«La tappa di oggi è servita per testare anche un po’ la condizione – ha detto Nibali – che sinceramente è così, così…». Con queste parole pronunciate ieri sera dopo il controllo medico, il siciliano ha commentato la sua situazione al Tour de France, che probabilmente potrebbe lasciare proprio oggi. Il Nibali di Francia ha lanciato segnali di ripresa alternati a momenti meno brillanti. E’ chiaro che siamo tutti a sperare che le fatiche dei giorni scorsi inneschino la più fantastica delle supercompensazioni e, come accadde nel 2016 verso Rio, consentano allo Squalo di arrivare alle Olimpiadi con una condizione scintillante.
Per fugare qualsiasi dubbio, basta rileggere la posizione di questo magazine a favore della convocazione del siciliano, espressa quando altrove essa veniva dipinta come ormai improbabile. Eppure, rispetto ai giorni di Rio, quando il meccanismo della condizione perfetta fu studiato nei dettagli e messo in atto, oggi ci sono delle differenze che sarebbe miope non vedere.
Chi allena Nibali?
Al Giro d’Italia Donne nei giorni scorsi, richiesto di come stesse il siciliano, Paolo Slongo ha sollevato il sopracciglio e ha detto di non saperne nulla. La chiusura del rapporto tra Vincenzo e Paolo non è stata a nostro avviso elegante e tantomeno utile.
Chi si occupa della preparazione di Nibali? In squadra nessuno lo sa. Non Josu Larrazabal, responsabile degli allenatori della Trek-Segafredo, cui chiedemmo lumi e si premurò di dire di non essere lui l’allenatore di Vincenzo. Si sussurra, ma senza riscontri, che a seguire Nibali sia probabilmente il fisioterapista di Lugano che nel 2018 gli permise di risollevarsi a tempo record dall’intervento alla schiena: sarà vero? Si sa che nei giorni di Fiuggi prima del Tour una mano gliel’abbia data anche Valerio Agnoli: lo abbiamo visto sui social. Quello che passa è che Vincenzo faccia da sé. E questo, dovendo gestire un organismo raffinato ma bisognoso di attenzioni sempre crescenti dato il passare del tempo, non è necessariamente una grande garanzia.
Sembra di rivivere, facendo le necessarie proporzioni, l’esperienza di Aru che di colpo mollò i suoi preparatori e si affidò a Tiralongo, confidando che sarebbe bastato ripercorrere la strada già battuta. Ha avuto senso dividersi dal preparatore di sempre in quello che potrebbe essere (ma non sarà) l’ultimo anno?
Con chi parla Nibali?
Sempre nei giorni del Giro d’Italia Donne, un addetto stampa ha raccontato di averlo incontrato e di aver avuto la sensazione che avesse bisogno di parlare con qualcuno. Si tratta magari di una sensazione mal interpretata, ma la domanda che ci poniamo è chi ci sia oggi accanto a Nibali, fornendogli consigli disinteressati che gli siano utili in questa fase della carriera e per il futuro. Le interviste sono sempre più rade e viene sempre richiesto preventivamente il tono degli argomenti: richiesta legittima, tipica di quando non si vogliono seccature o non si vogliono affrontare le questioni. Queste poche righe ci sono costate fatica e, ugualmente per fugare qualsiasi dubbio, nascono proprio dall’affetto nei confronti di Vincenzo.
Promesse e ripensamenti
Il miglior Nibali resta quello dell’Astana, avvistato per l’ultima volta nel 2016. Il perché sia andato via da quel team, per quanto risulta dalle cronache, si deve alla nascita del Team Bahrain-Merida, voluta sicuramente dal Principe di laggiù e fortemente sostenuta dai suoi manager e dalla componente croata.
Si disse allora che Nibali avrebbe concluso lì la sua carriera, poi ne sarebbe diventato team manager, ma abbiamo visto che ciò non è successo. Per andare in quella squadra, nata forse non per lui per lui ma di certo costruita sulle sue spalle, Nibali rinunciò alla prima offerta della Trek-Segafredo. Non è detto che accettandola si sarebbe aperta per lui una nuova primavera, ma ricordando i racconti di chi lo seguì nella nascita della squadra del Bahrain, di certo avrebbe avuto ben altra tranquillità per concentrarsi sul suo lavoro. Che fino a prova contraria è correre in bici: non fare il manager e tantomeno il preparatore. E’ lecito pensare che se i suoi agenti non fossero stati coinvolti nel management della squadra, gli avrebbero consigliato di fare diversamente? Probabilmente sì, ma anche in questo caso non esistono controprove.
Gli stessi lavori
Sta di fatto che il Nibali arrivato infine nella squadra di Guercilena era reduce dall’intervento alla schiena e già da un po’ non forniva prove alla sua altezza (al di fuori della splendida Sanremo e di un Lombardia), pur riscuotendo un credito notevole, al punto da aver portato con sé il medico Magni, il preparatore Slongo, il massaggiatore Pallini e suo fratello Antonio. Se avesse voluto cambiare metodo di preparazione, avrebbero potuto parlarne in partenza e avvicinarsi a nuove linee tecniche con la gradualità che una simile svolta esige.
Dare così il benservito a Slongo, di cui si può pensare ciò che si vuole ma non se ne può mettere in dubbio la dedizione, non è stato probabilmente il massimo della lungimiranza. Soprattutto una volta che l’anno olimpico era già cominciato e la preparazione svolta finora ha ricalcato per sommi capi quella di sempre. Con i lavori di un uomo da Giri, che però nei Giri non voleva rincorrere la classifica.
Una nuova squadra
Nel frattempo per Nibali si stanno cercando nuove squadre, può anche darsi che sia già stata trovata la soluzione. Si parla dell’Astana, ma si parla anche di una richiesta economica superiore al milione di euro per un anno. La Trek-Segafredo parrebbe aver declinato l’invito, ma curiosamente nel team americano rimarranno il dottor Magni e anche Slongo, che Guercilena è stato ben contento di tenere con sé. Antonio è alla finestra, per cui l’unico sicuro di seguire Nibali è il massaggiatore di sempre Michele Pallini. Si era sentito dire che nel team di Guercilena si fosse pensato per il campione a un futuro da dirigente, ma è chiaro che puntando a un ingaggio del genere si sia scelto di pensare a qualcosa di più cospicuo.
Alla partenza del campionato italiano, fermo accanto a Fabio Aru, Vincenzo disse parole evidenti sull’Astana: «Eravamo proprio uno squadrone!». Il team kazako nel frattempo ha cambiato faccia, con Martinelli unico baluardo di quel modo di fare ciclismo. Ma qual è stato allora il senso dell’andare via, che interruppe il karma delle grandi vittorie? Speriamo che Tokyo sia un momento di grande rilancio. Siamo convinti che Nibali debba esserci, con la mano sul cuore siamo qui a sperare in un ultimo miracolo. Ma sempre con la mano sul cuore, avremmo immaginato un finale diverso.