Modolo e Cattaneo, un calcio agli anni bui

18.09.2021
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«La sensazione che mi mancava è quella di quando arrivi e allarghi le braccia, alla fine io correvo per quello. Sono passati tre anni, tre anni brutti, da solo con mia moglie. Io poi tendo un po’ a chiudermi quando le cose non vanno. A Mamer mi hanno dato il telefono già all’antidoping e l’ho chiamata subito. Io piangevo, lei quasi. Ero sempre un po’ sul duro io, ma stavolta sembravo un cucciolo». 

«Da quando sono qua sento che le cose vanno sempre meglio. Ho fatto un salto di qualità che per il futuro mi fa pensare di poter alzare l’asticella. Con certi risultati prendi consapevolezza. E io sapevo che se avessi beccato la giornata e il percorso giusti, una vittoria a crono poteva anche scapparci».

Modolo e Cattaneo si sono incrociati alla Lampre, ultima WorldTour italiana. Qui con Cunego e il massaggiatore Chiodini
Modolo e Cattaneo si sono incrociati alla Lampre, ultima WorldTour italiana. A sinistra Cunego

Storie parallele

Il primo è Sacha Modolo, grandi trascorsi, poi anni altalenanti e mesi dannati per un ginocchio che non voleva guarire. Il secondo è Mattia Cattaneo, classe limpida e una fragilità che spesso dal fisico si spostava alla convinzione. In due giorni hanno avuto l’occasione per riconnettersi con la loro storia e l’hanno colta alla grande. Per entrambi lo stesso palcoscenico, quello dello Skoda Tour of Luxembourg. Modolo prima e Cattaneo all’indomani hanno interrotto digiuni diversi ma entrambi lunghissimi. Il veneto non vinceva dal 16 febbraio del 2018, il lombardo dal 28 aprile del 2019. Storie particolari, che si incontrarono alla Lampre dal 2014 al 2016, come quelle di uomini che si guadagnano da vivere su una bicicletta che non sempre vuol sapere di andare nella giusta direzione.

«La vittoria? Neanche la cercavo più – dice Modolo, abbracciato dopo il traguardo da Vendrame (foto di apertura) – ormai non ci speravo più. Se si arrivava in volata dovevo farla io, però siccome Caleb Ewan non c’era più, era più probabile che arrivasse la fuga. Anche perché la tappa comunque non era facile e infatti gli attaccanti li abbiamo ripresi a 500 metri dall’arrivo.

Calvario di mesi

«Stavo bene anche alla Vuelta, solo che ho fatto i primi 10 giorni a tirare le volate a Philipsen e infatti le ho tirate da Dio. In altre occasioni non ho avuto fortuna che invece ho avuto a Mamer. Sono riuscito a trovare il varco giusto in una volata molto caotica».

Lo abbiamo seguito nel lento ritorno, sperando che ce la facesse ma a volte coltivando qualche dubbio sulla sua solidità. E forse proprio lo scetticismo intorno ha reso la salita più ripida.

«Ci sono voluti 2-3 mesi per arrivare a questo – continua – stando fermo tanto e soprattutto perdendo tutto l’inverno, non ho la base che ha uno che fa la stagione completa. In salita ancora mi manca qualcosa, però onestamente non pensavo neanche io di avere una gamba per vincere. Nelle prossime corse tornerò a tirare per Jasper, l’altro giorno ho avuto l’occasione e l’ho sfruttata. In squadra sono tutti contenti però per ora non si parla di rinnovo. Sono sempre stati corretti, non posso dire niente. Mi hanno sempre pagato anche se potevano non farlo, visto che non ho corso per mesi. Mi hanno sempre aiutato, anzi mi avevano detto che se non fossi riuscito in Italia, mi avrebbero seguito loro lassù. Mi dispiacerebbe non rinnovare qua proprio per questo». 

Passione crono

Cattaneo se la ride e se la rideva anche sulla hot seat, aspettando l’arrivo di Almeida: l’unico e l’ultimo a poterlo battere ieri sul traguardo di Dudelange. La sua risalita è stata chiara sin dallo scorso anno, quando l’approdo alla Deceuninck-Quick Step ha significato soprattutto un cambio di mentalità.

«C’è tanto di speciale in questa squadra – dice – è tutto particolare, non si fa niente per caso. E se vedono uno che si applica tanto, come faccio io con la crono, allora anche a loro piace investirci ed è quello che è successo. A me le crono piacciono sin da quando ero under 23 con Rossato alla Trevigiani. E quando uno di noi vince, sul gruppo whatsapp di squadra si scatenano tutti gli altri. Il Wolfpack è una cosa vera».

A Trento come juniores

A Dudelange si è lasciato dietro Almeida, che oggi correrà per portarsi a casa la maglia di leader, e già nella testa di Mattia c’è la convinzione di aiutarlo a coronare questo obiettivo. Anche se il portoghese il prossimo anno andrà via, anche se lo stesso bergamasco è terzo nella generale e potrebbe ambire alla fuga in un’ultima tappa che sembra tanto una Liegi.

«La priorità è Joao – dice – io so di essere competitivo e questa convinzione mi rimarrà addosso per il prossimo anno e le corse a venire. Mi sarebbe piaciuto poter correre una crono in maglia azzurra, l’ho sempre detto. Ci tengo tanto a questa specialità, ma intanto ho riconquistato la maglia della nazionale a Trento. Ho fatto il lavoro che mi è stato chiesto, abbiamo corso come juniores in una corsa davvero pazza ed è stato bello tornare dopo tanto tempo».

Forza azzurri

Di nazionale parla anche Modolo, che sul percorso di Louvain nei tempi andati si sarebbe trovato davvero bene e vedrà giocarsela i coetanei con cui anni addietro duellava su tutti gli arrivi. Trentin, Colbrelli, Nizzolo sono stati per anni i suoi rivali.

«Farlo per vincere no – ammette – però per aiutare la squadra avrei la gamba, l’esperienza e la conoscenza delle strade per farlo. Però Cassani ha già i suoi uomini e fa bene ad andare dritto. Se ha creato negli anni il suo gruppo, non è che adesso, solo perché ho vinto qua, può tirare fuori uno per fare posto a me. Perciò in bocca al lupo a tutti gli azzurri. Io torno a casa con un buon sapore in bocca e le dita incrociate».