Andrea Vendrame ha caricato bici e speranze sulla sua auto e a un certo punto dell’estate, dopo i campionati italiani, è salito al passo del Pordoi, altura dolomitica forse meno di moda, ma sempre ottima altura. Lo avevamo incontrato proprio alla vigilia del tricolore e dal suo racconto della passione che mette nel praticare il ciclismo e del fatto che raramente il suo andare in bici è un passeggiare di poco conto, ci è venuto in mente di fare qualche domanda al suo preparatore. Non uno a caso, ma un tecnico che da professionista ha vinto il campionato italiano e il Giro di Lombardia. Uno che magari parla poco, ma ha cose da dire: Gianni Faresin. E se un corridore come Vendrame ha continuato ad averlo come allenatore anche dopo cinque anni che è professionista, allora forse ha anche cose da insegnare.
Under 23 vincente
Oggi Faresin è in corsa con i suoi ragazzi della Zalf Desirée Fior. Lo scorso anno cambiò maglia, ma quando la squadra di Castelfranco ha fatto il passo di diventare continental, Gianni ha ringraziato la Casillo ed è tornato a casa. La stessa casa in cui nell’ormai lontano 2015 incontrò Andrea Vendrame.
«Era uguale ad adesso – ricorda – veloce da gruppi ristretti. Arrivò da noi che aveva già fatto qualcosina (nel 2014 fra i risultati migliori di Vendrame, che correva alla Marchil, il 4° posto al Medaglia d’Oro Frare De Nardi e il quinto alla Bolghera, ndr), ma appena trovò il giusto ambiente, crebbe in modo netto. E’ sempre stato molto serio e preciso, a volte bisognava e bisogna ancora frenarlo, perché fa più di quel che gli viene detto. La squadra lo ha lasciato libero di farsi seguire e lui ha scelto di proseguire con me».
Uomo da Nord
Il passato è storia nota. Vendrame approdò alla Zalf nel 2015 e centrò quattro vittorie: il Giro della Provincia di Belluno, la notturna di San Donà, il Trofeo Zanchi e il Giro del Belvedere. Il 2016 sarebbe stato certamente l’anno della consacrazione, ma un’auto lo investì alla metà di aprile e rischiò di mettere fine alla sua carriera. I risultati di quell’anno sono la conseguenza della rincorsa alla migliore condizione. Nessuna vittoria, ma sette secondi posti in corse di rilievo, come Felino, Briga, il Giro del Casentino, la Ruota d’Oro e il Piccolo Lombardia. E soprattutto il terzo posto agli europei di Plouay, con le cicatrici di quella caduta ancora sul volto.
«Andrea crescerà ancora – dice Faresin – con l’esperienza e con il crescere della resistenza. Ogni anno è più consapevole che su certi percorsi può essere vincente. Si butta anche nelle volate di gruppo, perché la squadra glielo permette. E’ pericoloso, ma gli tornano utili per le volate ristrette. Quanto alle classiche, se riesce a fare un buon inverno, può essere vincente anche in Belgio. Non gli serve tanto per trovare la condizione. Basti pensare alla caduta dell’ultima Coppi e Bartali, alla pausa necessaria e al fatto che al Giro sia stato in grado di vincere».
I piccoli Giri
La sua serietà in allenamento è un file che merita di essere riaperto, soprattutto perché il Faresin corridore era proprio così.
«Tanti corridori – ammette sorridendo Faresin – dopo un Giro d’Italia tendono a mollare, perché hanno la corsa successiva dopo un mese. Non si rendono conto che se fanno così, il dispendio energetico del riprendere la condizione è superiore a quanto gli costerebbe non mollare. Andrea l’ha capito. E francamente non vedo grossi punti da migliorare. Forse, se qualcosa va cambiato, è il fatto che prima delle corse in linea cui punta non ha mai fatto quelle corse a tappe di una settimana che ti danno la marcia in più. I Baschi prima delle classiche, ad esempio. Quest’anno ha fatto la Tirreno prima della Sanremo, ma quella corsa per lui è stregata. Alla fine viene dura, ma permette a quei 5-6 velocisti più forti di lui di arrivare in fondo. Servirebbe una corsa dura, magari col cattivo tempo perché potesse esaudire questo suo sogno».