Dopo una primavera senza capo né coda, Enrico Battaglin inizia a riconoscere qualche sensazione giusta. In realtà, avverte, è un po’ che si sente bene.
«Ma se vi basate su Procyclingstats – sorride – allora potrebbe sembrare che è un disastro. Non guardate i piazzamenti, perché dalla Adriatica Ionica Race ho lavorato per la squadra e poi anche ai campionati italiani. Ho risolto i problemi fisici. Invece quel sito è odioso. Ci sono tutti i risultati e a basarsi su quelli, potrebbe sembrare che io sia ridotto davvero male».
Al Giro del 2016, Battaglin è stato un’ottima spalla per Kruijswijk in maglia rosa Nel 2018 ha vinto la tappa di Santa Ninfa, ancora in maglia LottoNL-Jumbo
Ripartenza al Sazka Tour
Il lungo stop dopo il Sibiu Cycling Tour è finito e il 4 agosto il vicentino è ripartito dal Sazka Tour e fa rotta ora sul Tour du Limousin che inizia il 16. Nel frattempo ha riposato, ha lavorato a suo dire bene e ha seguito le dirette del Tour de France, in cui la sua ex squadra ha fatto il bello e il cattivo tempo. E la cosa genera curiosità, dato che Enrico approdò nella allora LottoNL-Jumbo nel 2016, quando il progetto era ancora agli albori.
Si poteva pensare che sarebbero arrivati così in alto?
Rispetto ai miei tempi, vedo che il personale è cambiato, ma la dirigenza è la stessa. Avevano dichiarato di voler fare il podio al Tour entro il 2021-2022 e ci sono riusciti. Ai tempi l’uomo era Kruijswijk, dopo quello che aveva fatto al Giro. Poi sono arrivati Roglic e Groenewegen. Abbiamo iniziato a vincere corse come i Paesi Baschi e facemmo bene anche al Giro del 2018. Si poteva immaginare la crescita, ma è stato Van Aert a favorire il salto di qualità.
La squadra brilla per l’attenzione ai dettagli: era così anche allora?
Non era tutto esasperato come ora, era un ciclismo diverso. Però mi ricordo che avevamo lo chef, ci seguivano in ogni cosa. I materassi alle corse uguali a quelli che avevamo a casa. Direi che la ricerca esasperata del dettaglio è iniziata nel 2019. Le bici leggerissime. Lo studio sui carboidrati. I ritiri ripetuti. L’abbigliamento. Investono molto sui dettagli e i risultati si vedono.
Oggi sono il riferimento per tutti…
Ma sono partiti da una base comune a molti. Credo che oltre allo studio, abbia influito il livello dei corridori. Di Roglic si poteva immaginare, di Van Aert e Vingegaard no davvero. Idem per Kooij, il velocista giovane. Ragazzi venuti fuori a vent’anni, con i watt e la testa di corridori già esperti e subito capaci di fare risultato.
Pozzovivo ha detto che chi non è riuscito ad adeguarsi a questa… impennata delle prestazioni, si è trovato in difficoltà. A te è successo?
Ho parlato con “Pozzo” al Sazka Tour. Il problema è che tutti hanno alzato il loro livello. Saranno gli allenamenti o le bici, i ragazzi hanno uno standard così alto che quello che facevamo una volta non basta più. Serve curare il dettaglio per colmare il gap. In più cresce il livello di stress, perché sei sempre alla ricerca del limite. Per questo non credo a carriere lunghe. Anche per i leader…
Cioè?
Quando sono passato, i veri capitani puntavano ai loro obiettivi e nel resto delle corse lavoravano o lasciavano spazio. Adesso anche loro sono sempre al 110 per cento. C’è un livello assurdo in ogni corsa, non solo al Tour.
E tu come stai?
Abbastanza bene. Ho ripreso in Repubblica Ceca lavorando per Zana e Fiorelli. Sono quello che viene usato prima, perché ho fondo ed esperienza, ma spero al Limousin di avere qualche chance anche per me. Sono in scadenza di contratto e vorrei fare qualche risultato per rimanere o trovare comunque una sistemazione. Credo che l’inizio di stagione sia stato una sofferenza, ma alla Adriatica Ionica Race abbiamo corso proprio bene come squadra e abbiamo vinto. Da maggio le cose vanno bene, speriamo di andare avanti così sino a fine anno.
Reverberi non sembrava molto contento di te e di Modolo…
Ma Bruno è così. Quando investe, vorrebbe subito un ritorno. E’ stato un inizio anno difficile, ma quando mi sono rimesso, penso abbia visto che mi sono dato da fare per la squadra. Il lavoro di gruppo è decisivo, non puoi sperare che siano gli altri a cavarti d’impaccio. Serve correre per un paio di corridori, con il gruppo al loro servizio. Non è vero quello che si dice…
Che cosa si dice?
Che ho perso smalto e che non mi alleno. Il fatto è che con gli anni sono andato a spegnermi. Faccio fatica a battagliare con i primi. Stare davanti è sempre più difficile. Non posso aspettare i finali, per cui aiuto gli altri. E se prendo la fuga giusta, magari lo spunto per giocarmela lo trovo ancora…