Scusate, ma la Freccia Vallone non era una corsa su strada? E allora cosa ci facevano ieri due biker in fuga? A parte gli scherzi, il destino ha voluto che Simone Velasco e Diego Rosa, entrambi con un importante passato nella mountain bike, si ritrovassero in testa alla classica belga. I due sono stati fuori per 150 chilometri, più o meno.
E così, osservati speciali durante la corsa, li abbiamo acciuffati nel dopo gara. In cima al Muro d’Huy la strada spiana e lì i corridori sfilano per tornare con la strada “parallela” nei bus a valle.
Debutto con fuga
Il primo è Velasco. Raggiungiamo l’elbano, mentre un massaggiatore gli passa una bottiglietta d’acqua e gli spiega come raggiungere i pullman appunto.
«Al momento – dice Simone – so che non posso ancora reggere i migliori su questi arrivi e quindi ci ho provato anticipando. Siamo andati fortissimo tutto il giorno in fuga. Io ho fatto il meglio che potevo, poi mi sono mancate un po’ di gambe nell’ultimo giro, ma ci stava. Avevo speso tanto.
«Guardiamo avanti, alla Liegi. Tenteremo di attaccare di nuovo. E poi, ragazzi, prima o poi arriverà anche il nostro momento. Comunque è sempre un onore fare queste corse».
Velasco è soddisfatto. Per il corridore della Gazprom-RusVelo si tratta del debutto nella Campagna del Nord e nelle Ardenne. E’ venuto qui per fare il trittico. Amstel e Freccia in qualche modo le ha messe nel sacco, adesso tocca alla più dura, alla Liegi-Bastogne-Liegi.
«E’ la mia prima volta quassù – riprende Velasco – e devo prenderci un po’ le misure. Oggi è stata dura ma anche domenica scorsa sul Cauberg non è stata da meno. Infatti adesso voglio recuperare per bene in vista della Liegi, perché vi assicuro che sono morto! Domani voglio un po’, un bel po’, di relax. Anche perché poi venerdì andremo a provare il percorso di domenica prossima».
Chiacchiera da biker
Intanto proprio davanti a noi sfila Diego Rosa. Lo chiamiamo a gran voce. E Simone ci fa: «E’ biker anche lui! E oggi siamo stati compagni di fuga».
Diego si ferma, gira la bici e ci raggiunge. Nel frattempo Velasco ci confida: «Diego ha detto che mi deve una birra da un litro, lo aspetterò!».
Finalmente arriva il corridore dell’Arkea Samsic al quale chiediamo subito perché è in debito di una birra. «E’ vero gliela devo – ammette Rosa – ma solo se mi restituisce la maglia che gli ho messo in ammiraglia! Una bella birretta, stasera non ce la toglie nessuno di sicuro…». In pratica Velasco ha fatto un favore a Rosa facendogli lasciare una maglia che si era tolto nella propria ammiraglia.
In questo intermezzo molto da biker vista la birra, cogliamo l’occasione per chiedere a Rosa se anche lui come Velasco ad ottobre farà il mondiale Marathon. Diego però cambia espressione. Si fa serio e ribatte a Simone. «Perché tu fai il mondiale marathon?». L’elbano annuisce con la testa e ammette che ci vuol provare. Tanto più che si corre sui sentieri di casa, a Capoliveri, proprio all’Elba. A questo punto Rosa gli fa un paio di domande. Evidentemente la cosa lo stuzzica.
Rosa, la condizione e il Giro
Ma torniamo alla Freccia e sentiamo il piemontese.
«Abbiamo fatto una “specorata” oggi… (“specorare” in gergo significa fare molta fatica, ndr). Devo andare a vedere ancora i dati, ma credo che siamo andati davvero forte in fuga – dice Rosa, esattamente come Velasco – Cosa aggiungere: c’è gente più forte di noi.
«La fuga non era in programma. L’idea era di muoversi nel circuito finale. Poi invece mi sono ritrovato in un gruppo grande davanti, ho visto che dietro facevano fatica a rientrare nonostante fossero tutti in fila indiana e ho pensato: qui ci lasciano andare. Ci siamo mossi una volta sola, sia io che “Simo”. C’è stata un po’ di guerra prima, per entrare in quel gruppo davanti. Ma va bene così, come diceva un vecchio diesse italiano: il vento in faccia fa gamba. Speriamo abbia ragione!
«Io sono alla ricerca condizione. Con questa fuga mi sono fatto gran bel regalo e poi con una giornata come oggi, con il sole, queste gare sono ancora più belle. Purtroppo si sente la mancanza di corse del 2020. L’anno scorso ho fatto davvero pochissimi giorni di gara tra il Covid e la caduta al Tour. Ci vuole un po’ di tempo. Solo adesso sto trovando un po’ di continuità con le gare».
Con Diego si parla anche del Giro d’Italia. La sua Arkea è stata vicino ad ottenere l’invito e lui stesso ci aveva fatto più di un pensierino.
«Ci sono rimasto davvero male quando ho saputo che eravamo fuori. Ci tenevo tanto a tornare al Giro. Saremmo stati una squadra molto competitiva, di sicuro la più competitiva tra le professional. Abbiamo dovuto ricambiare i programmi e adesso siamo un po’ in balìa del calendario. Almeno sono contento che ci siano squadre italiane. A bocce ferme poi ci ho ripensato. Alla fine noi il Tour lo facciamo ed è giusto che tutti abbiano le loro possibilità».