Il ruolo di Leonardo Basso, un diesse già in corsa

19.08.2023
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Leonardo Basso, 29 anni, al suo secondo anno all’Astana Qazaqstan Team. Perché ci occupiamo di lui? Perché è la perfetta dimostrazione di come anche in questo ciclismo che va a velocità ipersoniche, dove tutto cambia dall’oggi al domani, si possa lavorare per trovare una propria dimensione e chissà, costruirsi anche un futuro remoto, quando la bici verrà appesa al classico chiodo.

Se chiedete risultati a Leonardo, per quest’anno non ce ne sono, o meglio i siti statistici vi diranno che di top 10 neanche l’ombra, ma i numeri non dicono sempre tutto. Perché dietro le vittorie e le soddisfazioni di altri, c’è il lavoro oscuro di gente come il veneto e c’è un esempio, neanche troppo lontano nel tempo, che lo dimostra.

Basso con Velasco. Il lavoro di Leonardo è stato basilare per la conquista della maglia tricolore
Basso con Velasco. Il lavoro di Leonardo è stato basilare per la conquista della maglia tricolore

«Avevo preparato con molta attenzione i campionati italiani – racconta Basso – andando al Tour de Suisse per rodare sempre più la gamba. Avevo compiti precisi, soprattutto dovevo lavorare nella prima parte della corsa per mettere le punte in condizione di dare tutto quando la gara si sarebbe decisa e la vittoria di Velasco è stata la vittoria di tutti noi, il premio per il buon lavoro svolto. Ho tirato per 100 chilometri, fino all’ultima risorsa di energia che avevo, ma alla fine ne è valsa la pena».

E dopo?

Ho tirato dritto verso le gare spagnole, continuando a fare il mio lavoro e vedendo che questo fruttava, ad esempio con la vittoria di Lutsenko al Circuito de Getxo. In totale fino a fine luglio ho fatto 48 giorni di corsa e se vado a vedere, avrò staccato dalla bici non più di 5 giorni.

Dopo i tricolori Basso ha corso le gare spagnole di luglio, dando sempre un importante contributo
Dopo i tricolori Basso ha corso le gare spagnole di luglio, dando sempre un importante contributo
La sensazione è che quello che ci troviamo di fronte sia un Basso diverso da quello che era alla Ineos…

E’ vero, sento dentro di me che qualcosa è cambiato. All’Astana mi trovo davvero bene, ho trovato la mia dimensione nel supporto ai compagni, nel lavorare per gli altri. Spesso chi entra in questo mondo ha un preconcetto nei confronti dei gregari, pensando che siano corridori che valgono meno e quindi sono relegati a ruoli di secondo piano. Quando ti ci trovi capisci quanto il discorso sia molto più complesso e quanto sia importante il lavoro svolto da altri per far vincere le punte del team. Il ciclismo è davvero un lavoro di squadra.

E’ vero, però ormai è opinione comune, quando un team del WT prende un giovane italiano, che questi vada a fare tappezzeria, a imparare sì il mestiere senza però poi avere occasioni per emergere…

Il ciclismo non è così. Entrare in una squadra è sempre uno stimolo e devi metterti in gioco con tutto te stesso, sta a te poi capire piano piano le tue possibilità, quel che puoi realmente dare. Se l’atleta c’è, viene fuori: è interesse del team che ciò avvenga. Ma è anche interesse personale quello di capire che cosa si può realisticamente fare e seguire quella strada. Io come detto ho trovato la mia dimensione e ci sto lavorando sopra.

Il corridore di Castelfranco Veneto ha ormai trovato la sua dimensione nel team
Il corridore di Castelfranco Veneto ha ormai trovato la sua dimensione nel team
Per completare il discorso, tu corri in una squadra kazaka che ha comunque una forte anima italiana, ma davvero nel WorldTour di oggi si guarda alla nazionalità di un corridore, privilegiando quello “di casa”?

Io non credo proprio, tutte le squadre sono delle multinazionali, che vogliono semplicemente emergere e vincere, se il campione è nazionale bene, se viene da fuori bene lo stesso. Che manchi un team italiano nella massima serie è fuori di dubbio, sarebbe comunque un canale privilegiato per far emergere i talenti italiani, ma se hanno qualità si metteranno in luce anche in team straniero. Però c’è dell’altro…

Cosa?

Non guardiamo sempre al discorso prettamente ciclistico. Approdare in un team di questo livello, soprattutto da giovani (io sono andato alla Trek a 21 anni) è un percorso di crescita anche personale. Impari nuove lingue, stabilisci obiettivi e priorità, insomma diventi uomo e in questa maturazione ci sta anche il trovare il proprio ruolo e svolgerlo sempre meglio.

Il veneto è al suo secondo anno all’Astana, ma spera di continuare nello stesso ambiente
Il veneto è al suo secondo anno all’Astana, ma spera di continuare nello stesso ambiente
E tu che obiettivi ti poni? Dalle tue parole, ma anche dal tuo modo di correre si prospetta un futuro in ammiraglia…

Ammetto che mi piacerebbe molto e mi ci sento portato, non so se al massimo livello o occupandomi dei giovani, ma si può fare molto avendo un approccio ampio al mestiere. Io però sono concentrato sull’oggi, mi piace rimanere in questa squadra, voglio continuare a lavorare e a contribuire ai suoi successi.

Ora che cosa ti attende?

Mi sto preparando per la lunga trasferta oltreoceano, con il Tour of Maryland e le due classiche canadesi del WorldTour. Quest’anno non ci saranno grandi Giri per me, ma come si vede le corse da fare non mancano…

Per Basso si profila un futuro da direttore sportivo, un’idea che sembra piacergli
Per Basso si profila un futuro da direttore sportivo, un’idea che sembra piacergli
Hai già molti più giorni in carniere rispetto allo scorso anno…

Il 2022 è stato davvero difficile ed essendo il primo anno all’Astana non nascondo che la cosa mi è pesata. Ho preso per due volte il Covid e la ripresa è stata ogni volta più complicata. Ho pagato fisicamente. Quest’anno è tutta un’altra storia, mi sento più solido, sotto ogni punto di vista e spero che questa progressione non si fermi.