Groenewegen “punta” il Tour e benedice Cavendish

04.12.2023
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TORINO – Guardare avanti per tornare ad alzare le braccia come nel passato. Il Tour de France 2024 è già nei pensieri di Dylan Groenewegen, lo sprinter su cui il Team Jayco-AlUla punterà almeno per altre due stagioni, sperando di rivederlo sfrecciare come ha fatto lo scorso anno, ma non così bene nella stagione che si sta per concludere.

L’ultimo squillo alla Grande Boucle 2022 arrivò nella terza tappa in terra danese e, dando un’occhiata al prossimo percorso giallo, anche stavolta il 3 potrebbe essere il numero perfetto per graffiare l’asfalto, con l’arrivo veloce nel cuore di Torino. Proprio nel capoluogo piemontese, abbiamo incontrato il trentenne olandese, dopo che ha svolto le visite di rito all’Istituto delle Riabilitazioni Riba – Gruppo Cidimu.

Terzo al GP Van Looy, dietro Philipsen e Koioij. Nel 2023 sono venute 4 vittorie
Terzo al GP Van Looy, dietro Philipsen e Koioij. Nel 2023 sono venute 4 vittorie
Qual è il tuo bilancio del 2023?

La stagione nel complesso è andata bene, anche se forse mi sarei aspettato qualche vittoria in più. In particolare, puntavo a una tappa al Tour, che ho sfiorato in più occasioni, ma arrivarci vicino non basta, per cui ci riproverò l’anno prossimo. 

Dunque, la Grande Boucle è un’ossessione per te?

Il Tour de France è l’obiettivo primario, ma prima comincerò con l’AlUla Tour (fino a quest’anno Saudi Tour, ndr), che per ovvie ragioni è una corsa molto importante per la nostra squadra. Voglio essere in forma già dall’inizio, ma poi cercherò di essere al meglio per il 1° luglio.

Chi saranno i tuoi uomini di fiducia?

Di solito, al mio fianco, ho sempre Luka Mezgec. Poi c’è Elmar Reinders che sta facendo un ottimo lavoro, mentre quest’anno non ho potuto contare su Amund Jansen, ma sono sicuro che si è messo sotto per tornare ad andare forte e non vedo l’ora di correre di nuovo con lui, perché sono sicuro che saprà aiutarmi molto in corsa. Prezioso sarà anche l’apporto di Luke Durbridge

Groenewegen durante l’intervista con Alberto Dolfin, autore dell’articolo
Groenewegen durante l’intervista con Alberto Dolfin, autore dell’articolo
Com’è cambiata la vita degli sprinter nei grandi giri rispetto ai tempi di Cipollini in cui i treni dei velocisti la facevano da padroni?

Il ciclismo è in continua evoluzione e ora, invece di avere 6 o 7 persone a disposizione, il velocista ne ha al massimo 3 o 4 che lo possono supportare. Anche nella stagione appena conclusa, la nostra squadra si è divisa 50 e 50 tra chi supportava Simon Yates per la classifica generale e chi me per le tappe. Ma non mi lamento, perché adesso tutti corrono così.

Credi che siano diminuite le opportunità per i velocisti nei grandi giri?

No, non credo, al massimo ci sono tappe più dure o il gruppo accelera sulle salite, per cui rende la corsa più dura. Ogni anno il ciclismo si evolve e, per quanto riguarda gli sprint, all’ultimo Tour, in tanti ci hanno provato, ma l’unico che ha trovato l’equilibrio perfetto è stato Philipsen.

Tornando, invece, un po’ indietro: ci racconti qual è la relazione tra te e Fabio Jakobsen dopo quanto accaduto al Giro di Polonia 2020?

Io e Fabio non siamo mai stati amici e non lo siamo nemmeno adesso. Lui è un grande sprinter e lo considero tale, nulla più. 

La drammatica caduta che stava per costare la vita a Jakobsen al Giro di Polonia
La drammatica caduta che stava per costare la vita a Jakobsen al Giro di Polonia
Ci racconti la tua risalita in sella dopo quanto successo e tutte le critiche ricevute?

E’ stato un periodo molto lungo e duro senza corse, perché prima è arrivato il Covid e poi la squalifica per quanto successo in Polonia. Mi sono allenato e poi tenuto impegnato con la mia famiglia. In tanti mi chiedevano se mi mancassero le corse, ma la realtà è che ero molto preso dalla gravidanza di mia moglie e poi dalla nascita del primogenito Mayson, che peraltro ha avuto anche un po’ fretta di uscire allo scoperto. In quel periodo, lui è stata la mia priorità e il ciclismo è venuto dopo.

Adesso ti senti di nuovo come prima?

Sì, nell’immediato sbagliai ad andare subito al Giro d’Italia, perché non ero ancora pronto dopo tanto tempo fermo. Per fortuna, grazie anche all’addio alla Jumbo e all’approdo in questa squadra, ho ritrovato il divertimento in quello che faccio e mi sono sentito accolto in famiglia

Quando non pedali, ti piace fare qualche altro sport?

Passo molto tempo in palestra. Poi, d’inverno, mi piace andare a correre.

Come sarà sfidare per l’ultima volta Cavendish al Tour 2024?

Potete dire una corsa qualsiasi e quasi sicuramente lui l’ha vinta. Forse è il miglior sprinter di tutti i tempi e sono certo al 100 per cento del fatto che Mark ha le carte in regola per battere il record di Merckx. Avrà bisogno di un pizzico di fortuna, perché ha perso un po’ di spunto veloce rispetto agli anni d’oro, ma non conosco nessuno così scaltro nei finali di tappa. 

Ti vedremo mai in qualche classica?

Abbiamo tanti corridori in squadra che possono vincerle, come Ewan o Bling (Michael Matthews, ndr), mentre io mi sento più sprinter da grandi Giri. 

Quanti tatuaggi hai?

Ne ho tre, ciascuno con un significato ben preciso. Due sul braccio destro, a cui sono molto affezionato: uno è un leone che protegge il suo leoncino, ovvero io con Mayson, che ora ha 3 anni. Mentre l’altro è una donna con un orologio, che rappresenta il tempo e la pazienza che ci ho messo durante la lunga pausa forzata per tornare al mio livello di prima.