VERSAILLES (FRANCIA) – Tre è il numero delle Olimpiadi di Parigi. Il 3 agosto, domani, si tiene la prova in linea. Gli azzurri correranno in tre. E si corre per tre medaglie. Tutti concetti che ha ben presente la punta dell’Italia, Alberto Bettiol. Un talento che sa farsi valere nelle gare in linea e a cui forse è sempre mancato il grande colpo.
Chissà che non possa essere proprio a Parigi, in una gara che può essere imprevedibile. Tutti parlano di Evenepoel, già campione a cronometro, Van Aert, Pedersen e Van der Poel. Ma se ci dovesse essere spazio per inserirsi, e magari in una situazione del genere c’è, Alberto Bettiol è pronto.
Com’è fare il capitano di una squadra composta da tre persone?
E’ strano. Sono le Olimpiadi, è una gara diversa dalle altre. Sarà così per tutti, per cui bisogna adattarsi e farsi forza con ciò che si ha. Ci siamo immaginati come possa andare, ma è talmente incerta che bisogna essere flessibili mentalmente. Ci sono squadre da tre corridori, otto Nazioni ne hanno quattro, qualcuna uno. Difficile fare tatticismi. Quando la corsa esploderà, non smetterà più di esplodere. Sarà dura, anche se altimetricamente non lo è, ma è diversa da tutte le altre. Bisogna prenderla per quella che è e pensare che in Italia ci sono più di duecento professionisti e qui siamo in tre a rappresentarli. Io, Luca ed Elia siamo fieri di esserci. Faremo la nostra corsa cercando di stare uniti e di muoverci bene.
Avete già individuato la strategia?
Non abbiamo le radio, siamo in pochi, bisogna essere sempre vigili. Conterà preservare le energie, ma di sicuro non si può pensare di rimanere coperti. Se rimani dietro, nessuno tira per rientrare. Bisogna stare sempre davanti. Sarà una corsa lunga, magari anche più di sei ore. E un percorso come questo lo senti negli ultimi 30 o 40 chilometri, perché lì si sente la stanchezza. Non c’è un punto chiave che si possa individuare, non è come una Sanremo dove sai che il Poggio è decisivo. Ogni momento può essere quello giusto, bisogna essere pronti e magari anche un po’ fortunati. Non è solo questione di forza, anche di istinto e di intuizione. Ma questo ci deve far ben sperare.
Che tipo di gara ti auguri?
Noi vogliamo una corsa dura. Luca ha fatto il Tour, è preparato. Elia ha lavorato tanto anche sulla pista, è pronto. Io devo stare insieme ai corridori con le mie caratteristiche, non vorrei trovarmi all’arrivo con uno più veloce di me. Devo anticiparlo. E poi qui si lotta per una medaglia, non solo per il primo posto. Bisogna tenerne conto, è una gara diversa.
Hai già provato una gara olimpica e non è andata benissimo.
A Tokyo potevo fare di più, mi è venuto un crampo e l’ho pagato. Certo, con un terzetto come quello, con Carapaz, van Aert e Pogacar, era difficile pensare al podio. Avevo un problema fisico, poi l’ho risolto. Mi è servita per abituarmi al clima olimpico. Non è tutto bello, ci sono anche le controindicazioni. Mi riferisco a quando devi muoverti per andare a Parigi, o per arrivare in albergo, devi portarti sempre il pass, sei scortato, ci sono tanti protocolli da seguire. Non puoi fare come vuoi. Insomma, ti devi adattare.
La condizione com’è?
La preparazione è andata bene. Mi sono ritirato dal Tour perché ho percepito che sarebbe stato troppo, per questo ho evitato la parte più dura. L’appuntamento più importante è l’Olimpiade e ho pensato solo a questa gara di Parigi. Mi sono allenato insieme alle ragazze, ho provato il percorso, mi sento bene. Negli ultimi due giorni sono arrivati anche Luca ed Elia e siamo pronti a farci valere.
L’approccio a una gara del genere è diverso?
Io affronto ogni gara allo stesso modo. La preparo alla stessa maniera, mi alimento allo stesso modo, cerco sempre di ottenere il massimo. Ma non c’è niente da fare, l’Olimpiade è un’altra cosa. Lo percepisci chiaramente. Non rappresenti il ciclismo italiano come può essere ai mondiali o agli europei. Lottiamo tutti per una medaglia che è per tutti uguale, per il ciclismo, per la scherma, per il basket, per il ping-pong. Rappresenti tutto lo sport italiano. Qui non siamo ciclisti, siamo atleti olimpici. E’ una grande responsabilità e una cosa molto bella. Dobbiamo esserne orgogliosi.
Hai mai sognato la medaglia olimpica?
E’ una cosa difficile anche da sognare. E’ una cosa troppo grande. Come dicevo prima, non cambio il mio approccio alla gara. Quando smetterò magari mi renderò conto e saprò capire cosa ho combinato. Ora non ti fermi mai, già so che dopo questa gara avrò altri obiettivi e a fine carriera metterò tutto a fuoco. Di sicuro, però, se dovessi raccogliere una medaglia olimpica, saprei subito di aver fatto qualcosa di indimenticabile non solo per me, ma per tutto lo sport italiano. Perché l’Olimpiade è un’altra cosa. E forse questa può essere la nostra forza.