Otto vittorie quest’anno, ma quella di domenica scorsa a Lucca ha un retrogusto amaro che emerge solo dopo, riflettendoci. Per Marco Manenti è stata un grande momento, oltretutto vissuto davanti agli occhi dell’estasiato presidente del Team Hopplà Claudio Lastrucci, felice per l’impresa del suo pupillo, ma sapere che su quel percorso che il prossimo anno assegnerà la maglia di campione tricolore U23, lui non potrà giocare le sue carte non è piacevole.


D’altronde il suo è un cognome importante, addirittura olimpionico (Giuseppe era nel quartetto vittorioso a Los Angeles ’84) anche se con colui che per tanti hanno ha allestito la Granfondo di Bergamo e la GimondiBike non ha legami di parentela: «E’ un cognome molto comune tra Bergamo e Brescia. Io sono al primo anno elite, ho corso tutte le giovanili nella Ciclistica Trevigliese, un anno al GSMC, l’ultimo anno da juniores, l’anno del Covid, per poi passare al Team Palazzago al primo anno, la Solme Olmo al secondo e questo è il terzo anno che milito appunto nella Hopplà. Prima del ciclismo facevo atletica. Mi sono avvicinato alla bici perché è una passione di famiglia in quanto entrambi i miei genitori correvano in bici da giovani».
Quella di domenica è la tua ottava vittoria, come è arrivata?
Come dice sempre anche il nostro direttore sportivo, la somma delle doti personali non basta, è l’affiatamento a rendere forte e vincente una squadra. Noi siamo sempre stati protagonisti lungo tutta la stagione e anche domenica avevamo una buona formazione, con più punte. A essere sincero pensavo che andasse via una fuga lungo i quattro giri. Invece ogni tentativo aveva un margine ridotto, comunque sia con pochi corridori. L’unico che mi aveva un po’ preoccupato era l’attacco di tre corridori a 25 chilometri dall’arrivo. Lì senza i miei compagni che hanno chiuso, non avrei avuto più speranze. C’erano le maggiori squadre rappresentate davanti, mancavamo solo noi e la MBH Bank che non aveva uomini per poter chiudere.


Tu quando sei intervenuto?
Sull’ultimo strappo, abbastanza duro, Cipollini è scattato, ma io avevo battezzato la sua ruota, sapevo che lui e Belletta erano i favoriti e infatti erano davanti. A quel punto quando abbiamo scollinato abbiamo capito che il vantaggio era considerevole. Mancava anche poco all’arrivo, così abbiamo collaborato e allo sprint ho messo la ruota davanti. Devo ringraziare comunque Claudio Lastrucci e Stefano Roncalli, il mio direttore sportivo, che mi hanno guidato durante le fasi finali e motivato a impostare la volata, a essere freddo e cinico.
Quello è un percorso che l’anno prossimo assegnerà il titolo italiano under 23. Ti è venuto subito il pensiero che tu non ci potrai essere?
Sì, senz’altro, ma, io sono anche un ragazzo solare. Credo nel fatto che le cose succedono perché sono anche un po’ già scritte. Quindi se il destino ha voluto che organizzeranno il campionato italiano nel 2026 e io non ci potrò essere, non ci posso far nulla. Sicuramente è un bel percorso selettivo: affrontato nel mese di luglio dove le giornate sono più calde, sarà ancora più duro.


Tu sei arrivato a 8 vittorie quest’anno, solleticando l’interesse anche di altre formazioni E’ il momento per cercare anche nuovi lidi?
So che la mia posizione non è favorevole in quanto al giorno d’oggi gli élite sono considerati quasi “anziani”. Ma vedendo anche altre esperienze io mi auguro che nel mondo del ciclismo ci sia ancora qualcuno che possa dare una possibilità, una speranza a dei ragazzi come me. Degli approcci con altre formazioni ci sono stati e io mi auguro, con tutto me stesso, che ci sia appunto l’opportunità di realizzare il mio sogno. Non ho procuratore, voglio che a parlare siano per me i fatti, i risultati.


Tra le vittorie di quest’anno, qual è quella con la quale tieni di più?
Non ce n’è proprio una in particolare. La prima a Loreto l’ho dedicata alla mia nonna che è venuta a mancare circa due settimane prima, poi la seconda alla Pasqualando spiccava per il fatto che mi sono ripetuto per la prima volta, la terza alla Coppa Penna sono arrivato in parata con un mio compagno, anche quello non mi era mai capitato e mi sono goduto proprio gli ultimi chilometri con Andrea Alfio Bruno. Nella quarta, a Fiorano, ho vendicato il secondo posto del 2023 dietro Biagini e la quinta e la sesta, anche quelle hanno un valore speciale, perché una era una notturna e anche così non avevo mai vinto, l’altra ho fatto tutta la corsa in fuga.
Ma qual è stata la più emozionante?
La più emozionante anche per importanza è sicuramente la tappa al Giro del Friuli in quanto c’erano le migliori formazioni al mondo. Indossare la maglia di leader, anche solo per un giorno, mi ha dato emozioni uniche.


Si dice spesso che nel ciclismo le vittorie non dicono tutto su un corridore. Tu che tipo di atleta sei?
Penso anche io che le vittorie non siano uno specchio fedele del valore di un corridore. Sono convinto che si debba guardare anche la continuità. Oltre le vittorie io ho ottenuto 23 piazzamenti, il primo al 23 di febbraio, l’ultimo a Collecchio due giorni dopo Lucca. Sono un passista veloce che ha più carte da giocarsi, nel senso che sono un attaccante quando vedo la fuga, quindi ho una buona interpretazione di gara e se c’è poi un arrivo in un gruppetto ristretto posso dire sicuramente la mia. Sarà sufficiente per spingere qualche team a darmi una chance? Lo dirà solo il tempo…