In quota con Scinto: il ritiro del Team Ballerini sul Maniva

19.07.2025
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Non è consuetudine per le squadre juniores italiane organizzare un ritiro in altura. E’ successo invece al Team Franco Ballerini, che guidato da Luca Scinto ha scelto il Passo Maniva, spartiacque tra la Val Trompia e la Val Sabbia, per un periodo di lavoro intenso ma anche di crescita. La località, a quota 1.800 metri, ha garantito tranquillità e concentrazione.

Con la consueta schiettezza, Scinto spiega perché questo training camp in quota è stato un passaggio necessario per affrontare un ciclismo che viaggia ormai a ritmi alti fin dalla categoria juniores. Anche la squadra toscana pertanto si è (e si sta) evolvendo.

Luca Scinto (classe 1968) con i suoi ragazzi. Da ormai quattro stagioni ha preso in mano il team juniores Franco Ballerini
Luca Scinto (classe 1968) con i suoi ragazzi. Da ormai quattro stagioni ha preso in mano il team juniores Franco Ballerini
Luca, avete portato i ragazzi in ritiro in montagna. E’ la prima volta che lo fate?

Sì, dobbiamo fare un salto di qualità in termini di organizzazione e di squadra, perché volenti o nolenti la categoria juniores ormai va veloce e bisogna essere pronti. Bisogna adeguarsi e credo che il Team Franco Ballerini abbia risposto bene. In Italia ci sono una decina di squadre, tra cui la nostra, che non sono inferiori ad alcune blasonate formazioni straniere.

Come mai avete scelto il Passo Maniva?

Perché ha buone caratteristiche geografiche, siamo sul filo dei 1.900 metri e uno dei nostri sponsor, Lucchini, ha un hotel lì. Per me è il ritiro ideale: non c’è niente. Solo l’albergo. Niente distrazioni. Perfetto anche per rilassarsi. Aria buona e tanta natura.

Rilassarsi…

E’ stata una stagione tirata: abbiamo fatto tre corse a tappe e corso sempre con i soliti sei o sette. Due hanno smesso per via della scuola. In Italia purtroppo studiare e correre ad alti livelli è ancora molto difficile. Io dico sempre che gli studi vengono prima. Ma servirebbero tre anni per questa categoria, aiuterebbe parecchio. Intanto ho rivisto anche il calendario.

In che senso?

Era logico: dopo il Val d’Era erano stanchi. Ho cancellato in pratica tutto il mese di luglio: a partire dalle gare in Toscana nonostante i nostri sponsor, ma anche corse nazionali come l’Arno, la Tre Valli Varesine, il Monte Grappa. Era giusto così.

I ragazzi di Scinto, di stanza sul Passo Maniva, hanno alloggiato presso l’hotel Bonardi di Imerio Lucchini, sponsor del team e grande appassionato di ciclismo
I ragazzi di Scinto, di stanza sul Passo Maniva, hanno alloggiato presso l’hotel Bonardi di Imerio Lucchini, sponsor del team e grande appassionato di ciclismo
Una scelta moderna: periodi di lavoro, corse, recupero…

Il salto di qualità passa anche da questo. Ho deciso: un mese senza gare. Gli sponsor mi hanno seguito. Non è facile farlo in Italia, ma bisogna iniziare.

Come hanno reagito invece i ragazzi?

Loro correrebbero anche mattina e sera, però sono contenti. Stanno insieme, fanno gruppo, imparano a gestirsi da soli, senza genitori. Crescono, diventano uomini.

Come gestisci il lavoro se ognuno ha un preparatore?

Ho cambiato il mio approccio da due anni. Quando un ragazzo arriva, ha già il suo preparatore. Chi va da Michele Bartoli, chi da Pino Toni, chi da Massimiliano Gentili. Quest’anno è entrato anche Matteo Urgu, che correva ai miei tempi e allena da un paio d’anni. E’ preparato, moderno… Lui segue Cerami per ora.

E gli altri?

Pascarella, Sciarra e Proietti sono preparati da Gentili. Fino all’anno scorso li seguivo io, ma quest’anno ho preferito delegare. Rimango in contatto, guardo gli allenamenti, mi interfaccio con i preparatori. Così riesco anche a stare più tranquillo.

Da sinistra: Iacchi, Buti, Proietti, Pascarella e Cerame. Assenti Sciarra e Battistelli per motivi scolastici
Da sinistra: Iacchi Buti, Proietti, Pascarella e Cerame. Assenti Sciarra e Battistelli per motivi scolastici
E in ritiro come li coordini?

Ognuno parte con il suo lavoro: chi deve fare quattro ore, chi deve fare lavori specifici in salita. Poi si ritrovano tutti in cima e ripartono. Il ritiro funziona anche così.

Quante ore di lavoro fanno a settimana?

Circa 20 ore.

Come hanno affrontato l’altura?

I primi quattro-cinque giorni sono serviti per l’ambientamento, da 1.880 a 2.050 metri. Dal Maniva parte una strada che rimane in quota verso il Passo Crocedomini, lunga 12-13 chilometri. Facevano avanti e indietro per due-tre ore. Ci vuole testa, sono stati bravi. Ma era ideale per adattarsi.

Poi il lavoro è aumentato?

Sì, poi sono scesi in basso. E lì abbiamo iniziato con quattro ore, cinque ore, tre ore e mezza. Hanno lavorato parecchio in Z2, sulla forza. In salita hanno fatto anche lavori a intervalli, tipo due minuti in soglia. Alla fine sono i lavori che fanno tutti.

A che quota svolgevano i lavori più intensi?

Fino agli 800-1.000 metri. Il resto anche fino ai 1.700.

Dopo i primi giorni di adattamento per i giovani del Ballerini sono iniziati anche i lavori specifici
Dopo i primi giorni di adattamento per i giovani del Ballerini sono iniziati anche i lavori specifici
E nel pomeriggio?

Lì arriva il bello: facevano palestra con le bottiglie d’acqua! Ne ho portate tante, e con quelle facevano squat ed altri esercizi di potenziamento. Davvero un bello spirito d’adattamento e d’impegno.

Che impressione ti hanno fatto i ragazzi?

Sono contenti. Prima di tutto stanno al fresco. L’appartamento è a 20 metri dall’hotel. Quando arrivano tardi, cucinano loro, oppure cucino io. Comunque hanno un po’ di spesa che gli ho fatto io. Se tornano tardi in bici e il ristorante dell’hotel è chiuso, si fanno la pasta. E’ un po’ come da noi a San Baronto.

Parlano di ciclismo, ti fanno domande?

Mi prendono in giro! Quando racconto di Museeuw, mi chiedono chi era. Non conoscono Tafi, Richard, Sorensen. Al massimo sanno chi è Bugno. Quando mostro un video, mi mandano a Mai Dire Gol… Però hanno ragione: oggi si va più forte. E’ cambiato tutto.

Ma devono ancora mangiarne di pagnotte, come si dice a Roma…

Assolutamente. Io glielo dico sempre: «Non vi sgrido, ma vi faccio capire dove sbagliate». Perché un domani, se diventeranno professionisti, nessuno gli spiegherà più le cose: gli manderanno una mail e li lascieranno a casa. Il ciclismo non è più umano come ai nostri tempi. L’ho detto tante volte.