Cinquantadue giorni di corsa (con una vittoria e sei piazzamenti nei cinque), aperti e chiusi da due cadute con conseguenze ugualmente moleste. Il 2024 di Alberto Dainese non è stato quello che si aspettava, ma analizzandolo lui per primo arriva a conclusioni più simili a punti di domanda che a risposte convincenti. Le cadute hanno condizionato la preparazione? Il dolore al ginocchio dipende dai problemi ai denti? La preparazione di prima andava bene o sarà meglio la nuova? In attesa di partire per la Spagna, gli spunti di riflessione non mancano.
«Ho finito la stagione con l’ennesima caduta – sorride con una punta di sarcasmo – la seconda. Entrambe le volte sono stato fermo per un mese, quindi le ho fatte tutte e due bene. Ho finito presto, ad Amburgo. Ho fatto un mese di fisioterapia, poi ho ripreso in modo blando. Ho anche cambiato preparatore, per cui l’approccio è leggermente diverso e vediamo come andrà. Per adesso tutto bene».
Alberto è di buon umore. La preparazione sembra ben incanalata e da lunedì la squadra sarà in ritiro in Spagna. Sarà l’occasiome di rivedere i vecchi compagni e di scoprire i nuovi. L’arrivo di Alaphilippe, Hirschi ha portato una ventata di nuovo entusiasmo nella squadra svizzera.
Perché hai cambiato preparatore, visto che Kurt Bergin-Taylor ti aveva già allenato alla DSM?
Lui adesso si occuperà un po’ più di materiali e aspetti ingegneristici, quindi ha abbandonato qualche corridore. Nel frattempo alla Tudor Pro Cycling è arrivato Erwin Borgonjon, l’ex allenatore di Merlier e ho la fortuna di avere in lui un ottimo di riferimento. Allenava il velocista più forte al mondo, al pari di Milan, quindi credo che qualcosa ne sappia… (sorride, ndr).
Con lui hai cambiato qualcosa di particolare?
Faccio meno ore, diciamo, quindi più lavoro specifico e leggermente diverso per quanto riguarda la preparazione della volata. Corro anche parecchio a piedi, per cui durante la settimana le ore in bici sono minori, a favore di un aumento del lavoro in altre discipline fra palestra e corsa a piedi. Mi trovo abbastanza bene. Non fare troppe ore a settimana mi fa sentire più fresco che in passato, quando applicavo la Mamba Mentality. Non so se seguite il basket, ma l’idea di Kobe Bryant è di fare sempre più di quello che è necessario. Forse va bene per il basket, ma non per il ciclismo, perché arrivavo dagli allenamenti sempre piuttosto finito (ride, ndr).
Pensi che la prima caduta ti abbia condizionato?
Allora, a livello estetico abbastanza, perché sono ancora senza denti e mi chiedono sempre se abbia il labbro leporino. A livello fisico, devo dire che l’unica gara che ho vinto (la terza tappa del Region de la Loyre Tour, ndr) è venuta dopo il primo mese che rimasi fermo. A fine marzo ho fatto due settimane di bici, sono andato a correre e ho vinto. Non so quanto abbia condizionato, ma sicuramente più che la bocca a darmi noia è stato il ginocchio. Non ne venivo più fuori, quindi nel mese prima del Giro facevo poche ore, non facevo palestra e mi mancava lo spunto. Eppure è difficile stabilire quanto tutto questo mi abbia condizionato.
A parte il fatto estetico, dal punto di vista della masticazione e della biomeccanica qualche strascico c’è stato per forza, no?
Allora, adesso in bocca ho le viti. Un ponte provvisorio di quattro molari e degli incisivi. Non è semplicissimo masticare, perché comunque non posso usare tanto quelli davanti. Quanto al ginocchio destro, non so se il problema fosse dovuto all’impatto o semplicemente al fatto che non sono più tanto dritto in bici. Ci sono due scuole di pensiero. Uno che dice che la postura parte dai denti, l’altro dice che i denti non c’entrano niente. Bisogna solo decidere di chi fidarsi…
Però le gare si analizzano e magari hai vinto la prima corsa perché hai trovato la condizione troppo in fretta e poi non è durata?
