Romana, mezzofondista, matematica, ciclista, cronoman (o cronowoman?): i mille volti di Vittoria Bussi. Nel mondo delle due ruote a pedali, Vittoria è balzata alle cronache nel 2018 quando ad Aguascalientes siglò il Record dell’Ora femminile.
E anche quest’anno l’abbiamo vista in azzurro ai recenti campionati europei nella crono, pur non avendo gareggiato molto. La sua è una particolare storia che merita di essere raccontata.
Dal tartan al parquet
Vittoria è una podista, l’atletica leggera è la sua “casa” e il mezzofondo la sua stanza. Ed anche un’eccellente studentessa, una matematica per la precisione. Va a studiare anche all’estero nelle migliori università, come Oxford. Lo sport continua a non mancare nella sua vita, ma la bici non c’è ancora.
L’incontro col ciclismo avviene nel 2013 dopo la perdita del papà. Come lei stessa ha scritto sul suo blog: “Il ciclismo l’ho trovato per caso nel 2013, in una profonda crisi dopo la perdita di mio padre ed ho deciso di intraprendere una sfida, un modo come un altro per sopprimere il dolore”.
«Il problema però quale è stato? Che a 27 anni ritrovarsi fra 200 bici non è stato facile – spiega la Bussi che agli inizi ha vestito la maglia della Michela Fanini Rox – mi sembravano tutte matte! E da qui è nata la passione per le cronometro, in cui sei da sola. E poi mi affascinava molto il mondo che c’era dietro: lo studio aerodinamico, i numeri, i secondi… la matematica.
Una Marco Pinotti al femminile insomma. E da questi numeri e la crono ecco che nel 2016 nasce l’idea del Record dell’Ora che arriva ben due anni dopo.
«La crono era una passione e il Record dell’Ora in qualche modo era la “crono” regina. Mi è sembrata una bella sfida. All’epoca preparai questo impegno con il supporto di Tom Kirk di Oxford. Fu una bella faticaccia, non solo per gli allenamenti, ma per la distanza, facemmo tutto da remoto».
La Bussi parla di tante e tante ore in pista, dove è importante girare per trovare un ottimo feeling di guida, di ripetute estenuanti di 20′-30′ fino alla noia.
Record, sfida costosa
Da qui anche i contatti con Liv, la “linea donna” di Giant, per la fornitura della bici. Liv capì ed apprezzò il progetto della Bussi e le inviò un telaio. «Loro – dice Vittoria – hanno creduto in me e non è stata una cosa da poco perché per preparare un Record serve anche molto denaro».
A questo punto si apre il discorso sul futuro tentativo di riprendersi o meno il primato, che giusto qualche settimana fa Joscelin Lowden le ha sfilato. Per l’inglese 48,405 chilometri, 398 metri in più di Vittoria.
«Complimenti alla Lowden, ma per il momento devo capire come migliorare a crono per essere convocata ancora in azzurro. Il Record è un impegno molto elevato sia dal punto di vista fisico che economico.
«Servono un team e degli sponsor. Pensate che solo tra UCI e costi fissi occorrono almeno 30.000 euro. Poi c’è il “noleggio” del velodromo. Vanno versati dei soldi alla federazione di appartenenza di quella pista. Io per esempio pagai la federazione messicana. E poi i soldi per lo staff, gli hotel, i viaggi per la preparazione… Come potete immaginare è piuttosto complessa la cosa».
La romana vuole continuare a vestire la maglia azzurra Vittoria (classe 1987) ha un suo team: il Vittoria Open Cycling
L’azzurro in testa
E poi c’è la maglia azzurra: una sfida, una passione e un obiettivo. La Bussi non ha squadra come le altre, eppure l’abbiamo vista più volte in nazionale. Vittoria ha preso parte, tra l’altro, ai mondiali dell’anno scorso ad Imola (decima) e agli europei di quest’anno (ottava). E senza (o pochissime) gare in linea in qualche modo rischia di essere “invisibile”.
«Faccio le gare che riesco a fare per conto mio, soprattutto crono chiaramente. Se ci fosse un circuito di prove contro il tempo, magari open, avrei più visibilità.
«Prima con Salvoldi parlavo spesso. Dino mi ha anche convocato, ma Paolo (Sangalli, il nuovo cittì delle donne, ndr) lo conosco già. Con lui c’è un rapporto da continuare e non da iniziare. Presto ci rimetteremo in contatto per una programmazione più precisa».