Difficile capire se per Tom Dumoulin sia stato più difficile rimetterci la faccia o accettare la sfida della crono, il suo terreno, al Giro di Svizzera. E interessante sarebbe anche capire in che modo l’avvicinamento al debutto sia stato per lui fonte di stress oppure una sorta di ritorno a casa. Di fatto la sua prestazione è stata perfettamente in linea con quello che puoi fare se sei un fenomeno e non corri da 8 mesi: 16° a 52,181 di media.
«Ho provato a dare tutto – ha detto poco dopo l’arrivo – ed è andata abbastanza bene. Ho notato che nella seconda parte della cronometro non avevo più forze. Di conseguenza, il mio ritmo è leggermente diminuito. Nulla di strano, c’era da aspettarselo. C’è voluto un po’ per abituarsi, ma le sensazioni sono state decisamente buone. Voglio sempre il massimo e ho provato a farlo anche oggi. Sono soddisfatto, anche se c’è ancora tanto da lavorare».
Fuori dai radar
In breve, la storia narra che Tom si è ritirato in modo inatteso dalla Vuelta 2020 e che, arrivato regolarmente al raduno della Jumbo Visma di inizio anno, abbia fatto il giro di compagni e personale, annunciando il ritiro. Si è parlato di burnout. Poi si sono avanzate ipotesi più o meno pittoresche. Infine, si è detto che si fosse iscritto a medicina. Poi come accade per le cose della vita, il tempo ha fatto calare il silenzio.
Di tanto in tanto però Tom appariva nei discorsi. Quando è stato avvistato lungo l’Albert Kanaal sulla bici da crono, si è scoperto che il tecnico della nazionale olandese non avesse mai sostituito il suo nome negli elenchi per Tokyo. E’ riapparso sulle strade del ciclismo all’Amstel Gold Race e pare che la visione del gruppo abbia riacceso in lui la fiammella dello sport. Sta di fatto che di colpo le Olimpiadi sono diventate il suo obiettivo. E se quello che ci è stato raccontato è tutto vero, chissà se siano il frutto di un corteggiamento o della sua libera scelta.
Ciclismo e gioia
«La differenza fra adesso e prima – ha detto in un interessante video realizzato da L’Equipe – è che adesso qualunque cosa faccia, mi chiedo se sia importante per me e se mi dia gioia. E’ quello che avevo perso negli ultimi anni. Facevo qualcosa che non mi piaceva più. Avevo bisogno di questo tempo per rinfrescarmi le idee. Ho sempre amato andare in bici e correre, ma il problema degli ultimi tre anni è che avevo perso il piacere di farlo. E’ stato un periodo molto istruttivo, ora so di nuovo chi sia Tom Dumoulin e che tipo di corridore possa tornare».
Ipotesi overtaining
Cipollini fece lo stesso. Annunciò il ritiro proprio alla vigilia del 2002 in cui avrebbe vinto il mondiale, anche se i tempi, le persone e le attenzioni cui sono sottoposti i corridori sono troppo diversi perché il paragone regga.
«Ma non sono solo – ha detto Dumoulin – ci sono molti atleti di vertice e anche di altro livello che a volte lottano con se stessi, per cui non mi sento di diventare modello per un certo tipo di battaglia. Non ho consigli da dare, ognuno deve cercare la propria strada, ma sicuramente durante il ritiro a Livigno ho ritrovato l’amore per la bicicletta. Prima ero in un posto profondo, un buco in cui oltre alle difficoltà mentali ho pagato sicuramente anche una forma di overtraining. Appena mi sono ripreso il mio tempo e mi sono riposato, sono stato meglio. Quando sono salito nuovamente sulla bici, sembrava che non lo avessi mai fatto prima. Invece dopo due settimane ho fatto un test e mi sono stupito per il risultato. Il talento per fortuna non si è spento ed è questo il motivo per cui ho accettato la sfida olimpica».
Futuro incerto
Un mese di lavoro convinto per tornare. Altura a Livigno fuori dai radar e la poca voglia di sbilanciarsi oltre, quasi che programmi troppo ambiziosi possano di nuovo trasformarsi in boomerang.
«Non so ancora – dice – cosa ci sarà dopo Tokyo. Può darsi che mi rimetta a caccia di grandi Giri, può darsi che cerchi altri obiettivi o che non voglia più essere un corridore. Lo scopo adesso è essere forte alle Olimpiadi com’ero una volta. Ho accettato la sfida, perché credo che sia possibile. Ovviamente tutto dovrà andare nel modo giusto, ma il tempo c’è. Le crono qui in Svizzera servono per capire a che punto sono, per il resto mi sono fissato piccoli obiettivi giorno dopo giorno, di certo non pensando alla classifica. Non sono qui per farmi del male, ma per mettere nelle gambe una settimana di corse. Non dimentichiamo che ho solo un mese di allenamento».
Avvicinamento olimpico
La sua storia è ripartita ieri lungo i 10,9 chilometri intorno a Frauenfeld, nella crono vinta da Kung con Cattaneo in terza posizione. La prova olimpica si correrà il 28 luglio sulla distanza di 44,2 chilometri, su un percorso tutt’altro che pianeggiante. Resta da capire quali saranno ora i suoi programmi. Se sarà al Tour per due settimane accanto a Roglic per mettere chilometri nelle gambe, come ha ipotizzato Diego Bragato parlando di una gara secca. Se alla fine ci troveremo a raccontare una toccante storia olimpica da cui trarre un libro e magari un film. O se il… risveglio non sia avvenuto troppo tardi. In ogni caso, bentornato vecchio Tom.