Mentre da noi con il fresco contributo di Bugno si accende il dibattito sulla presenza di Nibali alle Olimpiadi, in Francia la situazione si fa spinosa e poco coerente con il rinomato attaccamento alla bandiera. L’armata transalpina, che sulla carta sarebbe stata la formazione da battere, ha perso il suo potenziale. E per il cittì Voeckler il quadro è tutt’altro che rassicurante.
Alaphilippe dice no
La prima spallata è venuta a metà maggio da Julian Alaphilippe. «D’accordo con il selezionatore della squadra francese e la Deceuninck-Quick Step – ha detto – rinuncio al mio posto di candidato alla selezione per le prossime Olimpiadi di Tokyo. E’ una decisione personale, attentamente ponderata. Sono stati definiti gli obiettivi di fine stagione e in questo senso vanno fatte delle scelte. Sarei molto orgoglioso di indossare la maglia della squadra francese per i prossimi campionati del mondo. Ovviamente auguro il meglio alla nazionale che sarà schierata in questa occasione».
Team e famiglia
Julian sta correndo per la prima volta il Giro di Svizzera (foto di apertura): un approccio al Tour completamente nuovo, che tiene conto anche dell’imminente nascita del suo primo figlio.
«La nascita del bambino – ha ripetuto più volte – è la cosa più importante per me». Il Tour in maglia iridata è un’occasione d’oro per tutti, la trasferta olimpica è meno allettante.
«Voglio dare tutto al Tour con la maglia di campione del mondo – sottolinea – senza sapere come lo finirò. E di conseguenza senza sapere se potrò fare bene a Tokyo sei giorni dopo Parigi. Anche la situazione sanitaria ha avuto un ruolo nella mia decisione. Non potevo permettermi di scommettere tutto sui Giochi, sacrificando ciò che è essenziale per me, senza essere sicuro che si svolgeranno».
Voeckler amaro
E Voeckler cosa dice? Capisce, si adegua, non fa salti di gioia e guarda ai mondiali. Il presidente federale francese ha scelto di non imporsi.
«Fa parte della vita di un atleta di alto livello fare delle scelte – dice il selezionatore francese – e di un tecnico adattarsi. Senza offendere gli altri corridori, su quel tipo di circuito, Julian sarebbe stato la nostra carta migliore. Perdiamo una grande occasione. Senza di lui, non sarà la stessa squadra. Sono convinto che la squadra francese farà la sua parte, ma non posso dire che abbiamo il corridore per vincere e che gli altri quattro correranno per lui».
Il rifiuto di Bardet
A questo punto, ci si sarebbe aspettati però che Voeckler convocasse gli stati generali, magari valorizzando il Giro in crescendo di Bardet. Invece no.
«Dopo una discussione a tre con lui e la squadra – ha detto il francese del Team Dsm – abbiamo deciso che non parteciperò ai Giochi Olimpici quest’anno. Con il team abbiamo grandi obiettivi che ci aspettano a fine stagione e con questo programma non sarebbe possibile raggiungere il massimo della forma a Tokyo».
Martin alza la mano
Il rifiuto è venuto da corridori inseriti in formazioni non francesi: non può essere un caso. E così basta guardare Oltralpe per rendersi conto che qualcuno che smania per andare c’è.
«Sono ancora un candidato per i Giochi – fa sapere Guillaume Martin della Cofidis – anche se sto aspettando di sapere quali sono i piani di Voeckler. Sono pronto ad assumere il ruolo di leader o co-leader. Ce l’ho già nel team Cofidis e non ho paura di affrontarlo a Tokyo. Se quest’estate vado al Tour in modo più rilassato rispetto agli ultimi anni, è anche per arrivare con un po’ più di freschezza alla corsa olimpica».
Ripresa Gaudu
I nomi a disposizione non sono poi molti e passano per quello di Barguil, Gallopin, Cavagna e soprattutto di Gaudu, al punto che all’interno della Groupama-Fdj si comincia a pensare che la brutta caduta delle Canarie durante l’ultimo training camp, che non ha avuto gravi conseguenze fisiche, potrebbe avere un ritorno positivo. A detta del suo allenatore infatti, essere arrivati al Delfinato in ritardo di condizione, potrebbe permettere al giovane francese di vivere un Tour in crescendo e arrivare al top proprio in Giappone.
Difficile capire se le illustri defezioni siano casuali e se gli atleti le abbiano accettate di buon grado. Probabilmente all’uscita degli anni del Covid, gli sponsor sono stati meno propensi a rinunciare ai campioni più pagati nel nome dell’ideale di Patria. Per il fascino delle Olimpiadi, purtroppo, un passo indietro di cui prendere atto.