Ganna è tornato nel Rifugio Oberto Maroli a 2.800 metri di quota per gettare le basi del finale di stagione. Ci si arriva prendendo due funivie da Macugnaga ed è lo stesso posto in cui Pippo ha preparato la fantastica spedizione olimpica a Tokyo. Lassù il cellulare non prende e magari è un bene. Si può tenere la testa sugli obiettivi, ci si distacca dal circo mediatico, si ha tempo per se stessi. Sia che si tratti di mettere insieme chilometri buoni, sia di coltivare i propri pensieri.
Pippo non è tipo da show della domenica, semmai il tempo verrà d’inverno. Ora il focus è sul finale di stagione e obiettivi di primissima grandezza: gli europei e i mondiali su strada, poi quelli della pista, con la suggestione della Roubaix che strizza l’occhio il 3 ottobre. Non riesci a tenere il fuoco se non hai i piedi ben piantati per terra. E a dispetto del carisma e del suo essere personaggio che acchiappa, il piemontese è un grande professionista e sa benissimo che niente arriva mai per caso.
«Venni su con Scartezzini – ricorda – con l’intento di far bene per l’Olimpiade. Sapevo che andavamo a lottare per qualcosa di grosso. Avrei preferito magari qualcosa di meglio nella prova cronometro, anche se andava oltre le mie possibilità. Però sono felice così. Ero consapevole che potevamo fare bene in pista e siamo riusciti a farlo. L’oro più che un fatto di consapevolezza o di popolarità è importante perché sono riuscito a ottenere il mio risultato personale, che è una base di partenza per il futuro».
Si va avanti a chiacchierare con uno scambio di audio, come gli adolescenti che non chiamano ma si rimbalzano spezzoni di discorso. Questa volta non c’è alternativa. Anche quando parlammo con Scartezzini di quel ritiro prima di Tokyo, riuscire a stabilire una connessione fu davvero difficile.
Sei un uomo riservato e in un’intervista hai dichiarato che da una parte festeggiavo l’oro e dall’altra di seccava che casa tua fosse presa d’assalto dalla stampa…
Semplicemente mi andrebbe di chiedere a chi entra in casa mia cosa penserebbero se così, di punto in bianco, uno sconosciuto dovesse presentarsi da lui e mettersi a registrare, fare foto e video in giro per la casa. Non mi piace come cosa, non è una cosa che c’entra con la popolarità. Semplicemente è casa mia e quello che c’è fra le sue mura rimane mio.
Tutti confidavano nel tuo finale dell’inseguimento, questo ti ha messo pressione oppure ti ha caricato ancora?
Sapevo che nel finale potevamo giocarci qualcosa di grande, quindi sapevo che dovevo dare tutto me stesso. Però non è che mi abbia dato pressioni o una carica particolare. Sapevo che ogni atleta ha il proprio obiettivo, il proprio compito durante la prova. Come Lamon deve lanciare il quartetto nel quartetto. Consonni ci deve portare in tabella. Milan deve farmi recuperare la partenza. E io alla fine devo fare una tirata lunga. Nessuna pressione però, semplicemente si tratta di fare quello che sai fare.
Viviani dice che nell’immediato post Olimpiadi su pista nel 2016 si ritrovò con grandi forze nelle gambe. Per te è lo stesso?
Diciamo che dopo l’Olimpiade siamo andati in Norvegia, facendo poche ore di allenamento e appena qualche lavoro di forza. Quando sono entrato in gara però, le gambe giravano bene come durante la stagione. Quindi sì, i lavori fatti in pista servono anche su strada.
Il finale di stagione è molto ricco, si deve scegliere qualcosa o ipotizzare una graduatoria per importanza?
Sino alla fine della stagione, tutti gli obiettivi che ho sono importanti, quindi ognuno ha il suo valore. Nessuna graduatoria fra il più importante o il meno importante. Si va sempre a testa alta col numero sulla schiena.
Alla fine, nonostante la nazionale e il Team Ineos, par di capire osservando il mondo attorno a te che la vera forza sia nella famiglia…
La famiglia è importante, ma al di fuori anche della famiglia c’è il ruolo degli amici. I conoscenti più stretti, persone che a volte con un messaggio ti possono cambiare la giornata. Quindi famiglia e amici sono fondamentali per tutto l’anno. Sono tutti bravi all’ultimo a dire che ti erano vicini, mentre non è facile esserlo per 365 giorni all’anno, 24 ore su 24.
Un amico che anche questa volta è con lui è Michele Scartezzini. I due rimarranno insieme sulle montagne piemontesi fino al 3 settembre, poi anche sarà tempo per Ganna di riattaccare il numero sulla schiena e far rotta verso gli europei di Trento. Serve tanta testa per gestire così bene emozioni e impegni. Grande merito ce l’ha ovviamente lui, ma per tanto altro deve ringraziare i suoi genitori e i tecnici che se lo sono preso a cuore, come Villa (per la pista) e Cioni (per la strada). Il resto è il quadro che si compone fra doti atletiche fuori del comune e un’umiltà rara da intercettare a questi livelli. Che non significa non avere ambizioni, ma al contrario essere consapevoli che per centrare i grandi obiettivi serve ogni volta avere la forza di ripartire da fermi.