FOLLONICA – I Campionati Italiani Giovanili di Ciclocross, che si sono svolti lo scorso fine settimana a Follonica e che vi abbiamo raccontato, sono stati anche l’occasione per parlare con genitori e direttori sportivi e raccogliere le loro sensazioni di… adulti. Come vivono la scelta di questa disciplina da parte dei propri ragazzi e ragazze? Quanto ha inciso il fatto che il ciclocross sia più sicuro rispetto alla strada, in questo momento di scarsa sicurezza, soprattutto per quanto riguarda gli allenamenti?
Per divertimento
Già dopo la riunione tecnica del sabato sera, tenuta dall’organizzatore Fausto Scotti e dal suo staff presso il Villaggio Mare Sì, abbiamo ricevuto le prime risposte.
«Sicuramente allenarsi in circuito è più sicuro», spiga Simone Tognetti, papà di Piercarlo dell’Uc Empolese, al primo anno tra gli esordienti. «Per ora, comunque, deve pensare solo a divertirsi, poi se la passione prende, sarà lui a decidere se continuare».
Elisa Barberis è invece la mamma di Davide Ghezzi della Salus Guerciotti: «Mio figlio pratica tutte e tre le discipline (ciclocross, mtb e strada) ma credo proprio che al primo posto metta il ciclocross. E’ da quando ha 4 anni e mezzo che gli piace stare nel fango… Da genitore un po’ di ansia ce l’abbiamo sempre e da questo punto di vista il ciclocross mi mette meno paura. Comunque lo sosteniamo sempre, dato che si impegna e, stando in gruppo, vediamo che si diverte. Fra qualche settimana lo porteremo in Belgio a vedere le gare dei suoi campioni. E’ il nostro regalo di Natale».
L’ammiraglia al seguito
I direttori sportivi sono come una seconda famiglia per questi ragazzi, come nel caso di Alessio Montagner, diesse della friulana Asd Libertas Ceresetto.
«Ho vissuto il dramma di Silvia Piccini (investita ed uccisa nel 2021 a soli 17 anni mentre era in bici, ndr) per cui quando facciamo allenamenti su strada abbiamo sempre una macchina al seguito. La disciplina del ciclocross, oltre ad essere più sicura, cerchiamo di insegnarla ai ragazzi anche per diversificare l’attività. Molti la vedono come un ripiego rispetto alla strada, invece io credo sia molto importante per la formazione tecnica dell’atleta».
Gli chiediamo anche se per alcuni la bici sia ancora solo un gioco e se invece per altri sia qualcosa di ben più strutturato: «Magari capiterà che qualcuno farà uno sport completamente diverso, ma noto che il mondo sta correndo sempre più e la bici come gioco la vedo solo nelle categorie dei giovanissimi. Già dagli esordienti si comincia a lavorare sulla specializzazione. Per quanto riguarda il ciclocross, quando si arriva alle categorie internazionali (a partire dagli juniores, ndr) a malincuore vedo che molte società declinano questa specialità per puntare sulla strada. Si tratta di una cosa prettamente italiana – prosegue – tanto che ho avuto atleti che per poter continuare a fare ciclocross sono dovuti andare nei devo team nord europei».
Il fascino dei campioni
Più o meno gli stessi concetti sono stati ribaditi anche alla domenica, durante l’assegnazione delle 8 maglie tricolori individuali (4 maschili e 4 femminili tra esordienti ed allievi, entrambi di 1° anno e di 2° anno).
In più è saltato fuori, com’è nella natura delle cose, che l’esplosione mediatica dei vari Van der Poel e Van Aert ha avuto un certo riverbero nell’animo di questi adolescenti e pre-adolescenti. E’ normale: come il ragazzino che gioca a calcio e sogna le gesta di Mbappé o di Haaland.
Il costo delle trasferte
Non abbiamo tralasciato il discorso delle spese da sostenere da parte delle famiglie. Alcune società sportive per la disciplina stradale forniscono il materiale in comodato d’uso, mentre per il ciclocross bisogna arrangiarsi da sé. Anche le trasferte incidono, mentre per chi va su strada è più facile trovare gare vicino casa.
Pasquale Losciale e il papà di Gabriele, ad esempio, sono di Bisceglie (Bari): «Al Sud – ci spiega il genitore – abbiamo alcune gare grazie anche al Giro delle Regioni. Per le altre trasferte, dove possiamo lo accompagniamo. Altrimenti lui e gli altri ragazzi della Sc Cavallaro hanno la fortuna di avere degli allenatori che li “coccolano” anche dal punto di vista umano».
Mentre le gare della domenica si susseguono e i ragazzi trovano una leggera pioggerellina a rendere più scivolosi i tratti tecnici, raccogliamo il parere di un’altra mamma, Elisa Petri di Gorizia. Suo figlio Luca De Monte dell’Uc Caprivesi alterna cross e mtb: «Devo dire che mi spaventa un po’ più la mountain bike rispetto al ciclocross – ammette – perché è sempre più estrema, con sempre più salti. La bici da strada invece la pratico anche io ed è un po’ un punto di domanda pensando alla sicurezza di chi pedala».
La svolta degli juniores
Infine chiudiamo col parere di Marco Bettinelli, da Bergamo. Per suo figlio Francesco (che ha seguito la sua passione per le due ruote) vede un futuro di divertimento almeno fino alla categoria juniores.
«Si tratta di una categoria tenuta molto in considerazione in tutte e tre le discipline – dice – a discapito, credo, degli under 23. Ma per ora auguro a lui e a tutti i ragazzi che si stanno sfidando qui a Follonica di praticare l’attività senza troppo assillo per la prestazione. C’è ancora un po’ di tempo per impostare una vera e propria carriera».