La primavera di Elisa Longo Borghini ha rischiato di andare a farsi benedire e ancora adesso non si può dire come finirà. Dopo il debutto trionfale al UAE Tour, la piemontese ha corso all’Het Nieuwsblad (in apertura) e poi è sparita. Forfait alla Strade Bianche e poi anche al Trofeo Binda, finché il comunicato della Trek-Segafredo ha fatto sapere che c’era di mezzo il Covid, che l’ha tenuta fuori dai giochi per oltre una decina di giorni. E anche se Elisa ha ripreso ad allenarsi da poco, la sua condizione alla Dwars door Vlaanderen o al Giro delle Fiandre, gare della possibile ripresa, non sarà certo come se l’aspettava.
Il ritorno alle corse in Italia prevede ancora il protocollo “return to play” da cui sono stati tolti alcuni esami del sangue, mantenendo tuttavia l’ecocardiogramma, l’ECG da sforzo e la spirometria. Cautele che mettono al riparo dalle conseguenze del Covid e permettono all’atleta di riprendere con tutte le sicurezze del caso. Quel che non è ponderabile è tuttavia la condizione che si è persa durante la sosta.
«Per quanto mi riguarda – spiega Elisa – per quelli che erano i miei valori e le mie sensazioni, ero partita molto bene. Avevo già fatto un periodo di altura sul Teide e già al UAE Tour mi sentivo bene. I riscontri a casa in allenamento erano ottimi, poi però ho fatto dieci giorni a casa completamente kappaò, quindi bisognerà vedere se e quando la condizione tornerà a crescere. Ancora faccio un po’ di fatica a recuperare tra un allenamento e l’altro e lavoro a intensità ridotta. Però al rientro spero di poter aiutare la squadra, visto che comunque ci sono delle ragazze in forma. Ho visto che per vincere non hanno tanto bisogno di me (sorride, ndr), però magari posso dare loro una mano…».
Quando ricomincerai ad allenarti ad alta intensità?
Credo che l’intensità finirò col farla in corsa. In questi giorni di avvicinamento cercherò di sistemare il fisico e di ritrovare i valori giusti. Sono certa che in corsa prenderò qualche bella… stringata, che sul momento mi farà penare, ma servirà per rimettermi a posto.
Hai pensato di rinviare il rientro fino a quando sarai del tutto a posto?
Non sappiamo ancora quando sarà il rientro, andrò comunque per lavorare. Vado ad aiutare le mie compagne, perché non è che posso saltare tutte le gare che voglio. La squadra ha bisogno di me. Abbiamo una ragazza fuori perché è caduta e si è fatta male: Lauretta Hanson. Ellen Van Dijk è incinta. Insomma, non possono correre sempre le stesse, perché altrimenti si finiscono. Quindi appena potrò, andrò a correre.
Insomma, il capitano va in guerra con le sue ragazze?
Più o meno, ma senza l’assillo di dover dimostrare niente a nessuno. E’ una settimana e mezza che pedalo e quindi già un paio di semi distanze le ho fatte, anche se ho sempre diviso in due gli allenamenti, fra mattina e pomeriggio.
Quindi se tutto funziona, la condizione verrà per la Liegi?
E’ una possibilità, ma ancor meglio la Vuelta (1-7 maggio, ndr). E poi chissà se si farà il Giro d’Italia. Ci hanno parlato di partenza da Roma e finale in Sardegna, ma altro non sappiamo. Non è una questione di fare la gara col Tour, però in Francia presentano le tappe un anno prima e noi siamo qua che ancora non sappiamo se e dove si farà. Speriamo di poterlo correre.
Sei la vincitrice uscente della Roubaix e, se ci sarai, aiuterai le altre. Che cosa consiglierai alle tue compagne?
La prima cosa da ricordare è di tenere le posizioni e penso che questo sarà il mio ruolo. Quello di portarle davanti, soprattutto all’imbocco dei settori in pavé. Stando davanti si evitano cadute e si trovano le linee migliori. Poi consiglierei di risparmiare il più possibile e di utilizzare al massimo le compagne per farsi portare davanti. La Roubaix comunque è una corsa che ti logora.
Dopo averla vinta, la Roubaix ti è rimasta nel cuore?
La verità? E’ una corsa che non mi ha mai ispirato. Sono stata felicissima quando hanno annunciato che l’avrebbero fatta, perché è una classica prestigiosa in cui si scrive la storia del ciclismo. Sono fiera che ci sia e di averla vinta. E’ stata l’emozione più grande di tutta la passata stagione, ma non è diventata la mia ossessione.
Non saresti tornata su per tentare il bis?
La mia idea è che l’ho vinta e ho messo una tacca. L’avevo già messa anche sul Fiandre, per cui ora potrei dire di volerci provare con la Liegi e vediamo come va a finire. Quindi la Roubaix non è diventata un chiodo, fisso. Senza questi problemi, sarei andata per fare bene, ma senza la pressione di volerla rivincere per forza.
Hai seguito il Trofeo Binda? Che cosa ti è sembrato?
Ho visto poche gambe. Purtroppo la corsa è stata snobbata da tante big e mi dispiace, perché comunque è una gara che merita. Invece, per quanto riguarda la giornata in sé, non ho visto nessuno capace di fare una vera selezione. Sullo strappo di Orino, fatte salve le mie compagne, ho visto un ritmo parecchio alto, ma nessuna che sia riuscita a fare la differenza. Per questo ho parlato di poche gambe…
Hai parlato con qualcuna che era in gara?
Sono uscita con Francesca Barale e le ho chiesto se il Binda fosse stato così tirato e lei mi ha confermato che non c’è mai stato un momento in cui si siano fermate. Per cui è stato giusto pensare che fossero tutte molto livellate e che il ritmo fosse alto.
Poca differenza in salita, vero?
Negli anni siamo sempre stati abituati a vedere delle azioni che sui due tornanti di Orino strappavano il gruppo. Quest’anno lo hanno allungato e basta. Mancavano le varie Van Vleuten e Vollering, che rientreranno al Nord ed è un peccato che non ci fossero. Mentre Shirin (Van Anrooij, la sua compagna che ha vinto, ndr) secondo me è scattata molto forte. Le altre erano tutte stracotte e lei ha colto proprio l’attimo. Dietro si sono guardate e intanto lei è andata veramente forte. Secondo me a Cittiglio ha comunque vinto la più forte.