Marco Villa racconta, spiega, descrive. La storia ve l’abbiamo raccontata nei giorni scorsi. Nell’anno del Covid, ci sono ancora gli europei su pista. L’Italia è pronta per partire, quando prima Ganna poi Scartezzini e Bertazzo vengono trovati positivi al tampone. Si parte con un quartetto ricomposto in extremis, con Gidas Umbri e Matteo Donegà, ma si parte. Qualcuno dice che se ne poteva fare a meno, perché le nazionali sono tutte rimaneggiate, ma allora per lo stesso criterio si potevano evitare anche i mondiali di Imola.
«Andiamo per onorare gli europei – dice Villa nel pieno della baraonda Covid – e per rispetto verso chi ha organizzato l’evento».
E’ giusto così. E l’Italia rimaneggiata, priva di tre campioni del mondo, stasera si gioca l’oro con la Russia.
Noi avevamo fatto due chiacchiere con Villa prima che le gare di Plovdiv iniziassero. Ecco che cosa ci aveva detto. Marco è modesto di indole e apparenza. Chiunque altro sarebbe fuori a fare la ruota. C’è lui dietro le magie del quartetto. E c’è lui (e con lui Cioni) dietro la crescita inarrestabile di Ganna.
Marco, a che punto siamo?
Siamo arrivati a fine stagione con la certezza di aver fatto un bel mondiale a Berlino. Con la certezza di avere un bel gruppo. E di essere arrivati all’anno che doveva essere olimpico, alla conclusione di un progetto iniziato cinque o sei ani fa con questi ragazzi, avendoli portati ad ottenere una qualificazione olimpica e al raggiungimento di un livello altissimo, sia per quanto riguarda le prestazioni su strada sia anche su pista. E questo è quello che mi rende un po’ orgoglioso.
Che anno è stato il 2020?
Diciamo che non abbiamo rovinato la carriera a nessuno. Ci siamo qualificati per le Olimpiadi, ma quest’anno non le abbiamo corse. Però abbiamo dimostrato al mondiale, col tempo che abbiamo fatto nel quartetto, di esserci non solo per una medaglia, ma anche per provare a vincere. Rimandiamo tutto all’anno prossimo, fiduciosi che ci arriveremo con la condizione e la motivazione di quest’anno.
Che cosa si può dire di questi europei?
Che sono arrivati in un periodo diverso dal solito. Negli ultimi anni abbiamo raccolto buoni risultati. Ma questa volta ci siamo arrivati dopo il Tour e dopo il Giro corsi nell’ultimo mese e mezzo. Consonni e Viviani, che li hanno corsi entrambi, non ci sono.
Tokyo chiuderà una pagina o il ciclo continua?
Mi avete fatto questa domanda anche dopo Rio. Quindi dico che per ora mi piace l’idea di giocarci le Olimpiadi e poi vediamo. Siamo arrivati a Rio, Elia ha vinto loro e ci sarà ancora a Tokyo a giocarsi delle medaglie. Non dipende da me, ma dai ragazzi. Credo che Viviani sia uscito orgoglioso e stimolato da quella medaglia e che nel frattempo abbia raccolto le sue più belle soddisfazioni su strada. Anche grazie alla pista, l’ho sempre detto. Tappe al Giro e tappe al Tour. Il campionato italiano su strada, il campionato europeo. Quindi credo sia un percorso che potrebbe essere riproposto ad altri e non va a precludere l’attività su strada. Ognuno ha le sue idee, io rispetto tutti e sono sempre qua. E vediamo alla fine cosa ne esce.