«Non pensavamo che sarebbe successo così presto – racconta Romain Gregoire, vent’anni – ma è una buona cosa. Ci motiva ogni giorno in allenamento sapere che la squadra ha fiducia in noi. Avere nuove responsabilità è tutto ciò che chiedo. E’ speciale avere corridori più esperti che lavorano per te, ma essere leader non è qualcosa che si chiede: deve venire con i risultati e le prestazioni. Bisogna essere all’altezza ed è ciò che mi spinge nel lavoro di ogni giorno».
Sette in pagella
L’aria di rinnovamento nella Groupama-FDJ, di cui vi abbiamo detto attraverso le parole di Lorenzo Germani e quelle di Philippe Mauduit, passa per il gruppo di giovani che nel 2023 Marc Madiot ha fatto passare in blocco nel team WorldTour. Sono i ragazzi di Gannat, che fra gli under 23 avevano spadroneggiato in lungo e in largo e potrebbero rimpiazzare in un solo colpo le vecchie glorie del team francese. Fra loro, Gregoire è quello che fra il 2021 e il 2022 aveva più impressionato, ma neppure lui si aspettava un inserimento così rapido e importante nella prima squadra. Anche se poi, a leggere le sue parole nel sito della squadra, ci si chiede se il senso di perenne insoddisfazione che trasmette sia una molla o un disagio.
«E’ stata una stagione positiva – prosegue – perché ho raggiunto i miei obiettivi e soprattutto la vittoria. Ci sono riuscito per cinque volte, comprese due classifiche generali (Quattro Giorni di Dunkerque e Tour du Limousin, ndr), cosa che davvero a inizio stagione non immaginavo. In più mi sono guadagnato la convocazione per la Vuelta e non l’ho finita completamente morto. E’ una stagione da 7 in pagella, non oltre perché so che posso fare meglio. Mi sarebbe piaciuto essere più utile alla squadra. Mi sarebbe piaciuto vincere a livello WorldTour e non sono ancora riuscito a farlo. Forse è anche normale, forse sono duro con me stesso, ma è anche il modo per spingermi a migliorare. Non credo che essere un neopro’ sia un’attenuante. Per me, una volta che siamo nella stessa squadra, non importa se siamo lì da dieci anni o sei mesi».
Margini di crescita
Le aspettative vengono da fuori, ma anche da se stessi. E per fortuna la sua ultima frase viene in parte contraddetta dalle sensazioni dopo il campionato francese, chiuso in ventesima posizione sui 23 corridori che hanno concluso la prova.
«Più vinci – ammette – più hai aspettative e più tutto diventa difficile. Per 3-4 anni sono riuscito a fare quello che volevo, ma questo è solo l’inizio. Il bello del 2023 è che abbiamo rispettato alla lettera il piano fatto a dicembre, in ogni momento sapevo per cosa stavo lavorando e questo mi ha consentito di mettere ottimamente a frutto le fasi di allenamento. Spero che sia sempre così, in modo da continuare nella crescita. Al campionato nazionale di Cassel avevo grandi ambizioni, ma alle spalle di Madouas che ha dominato, io ho capito che mi manca la solidità di qualche anno in più tra i pro’ per lottare con i primi in una gara come quella, lunga 220 chilometri, con tanta fatica e tanto caldo. Ho fatto quello che potevo, ho cercato di resistere il più a lungo possibile e poi il serbatoio si è svuotato».
Il Limousin e la Vuelta
Questo ragazzo è insaziabile. La primavera e l’estate gli hanno portato infatti le vittorie di Dunkerque e del Limousin, dove per la prima volta si è rivisto il Gregoire sbarazzino e sicuro degli anni precedenti. Due tappe vinte, una attaccando a 15 chilometri dall’arrivo, con la squadra al suo fianco: un’anticipazione di futuro che lo ha molto colpito. Invece pare che il contraltare della Vuelta abbia raffreddato l’entusiasmo.
«Il lavoro ha iniziato a dare i suoi frutti – ricorda – abbiamo corso come ci piace e sono riuscito a vincere due tappe e a conquistare la classifica generale. Invece della Vuelta non sono troppo soddisfatto. Avrei preferito essere più attivo in corsa, ma non c’erano molte tappe per gli scattisti e quando c’erano non ho avuto le gambe per vincere (il riferimento è al giorno di La Laguna Negra, in cui è stato battuto da Herrada, ndr). E’ un peccato, ma in futuro mi piacerebbe migliorare il mio livello in salita per giocarmi certi finali».
L’eredità di Pinot
Resta da capire se oltre all’eredità sportiva, Gregoire e i suoi… fratellini siano sulla strada giusta per raccogliere il testimone di Thibaut Pinot. Prima di salutarli, sul pullman della squadra, il vecchio capitano ha detto parole incisive e toccanti sul prendersi cura della squadra. Le parole di un condottiero che mai in carriera, nonostante le offerte, ha valutato la possibilità di vestire un’altra maglia.
«Le parole di Thibaut – precisa infatti Gregoire – vanno collegate al fatto che è stato fedele alla squadra per 14 anni, avendoci trovato gli stessi valori che ha nella sua vita. Ci ha detto di rimanere autentici. Ha detto di aver trovato qui una nuova famiglia e gli piacerebbe che continuasse così anche con noi. Qualcuno riuscirà a trasmettere le sue stesse emozioni? Certamente no. Penso che Thibaut sia stato un’eccezione nel ciclismo, anche nello sport in generale. Il suo ritiro al Lombardia ne è stata un’altra prova. Però cercherò di seguire le parole che ha detto sul pullman, di rimanere reale e autentico. E vedremo dove mi porterà».