In attesa di conoscere il nome del nuovo commissario tecnico azzurro (in apertura Cassani con Colbrelli dopo la vittoria degli europei a Trento) e degli altri tecnici di categoria, argomento che da qualche tempo riempie pagine e discorsi, proviamo a fare un semplice ragionamento su quale potrebbe o dovrebbe essere il ruolo della Federazione in questo ambito.
Il modello italiano
Uno dei discorsi che va per la maggiore, in riferimento alla nostra e alle altre Federazioni, e che Paesi come l’Australia, la Gran Bretagna, l’Olanda e la stessa Francia abbiano a lungo studiato il modello italiano e lo abbiano riprodotto, spesso migliorandolo, in casa propria. Ci siamo per anni gonfiati il petto rivendicando questa nostra superiorità, aprendo tuttavia una strada grazie alla quale Nazioni che un tempo non avevano tradizioni tecniche legate al ciclismo oggi sono al nostro livello e spesso riescono a surclassarci.
Retromarcia tricolore
Noi invece che cosa abbiamo fatto? Abbiamo preso quello che di buono avevamo creato e che veniva regolarmente copiato e lo abbiamo abbandonato. Non per creare un modello più competitivo grazie al quale guadagnare vantaggio sui rivali, ma abbassando lo standard delle funzioni che la Federazione stessa dovrebbe svolgere nei confronti dei suoi atleti. Il tecnico delle categorie giovanili ha smesso di essere preparatore ed è diventato selezionatore.
Demandando ogni preparazione e programmazione ai gruppi sportivi, siano essi quelli professionistici siano quelli dei dilettanti, la Federazione ha rinunciato a svolgere la sua funzione tecnica nei confronti degli atleti. Soltanto il settore pista in mano a Marco Villa e quello delle donne in mano a Dino Salvoldi hanno mantenuto queste prerogative e non a caso sono quelli che negli anni hanno continuato a ottenere i migliori risultati.
Il tecnico dei giovani
Il tecnico, soprattutto nelle categorie al di sotto del professionismo, deve essere credibile, avere competenza ed esperienza specifica nella gestione di squadre. Deve saper trasmettere, insegnare e allenare. Si fa un gran parlare del misuratore di potenza e del cardiofrequenzimetro, che sono soltanto degli strumenti: si possono usare bene o male. Se il tecnico ha un piano di lavoro, grazie ad essi riesce a valutare il percorso che sta seguendo. Usarli come lettori di situazioni istantanee è uno degli errori più frequenti.
La struttura tecnica federale di qualche tempo fa aveva permesso la creazione di una banca dati in cui venivano raccolte le informazioni su tutti gli atleti azzurri: soltanto conoscendole, si può trarre da loro il meglio. E’ uno dei motivi per cui Salvoldi riesce a vincere tante medaglie. Ma se oggi questo storico è destinato a rimanere in mano ai club, la Federazione dovrebbe avere se non altro il compito di dare i criteri su cui impostare il lavoro, impedendo lo sfruttamento degli atleti. Tanto per fare un esempio, al secondo anno da junior, Piccolo tornò a casa dagli europei su pista con il quinto posto nell’inseguimento e il giorno dopo vinse una corsa a Sestriere facendo 80 chilometri di fuga: era davvero necessario per il suo sviluppo? La storia successiva insegna qualcosa?
Un menù da scegliere
La Federazione dovrebbe tornare a controllare l’attività e probabilmente il modo migliore è ripartire da gruppi di lavoro con cui gestire la stagione. Non si può fare tutto, eppure anche ai massimi livelli si vede un campione come Ganna che corre su strada con la Ineos, fa due crono e la prova su strada agli europei, la crono e la pista alle Olimpiadi, due crono ai mondiali e poi anche i mondiali su pista. D’accordo che lo vuole lui, ma siamo certi che sia necessario?
Al ristorante c’è il menù proprio per questo. E’ pieno di cose buone, ma bisogna scegliere: l’alternativa è spendere troppo e stare male. La Federazione per prima deve tornare a fare scelte più coraggiose, portando agli appuntamenti gli atleti migliori nella condizione migliore.
La nazionale WorldTour
Lo slogan è che la prossima nazionale somiglierà a un team WorldTour, con Amadio team manager e una serie di tecnici sotto la sua supervisione. Resta da capire però se dietro lo slogan ci sia una volontà tecnica o si punti al risvolto commerciale. Capire se lo scopo del gioco sia conquistare medaglie oppure formare atleti dando loro la necessaria esperienza internazionale e la caratura tecnica che un domani, diventati professionisti, gli permetterà di tenere testa ai rivali di tutto il mondo.
E con questa domanda che ci frulla nella testa ci accingiamo a vivere l’ultima settimana prima della nomina del commissario e dei vari tecnici di categoria. Sarà singolare capire in che cosa l’assetto voluto dalla Federazione del presidente Dagnoni si allineerà effettivamente allo standard di un team WorldTour. Se la FCI si riapproprierà anche della preparazione, come succede nelle grandi squadre o batterà altre strade.