Abbiamo già avuto modo di occuparci della Aspiratori Otelli, formazione storica del panorama juniores che si avvia alla sua chiusura lasciando un vuoto nel panorama italiano. La squadra continua a collezionare successi, ma il suo nome ultimamente emerge anche grazie a un ragazzo polacco che è venuto proprio in Italia per imparare il mestiere. E lo sta facendo davvero bene, considerando che Marcin Wlodarski, di cui stiamo parlando, si è ultimamente presentato in Ungheria nella corsa a tappe della Nation’s Cup conquistando una vittoria finale che lo ha fatto salire vertiginosamente nella considerando generale.


Scelta in controtndenza
La prima curiosità che emerge parlando con il giovanissimo Marcin è il suo impegno nel parlare italiano, lingua che ha scelto appositamente per l’intervista. Spesso, con i corridori stranieri che vengono in Italia, questi preferiscono esprimersi in inglese, Wlodarski invece si impegna nella nostra lingua, pur con tutte le sue difficoltà e questa è la migliore delle testimonianze del suo amore per il nostro Paese.
«L’ho scelto appositamente perché ho visto che nel vostro Paese c’è un calendario ricco ma fatto di gare dure, dove c’è la possibilità di imparare davvero. Per me era la cosa migliore, sapevo che avrei potuto crescere tanto. Certo, le difficoltà non mancano. Ma io credo che questo sia uno dei movimenti ciclistici migliori al mondo e vista che mi si era presentata questa opportunità l’ho colta al volo».


Come è stato l’impatto con un Paese straniero senza conoscerne la lingua?
Chiaramente molto difficile, io non parlo inglese, ma nella peggiore delle ipotesi ci sono le app che aiutano nella traduzione. Io però preferisco impegnarmi, sforzarmi il più possibile per imparare a parlarlo. Io ho scelto di venire in Italia a 17 anni e non è stato certamente semplice, ma mi ha fatto crescere molto anche dal punto di vista umano.
Come sei riuscito ad arrivare in Italia?
Devo dire grazie al mio allenatore polacco che aveva buoni contatti in Italia e ha preso contatti suggerendo il mio nome facendo leva sulle mie caratteristiche di corridore che va piuttosto bene in salita e si trova a suo agio sui percorsi più difficili. Per questo abbiamo scelto l’Italia, proponeva i tracciati più adatti a me.


Tu hai vinto domenica una corsa di Nation’s Cup con la tua nazionale. Vai meglio nelle corse a tappe, sono quelle la tua dimensione ideale?
Sì, decisamente perché oltre a trovarmi bene sui percorsi duri ho buone doti di resistenza e quindi emergo nelle corse di più giorni. Anche in Ungheria ero sempre meglio, infatti alla vigilia dell’ultima tappa ero dietro l’ucraino Smolynets ma sapevo di avere ancora qualche carta da giocare e quindi ho tentato nell’ultima frazione avendo anche un po’ di fortuna.
Come ti sei trovato in quella situazione?
Ho dovuto rimettere a posto le cose non avendo disputato una grande cronometro: non era ideale per me, era breve e piena di curve. Parlavo prima di fortuna che nell’ultima tappa si è materializzata attraverso una caduta del leader. Così ho guadagnato quei secondi necessari per il sorpasso.


Perché hai preferito l’Italia ad altri Paesi come Germania come Belgio? E’ stato solo un discorso tecnico?
Non solo, perché sicuramente l’Italia è un Paese bellissimo e partecipando alle varie gare me ne accorgo sempre più. Poi posso dire che secondo me gli italiani sono i migliori ciclisti del mondo e io volevo competere e imparare con i migliori.
Hai già qualche contatto con squadre WorldTour?
Non ho contatti specifici, ma non avrei neanche una squadra preferenziale, qualsiasi scelta va bene. Spero che la vittoria in una corsa importante e molto ben frequentata come quella ungherese sia passata sotto gli occhi di qualche dirigente che voglia investire su di me, ma ci sono ancora appuntamenti importanti nella stagione e io voglio far vedere che non è stato un caso.
Quale gara da professionista vorresti vincere?
Questa è la domanda più facile di tutte: il Tour de France…