EDITORIALE / Botta e risposta sull’utilità dei ritiri

07.02.2022
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I discorsi di Madiot. Il richiamo agli alleati che nel 1944 sbarcarono in Normandia. Il dichiarare che il 2022 sarà diverso perché finalmente si sono potuti fare dei ritiri completi. Lo spirito di squadra. Sarà vero?

Romanticismo o ragione?

La prima sensazione va in questo senso. Chiamatelo romanticismo, ci piace immaginare la squadra insieme a tavola, nella condivisione di obiettivi comuni. Il pedalare insieme. Il farsi la mezza ruota per marcare il territorio. E tutto sommato crediamo siano dinamiche utili per consolidare il gruppo. Ma sarà davvero così?

«Non credo proprio – dice Roberto Damiani, in partenza per il Tour of Oman – che i ritiri servano per creare lo spirito di squadra. Non si creano certe dinamiche in una settimana e neanche in due. Il ritiro permette a noi direttori di conoscere meglio i corridori, questo sì, soprattutto i giovani. Allenarsi bene è un vantaggio, ma non è decisivo. Lo conferma il fatto che lo scorso anno, con i ritiri impediti dal Covid, c’erano lo stesso squadre subito compatte, perché avevano al loro interno uomini capaci di fare gruppo. Il non aver lavorato insieme non cambia lo spirito».

Damiani guida la Cofidis. Qui al Tour of Oman 2019
Damiani guida la Cofidis. Qui al Tour of Oman 2019

Il mondo dei social

Qui il discorso si fa interessante e torna su un tema che si è spesso affrontato con corridori e tecnici. E che dal nostro punto di vista è condizionato anche dal tipo di hotel che ospitano i corridori nei ritiri di dicembre e gennaio. Strutture mastodontiche in cui diventa difficile incontrarsi rispetto agli hotel in cui ad esempio negli anni 90 le squadra alloggiavano in Toscana.

«Rispetto ai ritiri pre-social – dice ancora Damiani – è cambiato tutto. Non voglio andare indietro a Gimondi, ma a poco tempo fa. Prima si faceva goliardia, i corridori passavano del tempo insieme. Adesso è in voga l’abitudine che ognuno fa quel che deve e poi basta. Devi cercarli nelle camere. E’ quello che succede alle corse, dove però è più comprensibile, perché dopo la gara devi recuperare. Puoi provarci, ma si riesce a legare molto meno. Capita più che siano momenti utili per lo staff, loro davvero li trovi insieme a farsi una birra e raccontarsi le cose della vita».

Marc Madiot è certo che la sua squadra sarà più unita grazie ai due ritiri svolti (foto Groupama-Fdj)
Marc Madiot è certo che la squadra sarà più unita grazie ai ritiri svolti (foto Groupama-Fdj)

Manca qualcosa?

Il mondo cambia, impossibile opporsi al fluire del tempo. Impossibile e anche inutile. I ragazzi sono coinvolgibili soltanto proponendo argomenti che li interessino davvero, altrimenti trovano più stimolante passare il proprio tempo nella casa virtuale del proprio device. Bramati ad esempio è un direttore della nuova scuola, che sa coinvolgere i propri corridori che, non a caso, nel ritiro di Calpe abbiamo trovato spesso attorno a un tavolo a chiacchierare, bevendo un caffè.

«Soprattutto se la squadra ha avuto dei cambiamenti – dice il bergamasco della Quick Step-Alpha Vinyl (la foto del ritiro in apertura è di Wout Beel) – il ritiro è importante per conoscersi e unirsi. Noi siamo riusciti a farne due anche lo scorso anno, ma mi rendo conto che laddove ci siano stati dei divieti per Covid, aver perso il ritiro può essere stato una bella mancanza. Secondo me il ritiro è importante per farsi conoscere e lavorare bene al caldo, soprattutto quando hai tanti corridori che vivono in luoghi freddi come il Belgio. Credo che a Calpe abbiamo lavorato bene, nelle prime corse si è visto».

Bramati rivendica l’utilità del ritiro per compattare la squadra
Bramati rivendica l’utilità del ritiro per compattare la squadra

Scuole diverse

Chi ha ragione? Alcuni diesse che sono stati corridori fino a ieri assecondano la voglia dei corridori di starsene da soli. Quelli più esperti stanno un passo indietro e magari masticano amaro. Serve grande carisma per proporre un modello di squadra diverso. Madiot sembra essere uno di quelli che ci provano, Bramati appare in sintonia. Benvenga il lavoro dei preparatori, più che mai necessario. Benvengano i nutrizionisti e gli psicologi. Benvengano tutti. Ma questa voglia di non condividere nulla più del dovuto è qualcosa su cui dobbiamo interrogarci o ci sta bene così?