Sono passate solo poche ore da quando Matej Mohoric gioiva sul traguardo di Le Creusot. Sono passate invece parecchie settimane da quella terribile caduta al Giro. Il corridore della Bahrain Victorious aveva fatto l’ormai celebre capriola in avanti, atterrando di testa e schiena sull’asfalto, mentre era in attacco in discesa verso Campo Felice.
E nel mezzo cosa è successo? Come ha passato questi 47 giorni che separano caduta del Giro e trionfo al Tour? E’ successo che Matej si è messo sotto, ha lavorato sodo, tanto da vincere in questo intermezzo anche il campionato nazionale.
Una caduta “fortunata”
«Mamma mia – racconta emozionato il suo diesse Franco Pellizotti – quando è partito ieri ho pensato: cavolo manca ancora tanto. Ma poi se ci si pensa quando lui va in fuga vince così. E poi vedendo chi c’era all’attacco con Matej (il riferimento è a Van Aert e Van der Poel, ndr)… Ha avuto la fortuna di trovare un bel compagno di fuga, quel Van Moer è un bel “cammellone” ed ha collaborato parecchio».
Franco è al Tour. In ammiraglia dietro al suo pupillo ieri c’era proprio lui. Ma il friulano ha seguito Matej sin dal giorno di quella caduta. Ed è con lui che vogliamo riavvolgere il nastro.
«Vero, dopo quell’incidente al Giro gli sono stato vicino, ci siamo sentiti spesso. Alla fine è stato anche “fortunato” perché a parte la commozione celebrale e qualche contusione non si è fatto molto male, non ha riportato fratture. Il Tour poi era già in programma e quasi quasi è stato un “bene” fermarsi in quel momento. Ha potuto recuperare alla grande. Come si dice: non tutti i mali vengono per nuocere. E il risultato si è visto».
Sorpresa? Anche no!
Pellizotti racconta che dopo la caduta Mohoric è stato fermo una settimana. Poteva riprendere anche prima ma in squadra hanno preferito attendere qualche giorno in più visto che non c’era proprio pensando al Tour.
«Questo – riprende il diesse – gli ha consentito di recuperare bene e quando ti fermi che sei in una condizione strepitosa, come quella che aveva al Giro, ci metti poco a tornare a buoni livelli. In più Matej è un professionista esemplare. Si è allenato molto bene. Tanto è vero che al rientro ha vinto il titolo nazionale sloveno. Che poi uno dice: okay in Slovenia… ma andiamo a vedere chi c’era! Insomma mentalmente ne è uscito bene. E per me vederlo subito competitivo non è stata una sorpresa».
Morale sempre alto
Ma allora c’è da chiedersi come abbia vissuto quei giorni dopo la caduta. Era più dispiaciuto per aver lasciato i suoi compagni al Giro o più preoccupato per non essere in forma per il Tour?
«Matej è un ragazzo sopra la media, ha una grande intelligenza e conosce i suoi mezzi, nel senso che sa quello che deve e che può fare. A volte però proprio la testa è il suo punto debole, perché magari è talmente convinto di quello che fa che poi sbaglia.
«Però posso dirvi che la sera della sua caduta al Giro era in stanza con i ragazzi. Anche Damiano (Caruso, ndr) era rimasto un po’ scosso (tanto più che era alla sua ruota e ha visto tutto, ndr) ed era Matej che dava morale alla squadra. Proprio perché è intelligente e consapevole sapeva che in qualche modo gli era andata bene e quindi no, non era abbattuto».
Più spazio senza Haig
In Francia Mohoric, tanto più dopo il ritiro di Jack Haig, l’uomo di classifica della Bahrain, aveva più carta bianca. Se al Giro doveva aiutare Landa in pianura e nelle tappe mosse, al Tour doveva stare vicino all’australiano in pianura e doveva (deve) essere l’ultimo uomo per Colbrelli in quelle mosse.
«Mohoric – dice Pellizotti – è il nostro road capitan al Tour. Sa come muoversi. Si sa gestire. Se guardate bene, anche ieri in salita lavorava e tirava ma senza esagerare, mentre in discesa, che è il suo forte, recuperava. E’ stato Matej stesso a decidere il momento dell’attacco. E ha fatto bene ad anticipare visti i nomi che erano in fuga con lui, come ripeto. Una vittoria così importante gli mancava, tanto più dopo quello che gli è successo. Mi è bastato vedere la sua faccia sull’arrivo per capire cosa significasse quella vittoria».