TORINO – Gaviria arriva che tutti i compagni sono già sul pullman. Sorride. Non sorride. Dice che è contento. Dice di no. Arrivare secondo per un velocista di razza è difficile da accettare. Anche se a ben vedere è da tanto che Fernando non alza le braccia. L’ultima volta fu a Duitama, prima corsa di stagione, nel Giro del suo Paese. Poi tanti piazzamenti nei dieci, con il quarto posto nella tappa di Roma del Giro come miglior risultato di primavera e il secondo di oggi a Torino alle spalle di Biniam Girmay.
«Non è vero che è mancato poco – dice – non abbiamo dimostrato nulla. Se avessi avuto le gambe migliori, avrei vinto. Però ci abbiamo provato. La squadra ha fatto un lavoro molto buono, è un peccato non aver ottenuto la vittoria».
Scalatori contro giganti
Max Sciandri passa per un saluto. Stasera il toscano tornerà a casa e scherzando dice di aver avviato la squadra sulla strada giusta. Intanto attorno al corridore del Movistar Team arrivato secondo si concentrano anche le telecamere colombiane. Lui tiene gli occhiali e il casco giallo perché la Movistar è in testa alla classifica. Parla calmo e continua a spiegare.
«Sono soddisfatto di quello che abbiamo fatto – dice – la squadra mi ha aiutato molto. Vedere compagni come Nelson Oliveira e Alex Aranburu davanti a me, che mi sostenevano e mi stavano accanto, è stato importante. Perché alla fine qui ci sono corridori di 90 chili che ti toccano e scalatori che ne pesano 50, quindi il lavoro che hanno fatto per me è da ammirare. Eravamo così concentrati che nemmeno mi sono reso conto della caduta. Oggi volevo fare bene. Ho sentito che era successo qualcosa. Ho sentito che parlavano alla radio, ma ero in un altro mondo».
Tra il dire e il fare…
Questa prima tappa, che si pensava sarebbe stata il terreno del primo assalto di Cavendish si è trasformata nel ritorno di Girmay, che a sua volta non vinceva dalla fine di gennaio. Non è più il Tour di una volta che nelle prime settimane proponeva volate su volate. Dopo le prime due tappe piene di dislivello, domani il Galibier sarà un alto ostacolo da scavalcare per poter puntare ad altre volate successive.
«Speriamo di vincerne una – risponde laconico – non so se lo sapete, ma noi corridori vinciamo tante tappe in anticipo e poi alla fine dobbiamo fare i conti con la realtà. Difficile dire se oggi io abbia capito di poter vincere. E’ difficile, perché ogni giorno lo sprint è diverso. Oggi puoi finire secondo, la prossima volta magari avrai le gambe migliori e ugualmente finisci ventesimo. E’ molto difficile sapere come andrà a finire ogni tappa, ma alla fine cercherò di fare ogni giorno del mio meglio».
Da Nizza a Parigi
La sua strada porta a Nizza attraverso le montagne e le volate. Poi però da Nizza porterà a Parigi. Nonostante le polemiche, Gaviria correrà infatti le Olimpiadi dell’omnium in pista, tornando a sfidare Viviani davanti cui si inchinò nel 2016 a Rio.
«Però adesso la priorità è il Tour de France – dice – come per tutti i corridori. E’ una delle corse più importanti del mondo ed è una priorità. Più tardi penseremo ai Giochi Olimpici. Forse la preparazione che ho fatto è più adatta a quell’obiettivo, ma in questo momento sono concentrato sul Tour, cercando di fare il meglio che posso. Quando mi hanno detto che sarei andato a Parigi, le sensazioni sono state molto buone.
«Alla fine dello scorso anno ero tornato ad allenarmi in pista e ho fatto il campionato Panamericano. Quest’anno ho ricominciato ad allenarmi in velodromo e nell’ultimo mese ho fatto ancora di più. Quindi mi sento abbastanza bene e motivato da questi nuovi obiettivi che ci siamo prefissati, sia con la squadra che con il Comitato Olimpico. Hanno preso questa decisione e sono contento di rappresentare nuovamente il Paese ai Giochi Olimpici. Perciò innanzitutto speriamo di non superare il tempo massimo di domani sul Galibier. E poi avremo il tempo per pensare a cosa verrà dopo…».