La dinastia Gavazzi: ora tocca al giovanissimo Edoardo

29.11.2023
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Quella dei Gavazzi è una vera e propria dinastia, che nel ciclismo sopravvive da oltre 50 anni. In primis ci fu il grande Pierino, vincitore per 3 volte del tricolore, ma anche di una Milano-Sanremo, velocista sopraffino che chiuse la carriera con ben 62 vittorie. Poi vennero i figli, Nicola professionista dal 2001 al 2004 alla Saeco di Claudio Corti e Mattia, dal 2006 al 2016 con 43 successi. Ora tocca a Edoardo, figlio di Nicola, che dal prossimo anno correrà fra gli Under 23 nella Gallina Ecotek Lucchini.

Edoardo ha corso nella Pol.Camignone e nella Sc Capriolo Mobili Ostilio prima del Team Giorgi (foto Facebook)
Edoardo ha corso nella Pol.Camignone e nella Sc Capriolo Mobili Ostilio prima del Team Giorgi (foto Facebook)

Ciclismo come una religione

Una famiglia nella quale si respira ciclismo ogni ora di ogni giorno e parlando con il più giovane, alle porte del salto di categoria, si capisce che stiamo parlando di qualcosa che va al di là della pratica sportiva, che viene sentito quasi come una religione. La prima sensazione che si coglie è innanzitutto la consapevolezza che, se anche qualcosa si è fatto, c’è ancora tantissimo da fare per seguire le orme dei predecessori, poi il rispetto profondo che si nutre verso il nonno, vera colonna del ciclismo italiano del secolo scorso.

Un amore profondo verso le due ruote che ha quasi “obbligato” Edoardo a continuare la storia dei Gavazzi su due ruote: «Qui si è sempre parlato di ciclismo – racconta il 17enne bresciano – io ho iniziato come G2, ma da bambino vedevo la bici più come strumento di gioco che altro. Le cose sono cambiate da allievo, ma se devo essere sincero è un cambiamento che si attua anno dopo anno. Ancora adesso vorrei che diventasse la mia professione, ma so che il cammino da fare è lunghissimo, sono ancora alle prime armi».

Due generazioni a confronto, Edoardo con nonno Pierino, uno dei grandi velocisti mondiali degli anni Ottanta
Due generazioni a confronto, Edoardo con nonno Pierino, uno dei grandi velocisti mondiali degli anni Ottanta

Due epoche diverse

Un destino legato anche ai suoi ricordi da bambino: «Seguivamo sempre le gare di mio zio Mattia, mio padre aveva finito prima che nascessi e così anche mio nonno. E’ bellissimo vedere che ora sono loro a seguirmi, ad accompagnarmi nelle mie gare. Ho imparato molto di loro cercando sui siti, guardando i video: soprattutto sul nonno, le sue grandi vittorie. Mi sono appassionato anche attraverso lo schermo del computer».

Le immagini sono quasi d’epoca anche se quello di PIerino non è un ciclismo che indicheresti come intriso d’avventura, pionieristico. Ma certamente è molto diverso da quello di oggi e qui la voce della saggezza interviene.

«Non si possono fare paragoni, due epoche troppo diverse da ogni punto di vista – sentenzia Pierino, 72 anni che non si sentono minimamente – ai miei tempi si diventava corridori a 25-27 anni, prima era tutta gavetta e apprendistato, ora è cambiato tutto, i ragazzini sono seguiti come fossero professionisti, tra gli under 23 ci si gioca tutto. Io vedo corridori dell’età di Edoardo che sono già formati e vengono subito presi, ma ce ne sono tanti altri che stanno crescendo solo ora e avrebbero bisogno di tempo e pazienza, perché maturano più avanti».

Gavazzi al Team Giorgi, nel quale ha militato quest’anno, senza squilli ma facendo tanta esperienza (foto Instagram)
Gavazzi al Team Giorgi, nel quale ha militato quest’anno, senza squilli ma facendo tanta esperienza (foto Instagram)

Uno scalatore da costruire

Chiacchierando con due generazioni di Gavazzi, emerge un lato curioso: Edoardo dal punto di vista tecnico non ha preso praticamente nulla dal nonno: «Io sono uno scalatore, prediligo le corse dure, impegnative, dove si fa selezione. Diciamo che come caratteristiche sono più vicino a mio padre e mio zio, anche come fisico».

«Fisicamente non è come noi – ammette Pierino – muscolarmente è meno definito. Poi devo dire la verità, Edoardo lo sa bene e glielo dico spesso, senza per questo denigrarlo: in volata è proprio negato… Sono contento che abbia altre caratteristiche e se saprà farle fruttare potrà vincere anche lui, come ho fatto io e come hanno fatto i miei figli».

Il trionfo di Pierino Gavazzi alla Milano-Sanremo del 1980 davanti a Saronni
Il trionfo di Pierino Gavazzi alla Milano-Sanremo del 1980 davanti a Saronni

Sanremo? Meglio il Lombardia

Ora Edoardo inizia a fare sul serio, entrando nel team Gallina nel mezzo di una sua autentica rivoluzione, con due sole conferme rispetto a quest’anno e ben 15 nuovi ingressi: «Nonno conosce bene il presidente Turchetti, ne hanno parlato e mi hanno offerto questa opportunità sapendo che sono un ciclista tutto da costruire. Quest’anno devo finire la scuola (frequento istituto per geometra indirizzo grafico, seguendo le orme di mio padre), poi dall’estate mi dedicherò anima e corpo alla bici per capire dove posso arrivare».

Anche parlando di sogni, di obiettivi ci si accorge che il Gavazzi più giovane è diverso da quello più famoso: «So che lui ha vinto la Sanremo e posso solo immaginare che grande soddisfazione sia stata. Vorrei tanto arrivare un giorno a disputarla, ma se devo dire una gara che mi piacerebbe vincere è il Lombardia, che è più nelle mie corde. Oppure una delle grandi classiche belghe, tipo Fiandre o Liegi, dove si vince alla fine di una lunga selezione, perché quel giorno si è stati i più forti».

La famiglia Gavazzi, con nonno Pierino, i figli Nicola e Mattia, il nipote Edoardo. Tutti accomunati dalla bici
Da sinistra Nicola, Edoardo e Pierino. Attraverso loro i Gavazzi sono nel ciclismo da oltre 50 anni

Le lacrime del nonno

Pierino sorride e ascoltando con quanto trasporto suo nipote si lascia andare seguendo i propri sogni torna a emozionarsi, quasi come oltre cinquant’anni fa: «Mi viene in mente la mia gioventù – racconta – quando ancora tutto era da scrivere. Io per certi versi non sono neanche stato il capostipite: ho seguito le orme di mio padre, che era uno di quelli che oggi verrebbero chiamati cicloamatori. Un uomo che lavorava tutta la settimana, ma alla domenica spesso andava in gita con gli amici. Ma erano gite di 200 chilometri e oltre, mica storie… Io giocavo a calcio, ma non mi piaceva tanto, era troppo di squadra e volevo emergere per conto mio così a 17 anni mi buttai».

Guarda caso l’età odierna di Edoardo: «Anch’io ho un sogno: vederlo vincere, come ho visto vincere Mattia e Nicola e non nascondo che quelle volte ho pianto, anche più di quando vincevo io. Chissà come reagirò quando toccherà ad Edoardo…».