SESTO FIORENTINO – Quante volte hai pensato ad Alfredo Martini durante la corsa? Bettiol si volta quasi di scatto e tira su col naso. Passa la mano destra nei capelli più di una volta, per qualche prurito dopo tutto il giorno col casco sulla testa e poi guarda fisso.
«Ci ho pensato veramente tanto – dice – prima quando ho fatto la ricognizione, perché praticamente lui abitava qua, dietro la piazza, e conosco molto bene le figlie e i nipoti. Poi quando sono partito sulla salita ed ero solo a cinque dall’arrivo, mi è venuto anche un po’ da piangere. Ho pensato ad Alfredo, ho pensato a Mauro Battaglini e pensavo a quanto sarebbe stato bello che anche loro fossero qua con me oggi, con noi. Insomma, ecco… un pensiero va anche a loro due».
Una settimana difficile
Alberto Bettiol ha appena vinto il campionato italiano, con un’azione da duro sul circuito che aveva provato con la Mastromarco appena era stato ufficializzato. Ha trovato collaborazione in Rota e Zambanini e in tre si sono sobbarcati la fatica della fuga, quando Zoccarato ha deposto le armi. Era il favorito, tutti lo indicavano come tale e nessuno – noi compresi – si era fermato invece a riflettere sulla caduta al Giro di Svizzera che lo aveva costretto al ritiro.
Racconta Gabriele Balducci – suo direttore sportivo da U23, amico e padre ciclistico assieme a Carlo Franceschi – che quando è tornato a casa dal Giro Next Gen, seguito con Shimano, ha trovato un Bettiol da mani nei capelli.
«Ho cercato di non buttare benzina sul fuoco – racconta commosso e senza voce – ma la situazione era veramente brutta. Grazie alla nostra famiglia siamo riusciti a riprendere la situazione. Parlo di famiglia, perché è un gruppo allargato. Ci sono delle persone che ci stanno vicine e ci hanno dato una grossa mano».
Non sappiamo se Bettiol percepisca sino in fondo l’amore di cui è circondato in questa parte di mondo, ma a giudicare dagli sguardi delle persone che lo hanno accolto sul traguardo e spinto idealmente in ogni metro della fuga, si tratta di un fuoco davvero potente. Quando ha attaccato ed è rimasto da solo, un boato ha scosso la piazza del mercato.
Eri messo davvero male?
E’ stata dura ragazzi, perché faccio una cosa bene e 10 male. Ho vinto la Milano-Torino, poi sono caduto ad Harelbeke. Stavo andando bene allo Svizzera, poi sono caduto. Però questa settimana è stato bello. La mia squadra, la EF-Easy Post, mi ha supportato dandomi tutto il materiale. Ma è stata soprattutto una settimana vissuta come quando ero dilettante. Con Carlo Franceschi, con Boldrini, con Balducci, con Luca Brucini, il mio massaggiatore toscano. E’ stato bello. Ci siamo uniti e abbiamo cercato di rimediare tutti insieme a questo danno. La mia famiglia mi ha supportato. La mia ragazza mi ha lasciato tranquillo, sapeva benissimo quanto ci tenessi a questa settimana. Forse è questo il mio segreto…
Quale?
La famiglia, la squadra di Mastromarco che non mi abbandona mai. C’era Giuba, c’era anche Tiziano il meccanico a darmi l’acqua sulla salita. C’era Luca giù in pianura e Balducci era sull’ammiraglia della Work Service, che tra l’altro ringrazio perché siamo stati loro ospiti. Ringrazio Bardelli e i quattro ragazzi di oggi. Sono fortunato e questa vittoria la dedico veramente a loro.
Che cosa succede adesso?
Sarà un’annata lunga. Devo onorare questa maglia e ce la metterò tutta. Ma ho anche bisogno di festeggiare, perché le vittorie vanno festeggiate. E poi mi voglio concentrare, perché tra una settimana c’è il Tour de France e spero di essere un degno campione italiano.
