EDITORIALE / Caro Pogacar, non si può sempre arrivare da soli

31.03.2025
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Quando il 4 marzo dello scorso anno scrivemmo che il fenomeno è uno solo e si chiama Pogacar, il mondo dei social insorse con una certa veemenza. Le pagine erano ancora tutte aperte. Lo sloveno aveva perso il Tour dell’anno precedente, ma aveva vinto il Lombardia e dominato la Strade Bianche. Il 2024 era ancora da venire, nessuno sapeva ancora che avrebbe vinto il Giro e il Tour, la Liegi, il mondiale e ancora il Lombardia. Eppure c’era qualcosa nel suo modo di correre che ispirava quella considerazione.

Sarebbe più facile scriverlo ora e pochi storcerebbero il naso. Vingegaard e Van Aert sembrano persi dietro le loro fragilità e le sfortune: vittime come tutta la squadra di un imprevedibile contrappasso dopo le meraviglie del 2022-2023. Solo Roglic si è salvato andando via, ma ha scelto prudentemente di stare alla larga dalle scene più grandi. Primoz si è scavato una nicchia e ci sta bene dentro. Infine Van der Poel sa di dover essere perfetto per sperare di giocarsela. Lo ha fatto bene alla Sanremo, vedremo se gli basterà al Fiandre.

Fenomeni spariti: dopo due anni stellari, il duo Vingegaard-Van Aert si è smarrito. Che cosa è successo alla Visma?
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Tra gambe e cervello

Pogacar è un fenomeno e quando si tratta di imporre la sua forza, per gli altri non c’è partita. Diverso forse se si tratta di ragionare, come alla Sanremo. Anche quel giorno scrivemmo che, malgrado la sconfitta, fu un capolavoro di Tadej e ci sentiamo di sottoscriverlo. Senza di lui non ci sarebbe stata tanta selezione. Ma siamo certi che Pogacar abbia fatto tutto quello che serviva per vincere? Non si può sempre pensare di staccare tutti, anche se finora ha dimostrato di saperlo fare abbastanza agevolmente. Siamo certi che l’unico modo per passare di là dal muro sia sfondarlo e non girarci attorno? Chi lo guida ha provato a spiegargli come si gestisce un finale a tre in cui ci sia “solo” da fare una volata?

Il fenomeno Pogacar è sostenuto dai percorsi che negli ultimi anni sono stati resi estremamente più duri. E’ chiaro che quando il dislivello delle corse si attesta stabilmente sopra i 2.500 metri, lui trova tutti gli spazi per fare la differenza. Del resto, basta guardare cosa ha fatto ieri Pedersen con 1.349 metri di dislivello della Gand-Wevelgem: quando il motore è superiore a tutti gli altri, basta un piccolo Kemmelberg per fare il vuoto.

Fiandre 2022, Pogacar si perde in volata e fa 4°. L’anno dopo vincerà per distacco
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L’attesa di Roubaix

Ma ieri Pedersen era da solo: non è stato facile, non vogliamo dire questo, ma ormai si può scrivere alla vigilia chi ci sarà in finale. E se in finale con lui ci fossero stati Ganna, Pogacar e Van der Poel, forse Mads avrebbe vinto lo stesso, mentre non siamo certi che ci sarebbe riuscito Pogacar. Lo abbiamo visto lo scorso anno. Pedersen infilzò Van der Poel nella volata a due, mentre abbiamo toccato con mano che nelle volate ristrette delle classiche anche il fenomeno Pogacar tende a perdersi.

Perché tutto questo? Perché siamo certi che al Fiandre, Pogacar potrebbe staccare nuovamente tutti e fare l’inchino sul traguardo. Come siamo certi che lo stesso copione potrebbe ripetersi alla Roubaix, se il suo livello di forze sarà così più evidentemente superiore a quello degli altri. Ma il 13 aprile, sulle pietre francesi, il dislivello non sarà il fattore principale e con Pogacar nel velodromo potrebbero presentarsi Van der Poel, Philipsen, Ganna e Van Aert e il finale non sarà più così scontato. Allora vedremo se Pogacar avrà capito che il muro non si può sempre abbattere. Dovrà mostrare astuzia oltre che forza. E a ben vedere tutto questo è ciò che renderà la sfida di Roubaix la più bella di tutte. Al pari della Sanremo, ma per un tratto molto più lungo e polveroso.

P.S. E’ appena arrivato il comunicato con cui l’UCI accontenta gli organizzatori aggiungendo una terza wild card ai Grandi Giri e rende più elastica la collocazione dei rifornimenti durante le gare. Un doppio gesto di buon senso, soprattutto il secondo. Avevamo segnalato il malfunzionamento del sistema adottato, resta solo una domanda: perché fare regole senza coinvolgere chi poi dovrà applicarle?