Quanto è difficile ripartire ogni volta da zero? Tenere a bada la testa che dice basta. Sentir crescere il corpo e poi fermarsi di nuovo e alla fine arrivare ugualmente a vincere un campionato del mondo? A Martina Fidanza è successo tutto questo, per tre volte. Per cui la sua vittoria di ieri a Saint Quentin en Yvelines nello scratch vale triplo. Una maglia iridata per ogni volta che quest’anno è stata costretta a fermarsi e poi ripartire.
«Tutte le volte che cercavamo di fare un po’ di fondo e recuperare la condizione – conferma – mi succedeva sempre qualcosa. Quindi dovevamo sempre ricominciare. E’ stato veramente duro perché non trovi mai la forma che vorresti. Ma qui non sono arrivata con la voglia di far vedere chissà cosa, almeno non nello scratch. Mentre per il quartetto è diverso. Ho ancora la voglia di dimostrare perché è il mio obiettivo principale per questo mondiale».
Il suo preparatore Andrea Fusaz lo sa bene e accetta di parlarne, in questa fase di fine stagione in cui si gettano le basi per la prossima, a metà fra il CTF Lab che dirige e l’impegno con la Bahrain Victorious, che dopo la partenza di Paolo Artuso in direzione della Bora-Hansgrohe potrebbe rivelarsi più importante.
Un anno contorto
Con Fusaz avevamo parlato lo scorso anno dopo il primo oro di Martina nello scratch. Ci aveva raccontato che la bergamasca ha doti anaerobiche innate, mentre il suo limite era la parte aerobica del discorso, per cui il grosso del lavoro era stato fino a quel punto aumentare il wattaggio alla soglia aerobica, per consentirle di arrivare meno stanca e di conseguenza più lucida nei finali importanti. Ma come cambia il lavoro se l’atleta è costretto a infiniti arresti?
«Raggiungere la condizione quest’anno – spiega Fusaz – è stato un parto. Ogni volta che si riusciva a mettere 40 giorni di allenamento di fila, succedeva qualcosa. Una caduta. Un tampone positivo. Un’influenza… C’era sempre qualcosa che interrompeva il percorso. Abbiamo fatto un sacco di fatica a portare avanti la stagione. Anche dal mio punto di vista, è stato veramente difficile anche interpretare i dati, perché eravamo sempre a inseguire. Mentre per Martina è stato duro soprattutto a livello mentale. Perché quando la sfortuna ti colpisce per così tante volte, anche a livello emotivo serve avere davvero un martello pesante per raddrizzare la stagione».
Tre ripartenze da fermi
La testa prima delle gambe. E non è certo per caso che nelle prime parole dopo la vittoria, Fidanza abbia ringraziato Andrea: suo allenatore e motivatore.
«Il coach fa anche questo – spiega Fusaz – e lei quest’anno a livello mentale ha speso tanto. Ha ricominciato la preparazione da capo per tre volte. Ogni volta arrivavamo a tre/quarti dell’obiettivo e si resettava praticamente tutto. Quindi dovevamo ripetere la fase che per lei è fondamentale, in cui si deve rimettere un certo tipo di lavoro nelle gambe. E se a livello fisico può essere fattibile, a livello mentale per una come lei è devastante. Per fortuna da agosto siamo riusciti a fare una bella base. Nelle gare su strada magari con un livello un po’ più basso, riusciva a dire la sua, perché è un’atleta di un certo livello. Però ogni volta che si confrontava con atleti WorldTour faceva un sacco di fatica e non è semplice sapere di andare a una corsa per lavorare, con la certezza che passerai due ore pesanti e brutte. A inseguire e a fare solo tanta fatica. Ha fatto gare in Francia abbastanza rognose, solo saliscendi e percorsi nervosi. E in questo a livello mentale è stata molto forte».
Inverno da decidere
Un anno così ha rallentato il percorso di crescita. E se le doti di Martina le hanno consentito di essere ugualmente prestante in pista, è chiaro che dal punto di vista della globalità qualcosa sia mancato.
«Con quello che ha nelle gambe – spiega Fusaz – è riuscita a vincere in maniera indiscutibile lo scratch. Quindi immagino che se fosse riuscita a fare l’anno intero, con la giusta tranquillità, probabilmente avrebbe vinto allo stesso modo, mentre nel quartetto sarebbe ancora più solida e magari si sarebbe tolta anche delle soddisfazioni su strada. Per questo vedremo che inverno fare.
«Martina avrebbe la possibilità di partecipare a delle competizioni in pista, però dobbiamo aspettare la fine dei mondiali per valutare. Tirare dritti, con la convinzione che a febbraio avrà le energie per cominciare, oppure puntare sul recupero. Se a livello fisico posso tranquillamente dire che avrebbe la possibilità di farsi anche l’inverno dritto, a livello mentale lo dobbiamo capire. Sono equilibri che vanno valutati».
Voglia di rivalsa
E Martina cosa dice? La vittoria è il balsamo migliore. E scavando capisci che la voglia di rifarsi contro la iella c’era, eccome. E probabilmente è stata la molla che l’ha spinta a tenere i nervi saldi e fare quella volata pazzesca alla fine della corsa.
«Ero anche più tranquilla – dice Fidanza – perché lo scratch è una gara di situazione e l’avevo già vinta. Se ci fossi riuscita per la seconda volta, avrei fatto qualcosa di straordinario. Però c’era sempre quel senso di rivalsa che avevo anche nel 2021, perché quest’anno è andato un po’ storto e quindi avevo voglia di dimostrare. Il mio motto è che tutto torna e ai mondiali per due anni di fila mi è tornato tutto quello che ho passato e che ho dovuto superare. Solo che a Roubaix sono andata via a sei giri dalla fine, che non è il mio terreno. Mentre quest’anno ho vinto secondo i miei standard.
«Almeno adesso al quartetto ci arrivo con i nervi a posto. Ero tanto tesa ieri, perché il giorno prima le prove gara non erano andate benissimo e quindi c’era sempre la tensione dell’imprevisto. Invece il fatto che sia riuscita raggiungere una vittoria individuale mi mette più tranquillità».
L’ora del quartetto
L’appuntamento è per stasera a partire dalle 18,30, quando Martina Fidanza lancerà il trenino azzurro nel primo round della sfida a squadre.
«Io soffro meno a partire – dice – che magari a stare in altre posizioni. Però serve la sensibilità giusta per far partire il quartetto in tabella e senza far sforzare troppo le ragazze che ci sono dietro. Se parti troppo forte, poi magari Guazzini non riesce a tirare come dovrebbe. Però sono abbastanza brava in questo lo riconosco, penso sempre al meglio per la squadra e quando parto cerco sempre di mantenere la lucidità».