Silvia Parietti sfrecciava sulle strade del Giro, dei mondiali e delle classiche. Nel 2005, quando era nella S.S. Lazio Ciclismo lo fece addirittura indossando il tricolore. Oggi questa mamma, tenace e simpatica accompagna i cicloturisti nella sua Toscana.
Quelle uscite con Bettini
«Chiusi la mia carriera nel 2008 – racconta la Parietti – fu più che altro una questione di stimoli. Avevo 30 anni e per una donna era l’età per mettere su famiglia. Ad un certo punto pensi anche ad una vita diversa».
E ci è riuscita a mettere su famiglia. Ha un compagno, Alessio, ed è mamma di Alice ed Edoardo.
«Oggi forse per le ragazze le cose sono un po’ cambiate, ma ai miei tempi c’era parecchia incertezza sia per riconfermarsi che per trovare squadra.
«Smisi insieme a Bettini – dice Silvia – Paolo lo conosco bene. Abita ad un decina di chilometri da me. Quando eravamo a casa entrambi, uscivamo insieme in allenamento. Era bello trovarsi, poi a Livorno non eravamo in tanti ad essere professionisti. Posto che ufficialmente neanche io lo ero, e le ragazze non lo sono tutt’ora, diciamo che eravamo in pochi ad essere ciclisti di livello nella nostra zona!».
Per Silvia il ciclismo è una colonna portante della vita. Prima era un’atleta, adesso scorta i cicloturisti di mezzo mondo per le strade di casa sua, le corse però ha continuato a seguirle, seppur non dal vivo.
«Le vedevo in tv, sui social – riprende la Parietti – però lo scorso anno sono stata al Giro nella tappa di Grossetto. Rivedere facce conosciute ed altre nuove è stata una bella emozione. Devo dire che ho visto squadre molto strutturate. Penso alla Movistar, alla Canyon.
«Se mi piacerebbe essere un’atleta adesso? Perché no! Il modo di fare ciclismo, l’impegno che serve, sono gli stessi suppongo. Quello che ci mettevamo noi non era meno professionale».
La bici insegna
Silvia era una ciclista abbastanza completa. Non era velocissima e neanche una scalatrice pura, però era una tosta. Una che amava i percorsi duri. Sarà che dalle sue parti non c’è solo la dolce costa, ma anche gli strappi “cattivi” dell’entroterra. E infatti scherzando con lei è emerso come fosse quasi scontato che il suo “compaesano” Bettini andasse forte alla Liegi con tutte quelle colline.
«Vero! Per arrivare a casa sua ci sono degli strappi incredibili e infatti gli dicevo: mamma mia Paolo ma come fai quando rientri e sei stanco? Comunque sì, amavo i percorsi duri. Quando ho vinto l’italiano il circuito in pratica era metà in salita e metà in discesa.
«Campionato italiano a parte, bellissimo, il mio ricordo del ciclismo è stato quello d’indossare la maglia azzurra. Quei momenti quando sei alla partenza con la maglia dell’Italia… sono una soddisfazione. Ma in generale dico che il ciclismo mi ha lasciato dei valori a livello personale. Io ho iniziato da piccolissima e certe cose me le sono portate dietro anche nella vita normale. Per esempio, mio papà (che adesso sta bene) è stato male. Ebbene io ho sempre pensato che non avrei dovuto mollare, che dovevo reagire, che avrei dovuto pensare positivo… esattamente come quando ero un’atleta. E questo vale anche per i momenti positivi, magari cercando di avere più entusiasmo».
Cicloturisti a rapporto!
Lo stesso entusiasmo che da diversi anni mette in Tuscany Love Bike, l’associazione con la quale porta alla scoperta della sua terra i cicloturisti.
«Questa idea – spiega la Parietti – mi venne subito dopo aver smesso di correre. Fui contattata dagli albergatori dell’epoca. In quel periodo infatti molti team venivano qui sulla costa livornese per i ritiri invernali e così volevano allargare l’offerta non solo ai pro’, ma anche agli amatori. Pensate che il primo a portare in giro i turisti fu Andrew Hampsten. Ci è voluto un americano!
«Organizzo e guido i tour tra la costa Etrusca e la Val di Cecina e fuori regione. Un po’ si sfrutta il richiamo internazionale del Chianti, nell’entroterra. Ma poi sono io che allestisco i percorsi su strade secondarie, piste ciclabili, strade di campagna alla scoperta di borghi meno conosciuti. Passo molto tempo anche sui social per la promozione e la divulgazione».
Per fortuna il supporto delle amministrazioni locali non mancano.
«E anche dalla popolazione siamo bene accetti, cosa che ho scoperto non essere così scontata. Me lo diceva persino un insegnante del corso per accompagnatori della Federciclismo. Il cicloturismo può dare una mano a quelle piccole e medie imprese o le aziende agricole del territorio che non sono grandissime ma che lavorano con amore e qualità il proprio prodotto».