I social network dividono le opinioni che si creano intorno al mondo del ciclismo: c’è chi pensa che essi siano indispensabili, chi è convinto che siano un’opportunità e chi pensa invece che rappresentino un rischio per la salute mentale dei corridori, sempre più sottoposti a stimoli e pressioni.
Abbiamo interpellato Visconti, che ci ha parlato di come a volte il loro abuso possa incrementare lo stress, ma c’è anche un altro lato della medaglia. C’è un solo momento durante la giornata in cui i corridori non sono attaccati al cellulare: ed è durante la gara. Altrimenti per il resto, almeno la maggior parte di essi, pubblica foto e storie di continuo, anche durante gli allenamenti, per mostrare un panorama o un paesaggio. I più attaccati ai social invece pubblicano anche i piatti che mangiano, condividendo quindi aspetti giornalieri che tanto interessano agli appassionati di ciclismo.
Ma in che modo i social network influenzano la vita dei corridori? Lo abbiamo chiesto a Valerio Agnoli, fresco ex pro, e a Simone Velasco, attualmente impegnato con il team Gazprom-RusVelo.
Agnoli ha le idee chiare
«Se bene utilizzati – racconta Agnoli – possono portare notevoli benefici ai corridori, in termini economici e di visibilità. Il mondo ormai viaggia in questa dimensione virtuale, e quello del ciclismo soprattutto. I corridori hanno modo di interagire con i fan velocemente e comodamente, instaurando un rapporto che altrimenti non si creerebbe. C’è uno scambio di informazioni e tutto passa tramite i social network, che si tratti di una performance fatta in allenamento o in corsa.
«Ma non è tutto, a mio avviso Facebook, Instagram o Twitter rappresentano anche un mezzo per mostrare il “dietro le quinte” durante la corsa. Ricordo che durante il Giro d’Italia, un periodo, facevo dei video che venivano pubblicati successivamente sulla pagina Instagram e Facebook di altri siti specializzati».
Bisogna fare attenzione
«Era un modo notevole per attirare l’attenzione dei tifosi – riprende Agnoli – anche se poi, i miei ex procuratori di allora, vennero a chiedermi di smetterla perché secondo loro non davo una bella immagine della squadra. Ma non è proprio così – continua – se ci pensate gli appassionati ti vedono solo in corsa, io credo che sia anche giusto mostrare loro alcuni aspetti, con criterio e moderazione, riguardanti il pre e il post corsa.
«Se ci sono anche dei contro? La mia risposta è si. Bisogna fare attenzione a come ci si comporta in pubblico perché c’è la possibilità di essere ripresi con il cellulare in qualsiasi momento. E poi, purtroppo, assistiamo a una spudoratezza eccessiva da parte di alcuni “tifosi” che insultano e lasciano commenti sprezzanti sotto le varie testate giornalistiche o addirittura sotto le foto dei corridori. Non è scontato che un corridore ci rimanga male, a me personalmente è successo qualche volta di ricevere qualche commento poco carino e non mi ha fatto molto piacere, ma dipende molto dal carattere del corridore, alcuni ci restano male e altri no. Nibali ad esempio – conclude Agnoli – ha un motto chiaro e preciso su questo argomento, ed affronta il problema con una semplice parola: “futtitinni! Cioè fregatene»
Sentiamo Velasco
Anche Simone Velasco ha dato la sua opinione riguardo l’utilizzo dei social.
«Non nascondiamo – dice Velasco – che grazie ai social network un corridore può trarre vantaggi anche a livello economico con eventuali sponsorizzazioni. Però c’è da dire che poi ti portano via molto tempo. Se ci penso bene i momenti prima della corsa, in cui un corridore dovrebbe essere concentrato, li passa in realtà a guardare il cellulare. E fa lo stesso anche prima di dormire. Non so tutto questo fino a che punto faccia bene.
«Un punto a favore potrebbe essere quello del confronto con i tifosi, purché avvenga con rispetto e moderazione. Il contro invece temo che sia, oltre al tempo che ti fanno perdere, anche il mancato rispetto di coloro che pensano di sapere come funziona il ciclismo e commentano con disprezzo le performance di un corridore, senza sapere effettivamente cosa c’è dietro».