In un altro momento, in un mondo finalmente liberato dalla pandemia, saremmo seduti con Ciccone su una sdraio a bordo piscina dell’hotel di Denia, cercando di capire dove lo porteranno nel 2021 le sue gambe e la sua ambizione. Giulio (in apertura nella foto Grenaa-Harper) sarebbe la solita esplosione di battute. Poi, in base agli argomenti, cadrebbe in una delle pause in cui inciampa da quando la vita lo ha costretto a diventare grande.
Il mondo tuttavia non è affatto libero, cose da dire ce ne sono e un modo per metterle insieme s’è comunque trovato. Una videocamera. Una connessione. E benvenuto a Giulio Ciccone.
Come stai?
Lo spirito è sempre buono, la voglia e l’entusiasmo sempre più alti. Ho un bel morale, dopo aver passato momenti davvero brutti.
Che cosa hai trovato sotto l’albero di Natale?
Un calendario molto importante e tanta fiducia da parte della squadra. Valenciana, Tirreno e Sanremo. Non le Ardenne, perché in quel periodo andrò in altura preparando il Giro, con cui ho un conto in sospeso. Ritrovarmi in quelle condizioni mi ha fatto male, moralmente e fisicamente, per questo la voglia di tornare era tanta. Poi c’è la novità della Vuelta, che non ho mai corso e in cui farò il capitano.
Primo grande Giro da capitano?
Mi metterò alla prova per vedere cosa posso fare. Onestamente non so cosa aspettarmi. Nel 2019 ho fatto il Giro pensando alle tappe. Subito dopo ho fatto il Tour, tenendo duro per una decina di giorni. Perciò l’obiettivo in Spagna potrebbe essere un posto nei cinque. Al di fuori, sarebbe un risultato deludente.
Le Olimpiadi non le consideri?
Dovevano essere l’obiettivo della scorsa stagione. Avevamo studiato il percorso e tutti i dettagli. Compreso il modo in cui gestire il clima un po’ particolare. Ora restano un obiettivo, ma dovremo capire le intenzioni del cittì. Comunque nel calendario abbiamo ricavato un periodo di preparazione per arrivarci bene.
I ragazzi del Giro
Parlando del Giro con Luca Guercilena e poi anche con Nibali, a un certo punto nelle scorse settimane era venuto fuori il suo nome. Si era lì a spaccare il capello sul perché non ci fosse stato un italiano tra i ragazzi del Giro ed entrambi hanno tirato fuori il nome di Giulio. Che ascolta, riflette e rilancia.
«Nel mio carattere – dice Ciccone – ci sono sempre la grinta e la voglia di fare. Ripartire dopo il Covid è stato una prova di coraggio, anche se alla fine non è servito a niente. Al Giro il morale era alto, la condizione no, ma sembrava che stesse arrivando. A Camigliatello e a Roccaraso mi sono sentito quasi bene, ma quando si mette di mezzo la salute… Sono passato dallo stare davanti con 30 corridori senza una gran condizione, a staccarmi da 100…».
Per fortuna a inizio anno avevi vinto…
A Laigueglia, vittoria che cercavo da mesi, da quando mia madre si è ammalata e volevo dedicarle qualcosa, trovando insieme il modo di sfogarmi. In quel momento non avrei mai potuto immaginare non tanto la positività al Covid, che poteva anche capitare, ma il ritiro dal Giro. E’ stato duro sul piano fisico e quello mentale.
Durante la tua assenza, ci sono stati dei ragazzini che hanno vinto tutto…
Non ho avuto modo di confrontarmi con loro, ma alla fine gli avversari sono tanti e non solo i ragazzi più giovani. Io credo che il 2021 riporterà la situazione in equilibrio, perché l’ultima è stata davvero una stagione anomala.
Sei arrivato nel WorldTour dopo tre anni da U23 e tre con la Bardiani: Tiberi ci arriva con un solo anno alla Colpack. Cosa ne pensi?
Tiberi ha caratteristiche da atleta di grande spessore. Io ho vissuto un’esperienza più graduale e ho avuto un impatto meno brusco di quello che avrà lui. E onestamente mi ha fatto bene, perché fisicamente non ero pronto per sostenere un simile passaggio. Oggi si fa un gran parlare dei giovani che anticipano troppo, è un argomento particolare. Il livello si è alzato tantissimo, quelli più forti sono pronti anche a vent’anni. E Antonio è uno di loro.