Capelli castano chiari, qualche brufolo, fisico da scalatore e una bella dose di timidezza, ma anche di sensibilità. Di chi stiamo parlando? Di Alessandro Verre, una delle belle sorprese del Giro d’Italia U23. Che poi… sorpresa per modo di dire. Si sapeva che andasse forte, ma forse non si immaginava tanto.
Dalla Basilicata a Bergamo
Verre viene dalla Basilicata e più precisamente da Marsicovetere, un piccolo paese incastonato nell’Appennino lucano, in provincia di Potenza. Posto unico, ma anche molto di periferia. Natura selvaggia e poche strutture. Non è facile iniziare a fare ciclismo da quelle parti.
«Io ho iniziato per gioco – dice Verre – c’era una squadra di giovanissimi nel mio paese e alcuni amici mi hanno detto di andare con loro, di provare, anche perché da piccolo, già a tre anni, andavo in bici senza rotelle. Con la bici ci sono cresciuto.
«Non è facile in Basilicata è vero, però è anche una fortuna. Da inizio anno sto quasi sempre a Bergamo e tutto è molto diverso. Laggiù però è più tranquillo. Inoltre c’è meno traffico. Ho tutte le tipologie di salite che voglio, c’è pianura… insomma è perfetto per fare allenamento.
«Quello che manca è il movimento in generale. Non ci sono gare. Proprio durante il Giro stavo pensando che corse di under 23, di elite… non ce ne sono su strada. Stavo parlando con il massaggiatore ed è uscito questo discorso. L’ultima volta che hanno fatto il famoso Giro di Basilicata (gara per juniores, ndr) era il 2017. E questo mi dispiace. Erano gli anni in cui ero giusto uno junior e non ho avuto la possibilità di parteciparvi. Gli arrivi di tappa erano spesso nelle mie zone. Ma questo è il Sud. Siamo più aperti in generale, ma nei confronti dello sport siamo indietro».
Timidezza e grinta
Nel team lo descrivono come un ragazzo gentile, educato, ma anche timido. Gianluca Valoti ci aveva detto che questo ragazzo è molto forte, ma che dovrebbe credere un po’ di più in se stesso, tanto più se si pensa al motore che ha.
«Nella tappa di Campo Moro – racconta proprio Valoti – più o meno a metà salita lo vedo in coda al gruppo, che sta per staccarsi. “Non ce la faccio”, mi diceva. Mi sono risentito e gli ho detto che anche gli altri erano stremati. E infatti alla fine è andato forte. Ecco, va un po’ strigliato».
Eppure a noi non è sembrato timido, specie quando sale in bici…
«Dipende – sorride Verre – dipende anche dalle fasi di gara».
Allora ribattiamo: quando è che tira i freni e quando invece li lascia andare?
«Bella domanda – ci pensa un po’ e fa una pausa – bisogna essere cattivi il giusto. Al Giro c’erano corridori molto più forti di me, ma per esempio nei percorsi che si adattano alle mie caratteristiche, come le salite, sono molto più timoroso, sto più attento. Se so che posso fare bene sono sicuro di me stesso, ma è molto raro che accada! Credo poco in me… Me lo dicono in molti».
Scalatore puro?
Verre è un 2001. E’ al secondo anno nella categoria U23 e al secondo Giro U23, il corridore della Colpack-Ballan pertanto può già tracciare un bilancio.
«Tutto è completamente diverso: sia come risultati che come percorso. Il tracciato di quest’anno era molto più duro. I risultati si stanno vedendo e io sinceramente non mi aspettavo di fare così bene. L’ho vissuto giorno per giorno e magari per cercare di migliorare qualcosa. La gamba ha risposto bene però sono giovane, non ho molta esperienza con le corse a tappe. Siamo partiti per aiutare Ayuso e poi mi sono ritrovato in classifica».
«Che corridore sento di essere? Non so, magari sono uno scalatore puro, ma con il mio passato nel fuoristrada anche a crono ho idea che possa difendermi bene. Nella tappa di Guastalla, proprio quella contro il tempo, ho sentito una bella fiducia. La Mtb mi ha aiutato a menare a testa bassa, ritmi molto alti anche se con modi di correre diversi. Ma la multidisciplina serve. Comunque sì: scalatore».
Nel fisico, e non solo in quello, ma anche nel modo di porsi, Verre ricorda parecchio il suo conterraneo, Domenico Pozzovivo. Anche se forte di 170 centimetri (e 58 chili) Alessandro è un po’ più alto.
«Pozzovivo non lo conosco di persona, però conosco suo padre perché ha organizzato alcune corse su strada quando ero esordiente».