Era bastato vederlo pedalare sugli strappi del Fiandre per capire che Tom Pidcock stesse crescendo, mentre gli altri iniziavano a vedere la riserva. Ma siccome il mondo del ciclismo è restio a dare spazio agli… intrusi, si pensava forse che il neoprofessionista star del cross potesse farsi un altro giro in sala d’attesa. Senza considerare che la Freccia del Brabante inizia a somigliare più a una corsa su strada che ad una sfida sui muri e le doti da scalatore del britannico sarebbero venute a galla. A costo di risultare ripetitivi, chiunque lo abbia visto vincere il Giro d’Italia U23 si è reso conto che quella superiorità non fosse affatto banale.
«Stavo bene – ha detto a caldo Pidcock e con una punta di malizia – perché finalmente sono riuscito a fare una settimana di allenamenti senza interruzioni. Van Aert è andato a tutta per tutto il giorno e io per stargli a ruota ho dovuto fare gli stessi suoi watt. Ma forse alla fine ha esagerato, mentre io sapevo che sarei potuto arrivare ancora con margine nel finale».
Finale nervoso
Corsa di transizione, regno di uomini potenti e veloci e di campioni eclettici come Pidcock. Raramente negli ultimi tempi si era visto un atleta capace di domare il Mortirolo e poi di spianare i muri battendo in volata lo stesso Van Aert che alla Tirreno beffava i velocisti e alla Gand ha piegato Nizzolo, Trentin e Colbrelli.
«So che giocarsi in volata una corsa come questa – ha detto – non è esattamente come fare le volate al cartello alla fine dell’allenamento. Di solito ho fiducia nei miei mezzi, ma questa volta stavo diventando un po’ nervoso, perché il gruppo risaliva e noi eravamo fermi. Per fortuna è partito Van Aert…».
Trentin guarda lontano
Corsa di transizione, ma ugualmente animata dall’agonismo sfrenato di questi ultimi mesi. E quando a 26 chilometri dall’arrivo Trentin ha piazzato il suo allungo, con un po’ di ottimismo si è pensato tutti che finalmente Matteo volesse scrollarsi di dosso la iella delle apparizioni precedenti.
«Ho iniziato l’ultimo giro del circuito con un discreto vantaggio – ha raccontato – ma non ho potuto niente contro il gruppo in rimonta. Quando ho visto Van Aert e Pidcock avvicinarsi, ho abbassato il ritmo per risparmiare un po’ di energie. Le gambe stavano bene oggi e mi è mancato soltanto il guizzo finale. Ha vinto giustamente chi è arrivato al traguardo con più freschezza. Non vedo l’ora di tornare ad affrontare questi percorsi nel mondiale a settembre».
Van Aert è nero
Preso Trentin, nella testa di Van Aert deve essere scattata la convinzione della vittoria già in tasca, senza considerare che il modo di correre come al solito dispendioso lo avrebbe esposto alla rimonta dei rivali. E mentre Trentin nello sprint alzava subito bandiera bianca, il belga ha provato fino all’ultimo e poi è parso davvero contrariato, come si conviene a chi corre sempre per vincere.
«A un certo punto – ha detto il belga, riconoscendo la superiorità dell’avversario – ho capito che Tom aveva più gambe di me. Ha dato un paio di accelerate e per stare con lui ho dovuto stringere i denti. Ma speravo di farcela ed è proprio fastidioso essere entrato nuovamente nella giusta selezione e non essere riuscito a vincere».
Assaggio iridato
Terzo a Kuurne, quinto alla Strade Bianche, nel vivo ma poi staccato ad Harelbeke e al Fiandre, Pidcock farà ora rotta verso Amstel e Freccia Vallone, dove il suo peso leggero potrebbe giocare ancora qualche brutto scherzo agli avversari. Poi staccherà con la strada e inizierà a lavorare per le Olimpiadi in mountain bike. Il percorso della Freccia del Brabante ha intanto consentito ai corridori di prendere le misure con l’anello di Overijse che metterà il sale nel prossimo mondiale di settembre, come bici.PRO vi ha anticipato in esclusiva. Lo strappo di Moskesstraat ha fatto male. E vista la selezione di questi 201 chilometri, immaginando quel giorno di doverne fare altri 60, c’è da pensare che il mondiale di Leuven sarà un po’ meno veloce del previsto.