e il lavoro duro paga. Ci manca proprio Sonny. Con lui sarebbe stato più facile gestirsi, perché in due riesci a giocarti meglio le tue carte. Lo aspetto, ditegli che lo aspetto».