Ehi Scarte, com’è andata la 100KM Madison di Copenhagen?

11.01.2024
6 min
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Da ieri sono di scena i campionati europei su pista. Tra gli azzurri impegnati sul parquet di Apeldoorn c’è anche Michele Scartezzini, che giusto ieri sera è stato 11° nell’eliminazione. Il corridore delle Fiamme Azzurre sotto le feste non solo si è preparato col resto degli azzurri a Montichiari, ma insieme a Simone Consonni ed Elia Viviani ha preso parte ad un’insolita prova sul finire del 2023: la 100KM Madison di Copenhagen.

Già Adriano Baffi ci aveva parlato di questa particolare sfida: 400 giri, cento chilometri in pista, 12 volate in quattro “blocchi”, roba da uomini duri.

Sedici coppie, la 100KM Madison di Copenhagen può partire, davanti alla consueta ottima cornice di pubblico (foto Jesper Skovbolle)
Sedici coppie, la 100KM Madison di Copenhagen può partire, davanti alla consueta cornice di pubblico (foto Jesper Skovbolle)
Michele, cosa ti è sembrata questa 100KM? Era la prima volta che vi partecipavi?

Non sapevo come andasse affrontata, cosa mi aspettasse. Se devi fare 100 chilometri di allenamento su strada dici: «Cavoli, sono almeno tre orette». Non sapevo del rifornimento, se e come si potesse fare. Sia io che Simone ed Elia eravamo tutti un po’ prevenuti, avevamo un minimo di “paura”. Poi però i danesi ci hanno dato qualche dritta e tutto è andato subito meglio.

La questione rifornimenti era una delle note più curiose di questa particolare madison in effetti. Tu come ti sei gestito?

Ho bevuto una sola volta, un goccio d’acqua, e ho preso un gel per tutta la gara. Pensavo fosse una cosa più “tragica”. Alla fine ci siamo detti che non è stata impossibile come ci sembrava all’inizio.

Come prendevate questi rifornimenti?

Si rallentava un po’ e si finiva nella parte interna della corsia di rallentamento. C’era del personale nel rettilineo opposto a quello dell’arrivo. Il rifornimento si prendeva dopo aver dato il cambio al compagno, nei giri di recupero. Alla tornata prima rallentavi, davi una voce al massaggiatore a bordo pista e al giro dopo prendevi la borraccia o il gel. 

A che velocità si rallentava?

Credo sui 30 all’ora. Davi un sorso alla borraccia e quando ripassavi gliela gettavi cercando di dargliela vicino e stando attento che non finisse in pista. Alla fine è andata bene. L’unica differenza è che di solito su strada il rifornimento si prende con la destra, qui si faceva tutto con la sinistra. 

Accorgimenti tecnici: pista lunga 250 metri, che rapporti avete utilizzato?

Avevo un 62×16. Forse ero un pelino più duro degli altri, ma di poco. Però nel finale stavo bene, quindi significa che il rapporto era azzeccato. 

C’è stato un momento di crisi?

Siamo stati la prima coppia a prendere il giro dopo 40 tornate (Scartezzini correva con il danese Matias Malmberg, ndr). Poi, appena rientrati, lui ha avuto un problema alla bici. Si è dovuto fermare e ho continuato io da solo. Ho dovuto spingere per altri 4-5 giri, facendo uno sforzo ulteriore. E in quel momento hanno attaccato così ho preso il buco. Sono rientrato con gli altri, ma è stato un lungo tirarsi il collo. Dopo che Malmberg è rientrato ho cercato di recuperare, ma non è stato facile. Ho pensato che avrei dovuto dosare bene le energie. Ma qualcosa abbiamo perso chiaramente. Per il resto poi è filato via tutto abbastanza regolare.

Quindi è stata gara vera…

Sì, sì, assolutamente. C’è stata tanta bagarre soprattutto nella prima parte, poi dopo metà bene o male le coppie che erano davanti non ti lasciavano andare via e tornare alla pari coi giri. In più bisogna considerare che non era come a Gand: la pista qui era lunga.

Spiegaci meglio…

La velocità rimaneva sempre abbastanza costante, ma elevata. Non riuscivi a fare quel buco e a prendere subito metà pista. Riagganciarsi dietro al gruppo era molto dura. Bastava che due o tre coppie dietro si alleassero e… ti lasciavano lì. Ti facevano “morire”. Ho guardato la media finale: abbiamo fatto 100 chilometri in un’ora e 47′ chiudendo a quasi a 57 all’ora di media (i primi l’hanno superata di poco, ndr).

Elia Viviani e Simone Consonni. I due italiani hanno concluso la loro prova in 6ª posizione (foto Jesper Skovbolle)
Elia Viviani e Simone Consonni. I due italiani hanno concluso la loro prova in 6ª posizione (foto Jesper Skovbolle)
E hai visto anche gli altri dati?

Certo e tutti erano buoni. Di certo meglio che a Gand. Anche il cuore era buono. Nel finale ho provato ad accelerare un pochino e non avevo crampi o affaticamenti vari e questo ha creato una bella condizione per questi Europei.

Cosa ti lascia una 100KM madison sul piano della condizione?

C’era gente capace di correre e questo ha aiutato, specie su una pista lunga. Due ore di americana ti fanno soffrire, ma ti danno anche tanto. Per me è stato un bell’allenamento, ne sono uscito con una bella gamba.

Cosa vi ha detto Marco Villa in proposito? Era contento di questo evento?

Sì, sì… L’altro giorno a Montichiari per esempio dovevamo fare dei lavori, ma a noi reduci dalla 100KM di Copenhagen ha detto di recuperare ancora un po’. Io l’ho ringraziato! Scherzi a parte, con questo format si fa un ottimo lavoro di tenuta e di brillantezza insieme.

Prima hai detto di aver preso il giro dopo 40 tornate, ma quando vedi il cartello che indica 360 giri al termine cosa passa nella testa?

Ho fatto i conti e mi sono detto: «Abbiamo fatto 10 chilometri, ne mancano 90… tanti». Però poi mi sono ritrovato a metà gara abbastanza presto. Ho poi in mente il cartello dei 120 giri al termine, quando c’erano da fare le volate. «Mancano solo 30 chilometri», mi sono detto. Quindi tutto sommato sono passati velocemente. La differenza con una madison normale è che i ritmi sono alti, ma non del tutto alla morte. Non avendo le volate ogni 10 giri ti potevi gestire. Le accelerate erano forti, ma i tempi tra un attacco e l’altro erano lunghi.