Italia, terra di conquista. Il titolo vuole essere ovviamente una provocazione in questo senso, ma è un fatto che dopo i nostri corridori, ora agli squadroni stranieri fanno gola le nostre continental. C’è il WorldTour che comanda e poi ci sono le piccole che non sanno cosa fare. Soprattutto le continental, la Colpack in questo caso.
Si è spinto perché nascessero, ma il calendario è scarso e gli squadroni spesso le aggirano. Così le squadre nate per sviluppare i talenti e lanciarli nel professionismo si ritrovano a volte svuotate di un ruolo effettivo. Se va bene, diventano parcheggio a ore per corridori già promessi (vedi i casi di Tiberi, Piccolo, Ayuso). Altrimenti lavorano sperando di trovarne altri pure buoni e di valorizzarli nel tempo a disposizione. Se però arriva la Bardiani, che apre la sezione under 23 e fa incetta di juniores, la situazione si complica. Se foste il presidente di squadra continental, per quale motivo dovreste continuare a spendere soldi?
Nel 2016, in maglia Colpack e con bici Merida di provenienza Lampre, Ganna vinse il tricolore crono (foto Scanferla) Quello stesso anno, Consonni vinse il tricolore su strada. Ora sono entrambi campioni olimpici (foto Scanferla)
Ipotesi Astana-Colpack
Italia terra di conquista. La Alè-BTC-Ljubljana delle donne se la sono comprata gli arabi del UAE Team Emirates. Possono farlo, lo hanno fatto. Anche se il loro contributo allo sviluppo del ciclismo viene meno nel momento in cui, invece di costruire qualcosa di nuovo, hanno preferito preferito comprare quel che già c’era. Sulla stessa strada potrebbe essere la Valcar-Travel&Services, se il presidente Villa troverà un team cui votarsi.
Fra gli uomini, invece, è appena successo che l’Astana si è resa conto di dover rifondare la sua continental, il development team, in cui dall’Olanda arriverà Garofoli. Ci hanno pensato e si sono rivolti alla Colpack-Ballan. D’altra parte Maurizio Mazzoleni è il preparatore di entrambe e c’è un bel filo diretto nel passaggio di corridori. Ma si può fare? Certo, smontando tutto si può…
Lo stesso pagatore
«The paying agent of a UCI WorldTeam – recita l’articolo 2.16.055 del regolamento Uci – may also manage and be responsible for a UCI continental team as development team. In this case, both teams shall have the same paying agent and share a common identity (at least part of the name and design of the jersey)».
Le due squadre, insomma, la WorldTour e la continental, devono avere lo stesso finanziatore, per come viene definito e descritto dall’Uci. E devono poi condividere la loro identità: almeno una parte del nome e il disegno della maglia.
Si sarebbe trattato di fondere le due squadre, formando la Astana-Colpack. Si sarebbe passato il personale italiano alle dipendenze della società kazaka e si sarebbero fusi i due organici, arrivando a quasi 27 atleti. Il poco tempo a disposizione e qualche perplessità hanno fermato l’operazione.
Patron Colleoni, fidandosi di Bevilacqua (tecnico della Colpack-Ballan) aveva dato il via libera. Ma quando gli è stato comunicato che l’accordo era saltato, avrebbe detto al suo direttore: «Mi hai fatto il più bel regalo di Natale!».
L’esempio Lampre
Certo sarebbe bello. La continental li allena, li tempra e poi di tanto in tanto ne manda alcuni a farsi le ossa tra i professionisti. Senza aspettare lo stage, semplicemente perché è la stessa squadra.
Nel 2016 fra la Lampre-Merida e la stessa Colpack fu siglato un accordo di collaborazione tecnica, per cui la squadra WorldTour passava agli under 23 le sue bici Merida e in cambio aveva un’opzione sui suoi atleti. La squadra bergamasca non era un “devo team”, perché non aveva alle spalle lo stesso finanziatore. Eppure in nome di quell’accordo, alla fine dell’anno Ganna, Ravasi, Consonni e Troia passarono nella squadra, che nel frattempo si era trasformata in Uae Team Emirates.
Forse per il cambio di gestione, forse perché le prime stagioni dello squadrone furono piuttosto problematici, soltanto Troia ebbe modo di rimanere, mentre dopo tre anni gli altri passarono altrove.
Il caso Sivakov
Da qui le domande. Correre nella “devo team” di una WorldTour impegna la squadra madre a far passare i corridori che ha cresciuto oppure no? Se Colpack fosse stata “devo team” di Astana nel 2021, Baroncini sarebbe stato obbligato da un contratto a passare nel team di Martinelli? In che modo la stessa WorldTour viene garantita sulla permanenza dei migliori nelle sue file?
Viene in mente la Bmc Development, gioiellino di organizzazione, agganciata al team di Andy Rihs e Jim Ochowitz. Nel 2017 vinsero alla grande il Giro d’Italia U23 con Pavel Sivakov, per cui era logico aspettarsi che il russo passasse nel team guidato da Valerio Piva e Fabio Baldato. Invece arrivò il Team Sky con i suoi soldi e se lo portò via.
Facile così, forse per questo lo squadrone di Brailsford nemmeno ci prova a crearsi un team satellite: il guaio per loro è che nel frattempo sulla scena sono arrivati attori con più soldi da spendere. Perché il mercato è il mercato, ma se alla fine nemmeno ci si prova a far funzionare il meccanismo per come è stato pensato, allora dove sta il senso di tanto scrivere regolamenti?