Rinasce il Velodromo a Roma? Progetto definito, ora al lavoro

22.09.2025
6 min
Salva

E se la pista italiana ripartisse da Roma? E’ vero, il movimento ha a Montichiari una sede fondamentale, in piena attività e dove continuano a nascere i grandi successi del movimento italico, ma è pur sempre un impianto che non può essere utilizzato per competizioni. Quello di Spresiano è in perenne via di completamento e appare difficile districarsi nelle sue pastoie burocratiche per capire quando potrà essere pronto. A Roma il Velodromo è stato uno dei principali teatri delle leggendarie Olimpiadi del 1960, poi è andato progressivamente in rovina, utilizzato più come uffici (per anni è stato la sede della Primavera Ciclistica, organizzatrice del GP Liberazione) fino ad essere abbattuto nel 2008. Ma ora potrebbe rinascere come l’araba fenice…

Il vecchio velodromo olimpico, andato in rovina dopo i Giochi del 1960 e abbattuto nel 2008
Il vecchio velodromo olimpico, andato in rovina dopo i Giochi del 1960 e abbattuto nel 2008

Un’idea nata dagli appassionati

L’idea gira nell’ambiente da un po’ di tempo ed è frutto dell’iniziativa privata, portata avanti dal Comitato E.O.S. (EurOmniSport) di Marco Muro Pes che ha redatto un vero e proprio progetto, relativo a un impianto coperto utile sia per il ciclismo che per l’atletica (altra disciplina che da anni lamenta la mancanza di una struttura per l’attività indoor che risponda alle esigenze internazionali), ma che potrebbe benissimo essere utilizzato per una vasta gamma di iniziative, sportive e non solo.

Muro Pes tiene innanzitutto a sottolineare la primogenitura del progetto in questione: «Io ho approntato un’iniziativa che possa risolvere un doppio atavico problema, accogliendo le istanze sia ciclistiche che atletiche: due sport che amo molto. Quando il Velodromo è stato abbattuto, subito nell’ambiente si è sentita la sua mancanza, la voglia di costruirne uno nuovo, più moderno, che rispondesse alle esigenze del tempo. Forse l’atletica più del ciclismo ha fatto sentire la sua voce, ma in Europa impianti con la doppia funzione abbondano, perché non farne uno anche qui? Un impianto del genere non esiste in Italia e l’Italia non può per questo allestire eventi internazionali né per l’atletica né per il ciclismo. Nel primo caso ci sono Ancona e Padova che non hanno la capienza utile, nel secondo c’è Montichiari che ugualmente non può ospitare eventi non avendo spazio per il pubblico».

Marco Muro Pes, presidente del Comitato E.O.S. realizzatore del progetto
Marco Muro Pes, presidente del Comitato E.O.S. realizzatore del progetto

Ciclismo e atletica convivono

L’impianto sarebbe quindi pienamente a norma: «Certamente, è pensato perché risponda alle esigenze internazionali ma non solo. Correre su una pista da 250 metri che ha le curve paraboliche che sono più strette, che ha tutta un’altra struttura è fondamentale per crescere per tanti ragazzi. Noi abbiamo pensato a un impianto da 250 metri con curve paraboliche inclinate a 45 gradi. Per certi versi, lo dico da appassionato di atletica che segue anche il ciclismo, è incredibile come con una tale carenza di impianti abbiamo così tanti campioni».

Voi che zona avete identificato? «Rimarremmo all’Eur, esattamente dov’era posto il vecchio impianto che per posizione era ideale. Oltretutto non andremmo a toccare ulteriori spazi se non marginalmente. Il Velodromo demolito è una ferita aperta per ogni romano, dal punto di vista sia dello sport che del quartiere stesso. La memoria olimpica c’è, l’area è storicamente destinata a quello, abbiamo riscontrato anche un cambio di sensibilità da parte della nuova dirigenza politica e sportiva verso l’idea, mentre prima c’era molta più renitenza.

«Il problema è che quell’area nel tempo ha cambiato destinazione, diventando residenziale, commerciale, per uffici. Insomma di sportivo non c’era più nulla. Quindi noi ci siamo attivati per innanzitutto modificare la destinazione, farla ritornare per uso pubblico e uso sportivo proponendo un impianto di livello internazionale».

Una pista “dentro” la pista

Come si fanno convivere una pista di atletica e una di ciclismo che hanno sviluppi diversi, 200 metri per la prima e 250 per le due ruote? «Quella di ciclismo è sostanzialmente fissa, anche se su una parte di rettilineo può essere allestita una tribuna aggiuntiva. La pista dell’atletica sta dentro il parterre di quella del ciclismo, con le curve che per l’atletica sono ugualmente sopraelevate, ma meno che nel ciclismo. Queste curve paraboliche sono realizzate con degli impianti oleodinamici che consentono di abbassarsi. Quindi quando non si fanno gare di atletica e si fa ciclismo o si fa qualsiasi altro sport, si possono abbassare le curve e il parterre è totalmente piano, per questo possono essere realizzate delle tribune aggiuntive. Ciò ci consente di avere un impianto molto flessibile, che consente l’adattamento sia per le discipline sportive che si possono realizzare, sia per quanto riguarda la capienza di pubblico».

Avete già idea dei costi? «Diciamo che il progetto tende a ottimizzarli. Noi abbiamo preso il Palalottomatica come esempio, ha costi di gestione enormi per cui o viene riempito o va subito in perdita e questo ha pesato tanto sul suo utilizzo, ad esempio per il basket. Il Pala Tiziano è piccolo, manca qualcosa in mezzo che sia più flessibile. Inoltre entrambi hanno un difetto nella conformazione del parterre, a pianta rotonda per il Palazzo dello Sport, leggermente rettangolare per il Pala Tiziano. Quello dell’eventuale Velodromo e della pista atletica, essendo un anello allungato consente di fare tutti gli sport».

Un impianto da utilizzare anche per allenamenti? «Certo, noi vogliamo che abbia un uso quotidiano, stabilito su turni per accontentare sia chi corre che chi pedala. La flessibilità per l’organizzazione può passare dai 5 mila posti ai 12 mila per un evento internazionale».

L’impianto di Apeldoorn, sede degli ultimi europei, ospita anche la pista da atletica
L’impianto di Apeldoorn, sede degli ultimi europei, ospita anche la pista da atletica

Un cammino che è solo agli inizi

Quale iter bisogna seguire adesso? «Il primo passo è convincere la proprietà dell’area che è EUR SPA a orientarsi su una proposta del genere. I contatti finora lasciano spazio all’ottimismo. E’ una proprietà privata, ma a totale capitale pubblico al 10 per cento di Roma capitale, al 90 del MEF. E’ da fare anche un ragionamento economico sugli introiti che potrebbe avere un impianto del genere. Bisogna trovare le convergenze giuste dal punto di vista della proprietà e dell’amministrazione capitolina, perché bisogna fare una variante al piano regolatore per farlo ritornare all’uso sportivo.

«E serve l’interessamento del Governo e del Parlamento – prosegue Muro Pes – perché un impianto del genere difficilmente potrebbe essere gestito solo da un ente pubblico o privato che sia. Ma serve il riconoscimento dell’interesse nazionale e da parte comunale della pubblica utilità. E’ un cammino articolato, che dovrà passare anche per la Finanziaria. Per ora stiamo solo esponendo un’idea, chiaramente stiamo lavorando con tutte le figure istituzionali, politiche, sportive, imprenditoriali che possono essere interessate per capire se c’è interesse e mi sembra di capire che dal punto di vista politico comunque ci sia abbastanza convergenza tra le varie parti».