«La volevo più tardi possibile, ma non riesci a tenerlo fermo!». Sono parole di Gianluca Valoti. Il diesse della Colpack Ballan si riferisce al suo Juan Ayuso che ieri ad Imola ha preso la maglia rosa del Giro U23 vincendo, ben inteso, anche la tappa. L’azione che ha visto vincere lo spagnolo non era programmata. O almeno non lo era in quel modo. scatto secco sulla Gallisterna e giù in picchiata verso l’arrivo. In pratica il percorso dell’ultimo mondiale.
«Già dalla prima tappa – continua Valoti – tutti aspettavano noi per andare a riprendere la fuga, ma non era il nostro compito. Anche ieri volevamo stare tranquilli ed aspettare tappe come quella di Sestola o la crono. Invece Juan ha visto la possibilità di guadagnare dei secondi e ci ha provato, anche se in realtà il suo affondo era più per Filippo Baroncini o Michele Gazzoli, ma ha preso del margine a quel punto ha tirato dritto».
Ayuso è uno dei favoriti della vittoria finale, come ha lavorato per essere al Giro U23 al top della condizione?
Juan ha iniziato a correre alla Firenze-Empoli, poi è tornato a casa ad Andorra facendo altura. Quindi è tornato per la Coppi e Bartali, ha fatto il Piva, il Belvedere che ha vinto e il Giro di Romagna (vinto anche quello). Come tutti i suoi compagni è tornato in altura, solo che lui è andato a casa ad Andorra e gli altri a Livigno.
Un metodo di lavoro come quello dei pro’, Gianluca…
Purtroppo sì, dico purtroppo perché adesso è così. Sono richiesti certi metodi di lavoro anche ai ragazzi, ma sin dalle categorie più giovani non solo tra gli under 23. Già dagli esordienti si lavora in un altro modo rispetto a noi che il giorno prima della gara andavamo a giocare a pallone. Non dico che gli esordienti facciano l’altura, sia chiaro, ma con gli stranieri che lavorano in questo modo, con i pro’ che vogliono i giovani… la qualità si è alzata molto. Ma è così anche in altri sport, non solo nel ciclismo.
Auyso ha già un contratto con la Uae, seguono loro la sua preparazione?
Sì, ma i nostri tecnici, Antonio Fusi e Maurizio Mazzoleni, sono costantemente aggiornati, ci coordiniamo sul da farsi e se ci sono dei problemi, se bisogna aggiustare qualcosa il nostro referente in Uae è Matxin.
Che tipologie di lavori ha svolto lo spagnolo?
Più qualità e meno quantità, non si fanno più troppe ore di sella. Lui ha dei valori ottimi sul piano atletico.
La quarta frazione prevede una lunga cronometro, avete lavorato anche sotto questo aspetto?
Juan sì. L’anno scorso è stato campione nazionale spagnolo a crono, ma non ha fatto gare internazionali contro il tempo. Si difende molto bene. Nella cronosquadre della Coppi e Bartali abbiamo visto che era uno di quelli che trascinava la squadra, pertanto a Guastalla contiamo di perdere il meno possibile.
Prima scherzando hai detto che ha preso la maglia rosa troppo presto, in un Giro U23 funziona come nei pro’ in cui è preferibile, almeno per gli uomini di classifica, arrivare al 99% e crescere strada facendo, oppure si arriva al top perché sono “solo” dieci giorni?
Non bisogna guardare al Giro dei professionisti e non solo perché è più corto, ma perché qui si corre solo in cinque, pertanto è difficile controllare la corsa, si corre più alla garibaldina e ogni tappa è come se fosse un campionato del mondo quindi è bene arrivare già belli pronti.
Quest’anno il percorso prevede salite lunghe, Ayuso va forte un po’ ovunque: lo vedi meglio sulle tappe più dure o altrove?
Sulle salite lunghe. Ci sono tre tappe molto importanti per lui: Sestola, Campo Moro e la penultima sul Nevegal.
Scalatore quindi, eppure quando lo abbiamo visto ci è sembrato sì magro, ma non scheletrico. La sue era una magrezza di forza, di salute…
Vero. E posso dirvi che mangia come una bestia! Gazzoli e Baroncini mi chiedono sempre: ma come fa a mangiare così tanto e a non ingrassare? Ed è anche goloso… E con la cucina italiana si è trovato a meraviglia.