A seguire la crono del Giro, a più di 1.200 chilometri di distanza, c’era anche Daniel Oss. Il trentino della Bora-Hansgrohe fa parte infatti della pattuglia dei 12 italiani che, nei giorni della corsa nazionale, si sono ritrovati in Belgio a correre il Giro delle Fiandre.
Bettiol, Gatto, Pasqualon, Marcato, Viviani, Dainese, Trentin, Cobrelli, Battistella, Martinelli e Mozzato: questo il contingente degli azzurri attesi da una battaglia dei muri che si annuncia silenziosa, spoglia ma non meno efferata. Solo che all’effetto arena provocato dai tifosi si sostituirà lo sferragliare delle catene sul pavé e qualche imprecazione per una spallata di troppo.
«Sono arrivato su per correre la Gand – dice Oss – e poi farò De Panne. Non si sta male, ma fa freddo. Per fortuna è asciutto. E devo dire, guardandomi intorno, che è tutto un po’ strano, manca qualcosa».
Vorrai dire che manca qualcuno: che effetto fa il Fiandre senza capitan Peter Sagan?
Appunto, è tutto strano. La squadra sarà più libera, ci tocca salvarci. Dovremo leggere la corsa, portando a casa quello che verrà e senza troppe aspettative. Non sono al top, insomma…
Come mai? Non potrebbe essere per te una bella occasione?
Ho lavorato tanto per il Tour de France, al momento mi trovo meglio sulle salite lunghe che a combattere sui muri. Non sapevamo che sarebbe stato così, altrimenti si sarebbe potuto cercare una condizione migliore.
Perché niente Giro per Oss?
Pochi dopo il Tour sono venuti in Italia. In più l’altra metà della squadra è alla Vuelta e quassù qualcuno doveva pur venirci.
Si sta bene nella bolla?
Ci sono regole ormai uguali dovunque. Abbiamo fatto due test prima di partire, poi uno dopo la Gand e un altro prima del Fiandre. Si sta attenti al distanziamento, partenze e arrivi sono vietati al pubblico. Sui muri non ci sarà nessuno e anche alla presentazione delle squadre ci saranno le giuste distanze.
Che triste, per il Fiandre che è sempre così rumoroso…
Sto cercando di immaginarlo. Il Koppenberg, su cui di solito si sentono strani odori e tanti urli, sarà deserto. Lo stesso sul Kwaremont. Siamo andati in ricognizione e ai bordi della strada ci sono solo prati. Ma del resto in Belgio bar e ristoranti sono chiusi per un mese. Stanno peggio che in Italia, in giro non c’è anima viva.
Dal Belgio a Zanzibar: come va nei tuoi villaggi ai tempi del covid?
Siamo aperti con un villaggio su due. Si lavora prettamente con gli europei e i voli sono stati ridotti. Non andrò quest’anno, preferisco riposare un po’ a casa. L’isola è stata chiusa per un periodo, poi riaperta con regole europee. Le strutture si sono organizzate, ma i numeri del contagio sono bassi. Non c’è stato un crollo come qui. Un po’ perché lì esistono ancora malattie come la malaria con cui fare i conti, quindi il Covid è meno dirompente. E poi perché il distanziamento spesso viene naturale, vivendo all’aperto e in piccoli villaggi isolati.
Che cosa ne è stato del personale del villaggio chiuso?
Li abbiamo tenuti per far l’ordinaria manutenzione. Per quelli di lì abbiamo avuto un occhio di riguardo, mentre gli stagionali semplicemente non sono venuti.
Chi vince il Fiandre?
Van Aert e Van der Poel potrebbero esserne i fari. Trentin va forte. E poi c’è Alaphilippe, che è alla prima uscita. E’ un mese che vince corse importanti e dato che non è un Fiandre sfasciato dalla pioggia, potrà soffrire all’inizio per qualche curva e qualche spallata, ma poi potrà dire la sua.
E tu?
E’ passato del tempo da quando venivate a cercarmi pensando che avrei potuto vincere il Fiandre e la Roubaix. Vediamo cosa viene fuori, poi vi dirò.