Dietro Dario Igor Belletta e le sue vittorie c’è anche Gianluca Bortolami. Quella scritta GB Junior Team è infatti la sua sigla. Di lui si parla sempre poco ed è un peccato. Il milanese, 53 anni, vinse il Fiandre nel 2001 in maglia Tacconi Sport (nella foto di apertura, il forcing sul Grammont), ma prima era stato parte della gloriosa Mapei che travolse la Roubaix del 1996 con Museeuw, mentre lui e Tafi si piazzarono in parata al secondo e terzo posto. Due anni prima, Bortolami aveva conquistato la Coppa del mondo, nel magnifico 1994 che lo vide vincere la tappa di Rennes al Tour, la Leeds International e il Gran Premio di Svizzera. Oggi Gianluca ha il suo negozio a Castano Primo, il Bortolami Bike Action, e in quella squadra juniores riversa la sua voglia di insegnare il ciclismo. Noi lo abbiamo chiamato per farci raccontare il suo pupillo, di cui ieri abbiamo tratteggiato la storia.
Gianluca vi aspettavate un avvio del genere? Descrivici questo Belletta…
Sapevamo che andasse forte ma che infilasse 4 vittorie nelle ultime 5 gare onestamente non ce lo aspettavamo. E’ alto 1,87 e le sue caratteristiche fisiche gli permettono di andare bene un po’ ovunque. E’ molto veloce, tiene benissimo sulle salite di 4/5 chilometri e nei percorsi misti si trova a suo agio. Ha anche una buona visione di corsa. Un’altra sua grande qualità è quella di saper conciliare ottimamente la scuola, dove va molto bene, con gli allenamenti. Anzi vi racconto un aneddoto…
Dicci pure, siamo curiosi.
In parte ve lo ha già detto lui. In autunno e in inverno, abbiamo scoperto quasi per caso guardando le tracce del suo computerino, che si allenava ad orari strani, quasi sempre la mattina presto. Quando il meteo lo permetteva usciva alle sei del mattino, poi rientrava a casa per seguire le lezioni, in presenza o in Dad, e al pomeriggio studiava. Non ci ha mai detto nulla perché non voleva passare per quello che fa il fenomeno tra scuola e ciclismo. E quando gliene abbiamo chiesto il motivo lui, ci ha risposto che non gli pesava farlo e che era il suo dovere trovare il tempo sia per studiare che pedalare.
Considerando le tante potenziali distrazioni che ci sono per un ragazzo della sua età, è raro sentire cose simili. A questo punto non c’è il rischio che gli venga chiesto sempre di più?
Vero, c’è il rischio e onestamente, se ci penso, sono un po’ preoccupato. Ma noi, insieme alla sua famiglia, lo stiamo preservando. E’ solo un primo anno junior e vogliamo che arrivi alla categoria superiore non spremuto. E soprattutto vogliamo che, quando non sarà più con noi, continui ad andare in bici per divertirsi e non per vincere e fare contenta solo la sua squadra. Questo discorso vale per ogni mio ragazzo, che per me sono tutti figli. A Dario sto insegnando a non strafare in bici, perché verrà il tempo in cui il suo volume d’allenamento sarà molto superiore. In questa categoria, anche a fronte di tante vittorie, bisogna capire che siamo un punto di partenza.
Chissà quanto interesse ci sarà per lui dopo questi successi?
Tantissimo e devo dire che sia noi che lui siamo turbati per l’affacciarsi dei procuratori alle gare, ma fortunatamente anche la sua famiglia la pensa come me. Dario va protetto, lasciandolo in pace e libero di crescere e anche sbagliare senza pressioni o ansie da prestazioni. Si è guadagnato la convocazione in nazionale e naturalmente puntiamo a mandarlo a fare esperienze internazionali con la maglia azzurra, così come andare ai campionati italiani per fare bene. Però non deve diventare un assillo per nessuno, qualora non dovesse fare i risultati sperati.