La chiamavano “Pantanina” per come andava in salita, per il suo essere scricciolo rispetto alle potenti avversarie. E in effetti Fabiana Luperini era una vera forza della natura. In salita era uno spettacolo vederla pedalare.
La toscana ha vinto cinque Giri d’Italia e tre Tour de France. Tra gli uomini, per trovare tanto, bisogna disturbare un certo Bernard Hinault. Fabiana era anche un’attaccante innata. E per questo trionfava anche nelle corse di un giorno, come il Trofeo Binda, la Freccia Vallone, i campionati italiani…
Ancora oggi Fabiana non sta ferma un attimo. Vive a Pontedera. Gestisce un’azienda che si occupa di servizi per le famiglie, un agriturismo e collabora con una squadra giovanile, la San Miniato – Santa Croce. Le sue giornate sono sempre molto intense, ma nel fine settimana un giretto un bici se lo fa volentieri.
Con lei abbiamo parlato del ciclismo femminile di oggi partendo da quanto proposto dall’americana Lizzie Deignan: portare anche i grandi Giri femminili a tre settimane. A questa idea la Luperini, scatta com’era solita fare. E parte in quarta!
Tre settimane anche per le donne, Fabiana: cosa ne pensi?
Prima di tutto bisogna trovare chi sponsorizza un Giro per tre settimane. Io li ho fatti e posso dire che due settimane erano più che sufficienti. Sinceramente non ne vedo la necessità, soprattutto se ci sono tappe impegnative.
Ma quando dici di no, intendi per una questione mentale o fisica? Pensiamo magari ai valori del sangue che scendono, al recupero che scarseggia…
Sì, mi riferisco anche a quello. Ai miei tempi si facevano due settimane con un giorno di riposo. Ma quando facevi tappe con il Glandon e la Madeleine nello stesso giorno, quando scalavi l’Alpe d’Huez, quando facevi una crono di 20-30 chilometri o anche una tappa di 150 chilometri due settimane non erano poche. Ve lo posso assicurare.
Però nell’ultimo Giro frazioni così dure non c’erano…
Appunto dico che serve un percorso impegnativo ed equilibrato con tappe dure, arrivi in salita, un prologo, una crono, arrivi per i velocisti. In questo modo chi vince è la più forte. Certo se fai tappe di 50 chilometri… serve a poco.
Magari con l’avvento del WorldTour, con l’equiparazione degli stipendi minimi, dei premi con gli uomini, la Deignan voleva anche una parità tecnica. Quanto è cambiato il ciclismo femminile con l’avvento del WorldTour?
«Mi “garberebbe” vederle correre per tre settimane – dice con ironia la Luperini – sicuramente è cambiato. Ci sono team davvero più strutturati nei mezzi, nello staff, nelle atlete. Ci sono almeno dieci squadre davvero forti, il problema è che c’è disparità con le altre. Ma credo che in generale sia una buona cosa il WorldTour.
Oggi le prestazioni delle ragazze sono più livellate: tutte hanno un preparatore, un massaggiatore, un nutrizionista…
Sì è vero, ma credetemi che anche ai miei tempi c’erano atlete fortissime. Certo, la stragrande maggioranza erano dilettanti, ma Longo, Ziliute, Van Moorsel… erano tostissime, andavano di brutto!
Vedi differenze sul piano tattico? Voi eravate più coraggiose?
Con l’avvento del WorldTour ogni team ha 7-10 atlete molto forti, ai miei tempi c’era al massimo una ragazza o due forte per team. Salvo casi eccezionali come la mia Sanson. E infatti vincevamo quasi sempre. Con una o due ragazze soltanto di valore era difficile tenere unita la corsa o fare giochi di squadra ed era più facile attaccare.
Elisa Longo Borghini è il faro del nostro ciclismo. Cosa le manca secondo te per essere alla pari di Van Vleuten e Van der Breggen?
La Longo Borghini la conosco, ma non così bene da poter esprimere certi giudizi, bisognerebbe sentire chi le sta vicino. Parlo pertanto da quel che vedo dalla tv e allora dico che ha fatto un altro piccolo step anche quest’anno. E’ stata protagonista di una bella stagione e continua a ridurre il gap dalle migliori. In più ha un’età che le consente di crescere ancora e sperare che calino un po’ le altre. Magari le manca un po’ lo spunto veloce, ma su quello non può fare molto. Su una cosa però può fare di più, sul piano tattico. A volte deve rischiare di perdere per vincere, proprio perché non è veloce. Se si ritrova in fuga con la Van Vleuten e la Van der Breggen potrebbe anche non collaborare e dirle: siete veloci, tirate voi.
E invece c’è un’azzurra che piace alla Luperini, che l’ha colpita?
Letizia Partnoster. Vorrei vederla di più su strada. Ha enormi potenzialità non solo per la pista. Ha ampi margini. Se ne dice un gran bene…