Il 29 novembre, venerdì prossimo, presso il Palazzo del Coni di Milano si svolgerà il consueto incontro organizzato dall’ACCPI per i neoprofessionisti. Una giornata di immersione totale nel mondo che li attende, per il quale sono pronti forse con le gambe, senza tuttavia immaginarne la vastità. I più fortunati hanno trascorso la stagione in un devo team e hanno respirato l’aria dello squadrone, ma ci sono dinamiche che anche loro dovranno scoprire.
Per questo il programma prevede un saluto da parte di Paolo Bettini, che nella veste di campione farà l’introduzione. Un’ora sarà dedicata all’UCI che spiegherà le norme dell’Adams e gli adempimenti giornalieri. Il presidente ACCPI Cristian Salvato parlerà dei diritti e i doveri dei corridori. Elisabetta Borgia, psicologa, illustrerà le sfide dei giovani atleti. Poi sarà la volta della Lega che parlerà di contratti e strutture del professionismo. Marco Velo parlerà dei dispositivi di sicurezza. Infine Giulia De Maio e Pietro Illarietti parleranno di rapporto con i media e gestione dei social media. Originariamente si svolgeva tutto in due giorni, dopo il Covid si è ritenuto che fosse troppo e per questo la giornata si annuncia piuttosto intensa.
L’idea di Salvato
Noi ci siamo rivolti direttamente a Salvato (in apertura durante l’edizione 2023) per farci raccontare come è andata finora e cosa si aspetta dalla prossima infornata di neopro’, che sono sempre più giovani, al punto che alcuni vanno ancora a scuola. Quali sono le loro priorità? Che cosa chiedono? Quanto sanno di ciò che li attende? E da quanto tempo il sindacato organizza questo incontro? Salvato si mette comodo e racconta.
«Ricordo che il corso nacque dopo che lessi un’intervista a Gallinari sull’NBA – dice – in cui raccontava che tutti gli anni si faceva un corso di una settimana, in cui spiegavano ogni dettaglio. Dalla circonferenza del pallone alle regole di gioco, passando per i contratti e il discorso finanziario. Rimasi affascinato da questo articolo e alla fine, parlandone fra noi, nacque l’idea del corso. Devo dire che da quando abbiamo iniziato, anche altre associazioni hanno preso ispirazione, soprattutto quella francese che è la più attiva. E anche I.T.A. ha iniziato a fare i suoi corsi sull’antidoping. Vengono direttamente loro e un legale dell’UCI per spiegare tutti i dettagli dell’antidoping ed evitare che per qualche sciocchezza qualcuno si rovini la carriera.
Quanto sono cambiati i neoprofessionisti in questi anni?
Sono molto più giovani, questo è certo. Ci sono in mezzo anche ragazzi che arrivano dagli juniores. Anni fa c’era stato anche un problema con la Federazione, perché non venivano accettati per un discorso legato al regolamento. Tanto che alcuni presero la residenza in altri Paesi confinanti. Io però li accolgo tutti, perché difendo i diritti dei corridori. Se uno ha 18 anni e va alla Corte Europea, vince a mani basse perché ha il suo diritto di lavorare. Bisogna sicuramente aggiornarsi anche se secondo me bisogna avere anche un attimo di pazienza. Avevamo fatto un’intervista su Pinarello, passato direttamente dagli juniores. Gli auguro che diventi fra i più forti corridori di tutti i tempi, però questo saltare la categoria U23 provoca la chiusura di squadre anche importanti. La Zalf è un esempio, anche se le cause in quel caso sono anche altre.
Che atteggiamento riscontri nei ragazzi?
Tanti dicono che ritornano a scuola, mentre alcuni ci vanno ancora. Sono molto educati, attenti, fanno domande, poi dipende dalle persone e dalle generazioni. Una delle cose che consigliamo è che imparino l’inglese. Ebbene circa 6-7 anni fa, non ricordo il nome, arriva un corridore che non sapeva neanche una parola. Gli avevano detto che nel momento in cui aveva firmato il contratto gli era arrivata di certo la mail di I.T.A. per l’inclusione nell’Adams. Lui diceva di no e così la persona che spiegava gli disse che era una mail in inglese. E lui con grande naturalezza disse che le mail in inglese neanche le apriva. Ricordo che gli raccomandai di cambiare registro, perché l’inglese ormai fa parte della quotidianità. E devo dire che riguardo a questo, sono sempre più preparati. Quasi tutti lo parlano e così diventa tutto molto più semplice.
Ci saranno anche le donne?
Sì, anche se per loro non è obbligatorio. Con il discorso del WorldTour e anche se in Italia per la Legge 91 non possono essere professioniste, hanno contratti uguali a quelli degli uomini. Il contratto della Longo Borghini e quello di Ganna a Aigle, nella sede dell’UCI, sono uguali. Anche in questo l’Italia è un’anomalia. Ma vorrei aggiungere un’ultima cosa…
Prego.
Una cosa che ribadisco è che noi italiani siamo stati i primi a fare questo corso. Anche quelli dell’antidoping hanno pensato bene di organizzarne uno sul nostro modello. E’ importante far capire ai neoprofessionisti il discorso della reperibilità, per cui hanno fatto anche un corso online. Si è scelta un’informazione diretta piuttosto che fidarsi che l’informazione arrivasse dal compagno di squadra più esperto. Un passaggio necessario.