Eri il favorito, hai avuto sempre l’espressione molto concentrata…
Oggi è stata dura. Sapevo che era una delle corse più difficili da vincere, perché ero solo e avevo davanti squadre da 17 corridori. Non potevo fare altro che rendere la corsa dura. Fortunatamente ci hanno pensato la Lidl-Trek e l’Astana, ma sapevo che a un certo punto dovevo andare. Non avendo nessuno che potesse darmi una mano, dovevo muovermi. Ho rischiato anche un po’ a farlo tanto in anticipo, però oggi sapevo che bisognava rischiare. In generale mi piace rischiare, oggi bisognava farlo un po’ di più.
Sembri un altro Alberto: più preciso, concentrato, anche determinato.
Si invecchia, si matura, si impara dagli errori. Più che errori, direi semplicemente che il ciclismo adesso è diventato molto difficile, molto competitivo. Quest’anno, l’ho sempre detto, è una annata particolare. I Giochi Olimpici, i mondiali, i campionati italiani a Firenze, il Tour che parte da Firenze. Ero stato a vedere il percorso un paio di mesi fa, perché sapevo che sarebbe stato molto difficile tornarci, dato che partivo per Sierra Nevada, poi per la Francia e il Giro di Svizzera.
Come è stato correre senza radio?
Avevo Daniele Bennati (sorride, ndr) che dalla moto mi dava qualche consiglio, perché non avendo la radio e nemmeno la lavagna, non sapevo neanche bene i distacchi. E’ stata veramente una bella giornata. Devo ringraziare anche Lorenzo Rota e Zambanini, che sono stati veramente bravi. E’ stato un degno podio, perché alla fine ci hanno creduto come me. Ci siamo detti di rischiare, io non credevo di staccarli tutti. Credevo comunque di giocarmi qualcosa, scollinata la salita. Ho fatto uno sforzo notevole per balzare davanti, perché ero rimasto dietro. E neanche stavo tanto bene…
Per fortuna…
Avevo i battiti un po’ alti. Era una settimana che non correvo, poi ho fatto tre giorni senza bici e ho avuto un’infezione al braccio. Ho dovuto fare gli antibiotici. Insomma non è stato facile, però avevamo un obiettivo. Dico avevamo perché le persone di cui ho parlato prima si sono sacrificate come me, nella stessa misura. Hanno sacrificato le loro famiglie, i loro impegni, il loro lavoro per dedicarli a me. Luca, il mio massaggiatore, stasera doveva andare in ospedale a lavorare e non ci va perché oggi bisogna festeggiare. Anche questo è importante.
Avevi studiato il fatto di sollevare la bici sul traguardo?
No, dico la verità. Mi sono girato all’arrivo, avevo spazio e volevo fare questa cosa perché devo ringraziare anche Cannondale: sono 10 anni che mi dà le bici e me ne ha fatta una speciale, bellissima. Martedì sera festeggeremo la bici con un grande evento a Castelfiorentino e festeggiarla da campione italiano è una bella cosa.
Sarai alla partenza del Tour da Firenze e per giunta in maglia tricolore…
E’ una cosa che non avrei immaginato neanche in un sogno. Essere l’unico fiorentino alla partenza era già qualcosa di speciale. Ma sfilare con la maglia tricolore non me lo so neanche immaginare. Ho fatto cinque partenze del Tour e sono state una più bella dell’altra. Però ecco ho fatto la ricognizione del trasferimento, ho fatto dei servizi per ASO e ho capito da dove passiamo. E insomma, con tutto il rispetto per le altre città, Firenze sarà Firenze…
E’ il ritratto della felicità. La sua gente lo aspetta. Il fratello, la ragazza, Balducci, Franceschi. Un sacco di gente che non conosciamo. Una famiglia allargata che da anni lo protegge, lo coccola e a volte lo ha giustificato invitando a volergli bene quando le cose non andavano. Per tutti loro stasera sarà il tempo della commozione, della felicità sfrenata e dei brindisi. Fra meno di una settimana saremo nuovamente a Piazzale Michelangelo. E il viaggio tricolore di Alberto Bettiol prenderà ufficialmente il largo.