Sì, ovviamente. E poi c’è da dire che quest’anno il livello del Giro era devastante. Quindi fare un treno con corridori che non avevano mai corso insieme era già stato difficile nelle prime tappe. Poi Krieger e Mayrhofer sono finiti fuori gara dopo una settimana, quindi mi sono ritrovato con Trentin e Froidevaux ad affiancare la Lidl-Trek che ne aveva sei nell’ultimo chilometro. Prendevamo le volate indietro e alla fine abbiamo fatto il possibile.
Tosatto si mangia le mani per il quarto posto di Padova, in realtà avevi fatto lo stesso piazzamento nella tappa di Napoli…
Il giorno di Padova ero particolarmente in palla, perché avevo i brividi subito dopo la partenza. Passavo sulle strade di casa, quindi sarebbe stato speciale anche se si fosse trattato di una tappa di salita. E’ stata forse l’unica volata che mi sono giocato veramente, oltre a Napoli. Non ho fatto molto al Giro, però quelle due volate sono venute meglio delle altre, quindi dispiace per come ho gestito il finale. Ci sono state variabili che non potevo calcolare, ad esempio il fatto che a Padova Milan non fosse a ruota di Consonni, sennò ero perfetto. Poi si è alzato un vento violentissimo e negli ultimi metri sono rimbalzato indietro. Detto questo, per battere Merlier sarebbe servito che tutti i pianeti si allineassero.
Serve anche un po’ di fortuna?
Esatto. Alcune volte l’ho avuta io, altre studi la tattica perfetta e magari un imprevisto inceppa il meccanismo. Le volate sono così. A volte riesci a vincere pur non essendo il più forte, altre ti senti invincibile e non porti a casa niente.
Hai parlato di treno da formare: c’è qualcosa di nuovo per il 2025?
Abbiamo nuovi innesti in squadra che portano esperienza e fra loro indico Haller. Ci sono Alaphilippe e ovviamente Hirschi, ma guardando le volate credo che Haller sarà sicuramente una pedina importante. Non nascondo che per me l’anno non è andato come volevo, ero sempre a rincorrere, ma non è dipeso dalla squadra, quanto piuttosto all’aver dovuto ritrovare la condizione e schivare qualche sfortuna di troppo. Credo che avendo in squadra il francese e lo svizzero, il peso dei risultati sarà diviso su più spalle. Avranno un ruolo centrale in squadra e stare in gruppo con due nomi così sarà davvero diverso. Con loro saremo competitivi nelle classiche e poi anche nelle volate.
Se davvero ci saranno Giro e Tour, cosa sceglierebbe Dainese?
Non l’accoppiata, l’ho fatto in DSM nel 2022 ed è stata un’esperienza traumatica. Io dico sempre che il Giro è quello che preferisco, purtroppo però si corre nel periodo sbagliato, perché io col brutto tempo non mi trovo. Se lo facessero a luglio, non avrei bisogno di guardare altre corse. Se ci fosse davvero la possibilità del Tour, non mi dispiacerebbe tornarci, ma siamo due velocisti e dovremo capire chi darà più garanzie. Vincere una tappa in Francia significherebbe aver vinto in tutti e tre i Grandi Giri.
Com’è dunque la tua relazione con De Kleijn, l’altro velocista?
Sono contento di come vanno le cose fra noi. Non dico che siamo amici, perché tra colleghi non è facile, perché siamo sicuramente amichevoli. Ridiamo e scherziamo, non c’è rivalità, anche se non abbiamo mai corso insieme e lottato per lo stesso traguardo. Lui è un bravo ragazzo, l’anno prossimo compirà 31 anni e come Merlier ha cominciato a vincere tardi. Sono contento quando è con noi in ritiro, anche quando è venuto in altura, ci siamo divertiti.
Visto che hai chiuso presto, l’obiettivo è di partire presto?
Il prima possibile! L’anno scorso mi è piaciuto partire a Mallorca, adesso l’unica incognita è sistemare i denti. Dovrei avere l’appuntamento ai primi di gennaio e dopo un mese potrei cominciare a correre. Per cui l’idea di Mallorca è ancora buona, cercando di riallacciare tutti i fili e fare una bella stagione.