La cancellazione della Adriatica Ionica Race a poche ore dal via è probabilmente la pagina di ciclismo più triste e a suo modo grottesca degli ultimi tempi. Nel corso della riunione online con cui Argentin ha spiegato le sue ragioni ai direttori sportivi, cui bici.PRO era presente con l’inviato alla corsa, sono stati sollevati argomenti decisamente pesanti all’indirizzo della Lega Ciclismo e dell’Accpi, allo stesso modo in cui altri da altre sponde hanno dedicato identiche… attenzioni al veneziano.
Per questo motivo abbiamo chiesto di parlare con il Commissario Straordinario Di Cintio, per farci raccontare in che modo abbia preso in mano la stessa Lega e in che modo si siano sviluppate le vicende della corsa, per approfondire il comunicato con cui la vicenda è già stata ricostruita.
Qui non si tratta di una critica preconcetta al sistema, ma ai tempi in cui ha attuato le sue misure.
Il ruolo di Argentin
Argentin ha solcato con lustro le strade del ciclismo e quando si è convertito al ruolo di organizzatore, ha toccato con mano le difficoltà nel reperire sponsor e trovare una valida collocazione nel calendario. Il suo progetto, nato ben più ambizioso, quest’anno era sceso infatti a tre sole tappe.
Ha imparato le regole non scritte per stare a galla nel modo più redditizio? Possibile, lo fanno tutti. Per abitudine infatti si sono sempre concesse deroghe a situazioni particolari pur di salvaguardare le giornate di gara. In passato i ritardi nei pagamenti sono stati più che tollerati, venendo incontro anche alle esigenze di strutture più solide. In questo caso forse, si sarebbe trattato di tenere nella dovuta considerazione l’impegno di tre Regioni, l’accordo triennale con il Ministero del Turismo ottenuto da Argentin, evitando il danno di immagine per tutto il ciclismo.
Il vuoto di Corropoli
Dicono che Moreno abbia avuto ritardi cronici nell’osservare gli impegni economici e che la fila dei creditori sia lunga. E’ possibile, ma in tal caso sarebbe stato necessario fermare la gara ben prima e non rimandarla fino al giorno prima. Ci hanno spiegato che gli avvertimenti tempestivi non siano mancati, ma il sistema evidentemente non ha funzionato, soprattutto se non sono state fornite garanzie economiche e, prima ancora, di sicurezza.
Si è andati avanti, costringendo le squadre ad affrontare il viaggio fino all’Abruzzo, per scoprire che invece nessuna delle componenti tecniche preposte alla gara si era presentata. Non la giuria, non radio corsa, non la scorta tecnica. Nessuno, se non il servizio accrediti. Come mai non c’erano, ha chiesto Argentin, se gli era stata concessa una proroga fino alle 16 della vigilia? Se si era certi che non ce l’avrebbe fatta, perché quel teatrino? Alcuni avrebbero ricevuto messaggi in tal senso da uomini della Lega. E così la bislacca carovana, amputata e triste, si è riunita a Corropoli e da Corropoli ha iniziato la ritirata.
In realtà, sarebbe interessante sapere perché non ci fosse neppure Argentin: era consapevole anche lui che sarebbe stata solo una farsa?
La battaglia sui diritti
In attesa di approfondire il discorso con il Commissario Straordinario, continuiamo a riflettere sulle parole di Argentin, che ha tirato in ballo la questione dei diritti televisivi, la cui cessione è stata richiesta dalla Lega agli organizzatori per trattare con una produzione televisiva unica. Argentin e anche altri hanno declinato l’invito e questo sarebbe diventato motivo di tensione. A quel punto, immaginando scenari tutti da verificare, è bastato applicare la prevista intransigenza nei pagamenti per mettere l’organizzatore con le spalle al muro.
Intendiamoci, nessuno vuole fare di Argentin la vittima sacrificale, perché probabilmente anche Moreno ha le sue responsabilità. Quello che stride fortemente è la sensazione che in tanto agire da entrambe le parti non si sia tenuto nella dovuta considerazione l’interesse primario del ciclismo. Se invece si è agito avendolo per obiettivo, bisognava farlo prima.
L’inibizione di Fin
Sotto lo stesso cielo, negli ultimi giorni sono successe cose che fanno pensare a un clima generale di tensione. Desta curiosità ad esempio l’inibizione comminata al giornalista Andrea Fin, tesserato FCI con una piccola società. Chi è in questo ambiente sa che il veneto curò a suo tempo l’ufficio stampa di Martinello durante la competizione elettorale e non ha poi perso occasione per sollevare questioni sulla gestione federale, a cominciare dalla vicenda delle sponsorizzazioni irlandesi. Casualmente o meno, Fin è anche l’addetto stampa della Adriatica Ionica Race.
E’ evidente che i suoi articoli abbiano infastidito i vertici federali, ma in questi casi, se si pensa di poterlo fare, lo strumento più pertinente ed efficace è la querela per diffamazione a mezzo stampa, non certo il procedimento disciplinare nei confronti del tesserato.
Al momento del tesseramento, richiamandosi al codice etico, il soggetto accetta infatti di non dileggiare o danneggiare la stessa Federazione. Il procedimento era probabilmente motivato, ragione per cui ad esempio il sottoscritto smise di chiedere la tessera con cui accedere alla patente UCI per la guida in corsa. Il giornalista deve essere libero di svolgere il suo ruolo sapendo di essere sottoposto alle leggi sulla stampa, al codice civile e al codice penale, non certo a un regolamento sportivo.
Il ruolo del Commissario
Tornando alla vicenda da cui questo editoriale è scaturito e sempre in attesa di poterla approfondire, la Federazione ha delegato alla Lega tutto il calendario, dal novembre 2022 quando è scattato il commissariamento. Per statuto, il Commissario Straordinario dovrebbe modificare le regole, passare per l’Assemblea e ricomporre l’organo (la stessa Lega) in 60+30 giorni. In realtà, la FCI ha rinnovato il mandato dell’avvocato Di Cintio, che certo avrà trovato davanti a sé una situazione compromessa da anni di conduzioni diverse e non sempre eccellenti. Per cui comprendiamo le necessità di resettare il sistema, siamo meno in sintonia quando questo si fa a spese dell’attività.
E’ chiaro che se lo scopo della Lega è anche quello di costituire un pacchetto di gare da vendere a chi possa produrle, trovare ostacoli sul cammino allunga i tempi e rende più gravoso il compito. In attesa che anche Argentin racconti il suo punto di vista nella conferenza stampa che ha promesso, il ciclismo italiano va avanti come meglio può, costretto questa volta a leccarsi le ferite.