“1 a 1 e palla al centro”. Poco dopo la conclusione della sua corsa vincente al Tour de Bretagne, allo smartphone di un collega arriva un messaggio a firma Martina Alzini. Gli emoji esprimono tutta la sua allegria, ma a chi si riferisce con quel punteggio di parità? Pensandoci, la risposta viene subito: è Benjamin Thomas, che quest’anno aveva colto la vittoria all’Etoile de Besseges.
Nel parlare con Martina, i riferimenti al suo compagno di vita, pluricampione del mondo su pista si ripetono spesso e quando lo fa, trasmette con forza tutto il suo amore. Nel raccontarsi, Martina ci confida anche una vicenda che ha segnato la sua stagione e ha rafforzato ancora di più il loro rapporto.
«All’inizio dell’anno è venuto a mancare mio nonno – dice – che per me era “il” riferimento della mia vita. E’ stato un colpo durissimo e se non avessi avuto Ben con me, se non lo avessi sentito accanto, non so come avrei fatto a portare avanti la mia attività. Questo che per me è un lavoro».
Nella tua professione quanto conta la sua vicinanza?
Tantissimo, ho sempre detto che è uno stimolo costante a migliorarmi. E’ così che vedo i suoi successi. Mi ha dato molto di più a livello professionale, ma è nulla in confronto a quello umano. In gara lo vedete spigliato, spesso all’attacco, ma nella vita è tutt’altro, mite, la persona più buona che abbia mai conosciuto. Mi dà sempre consigli quando glieli chiedo, ma tiene sempre a precisare che non vuole intromettersi nel lavoro di preparatore e manager della squadra.
Se al primo anno in una squadra francese. Ben ti ha aiutato nell’imparare la lingua?
Sì ed è stato fondamentale per comunicare e fare squadra. A casa parliamo italiano, anzi mi fanno spesso i complimenti per quanto lui parli bene la nostra lingua, ma ha capito che era importante che potessi parlare con le mie compagne e i dirigenti. Io avevo imparato un po’ di francese a scuola, ma la pratica mi ha aiutato tanto ed è importante perché si è creato davvero un bel gruppo, considerando che è il primo anno.
Una vittoria in volata: non è proprio il tuo cliché abituale…
Che devo dire… Sentivo che le gambe andavano, che poteva essere la giornata giusta e mi sono buttata nello sprint. Ci credevo, non ho pensato alle avversarie, a chi era sulla carta più veloce di me. Devo dire grazie alle mie due compagne, la francese Cedrine Kerbaol e la belga Alana Castrique che mi hanno pilotato alla grande.
Una vittoria che ha rimesso in piedi una stagione difficile.
Non per il cambio di squadra e di vita, neanche a livello fisico. Il problema è stato la bronchite che Ben ha preso alla Tirreno-Adriatico e che mi ha trasmesso. Sono stata malissimo, io che ero riuscita a evitare il Covid sono stata messa a terra dalla febbre alta. C’è voluto tempo per venirne fuori e intanto le classiche del Nord erano andate. Alla Ronde de Mouscron con il terzo posto avevo visto che le cose cominciavano a riprendersi e in Bretagna ne ho avuto la conferma. Ma ho imparato una cosa…
Quale?
A me per andare in forma serve correre, devo aggiustare il tiro nella programmazione d’inizio stagione. Dopo la bronchite ad esempio sono ripartita dalla Gand-Wevelgem e chiaramente non avevo le gambe per tenere e ho finito per ritirarmi. Ne terrò conto per l’anno prossimo.
Che tipo di corsa era il Tour de Bretagne?
Molto dura. E’ vero che il livello di partecipazione non era pari a quello delle classiche, ma c’erano comunque tante big, basti pensare alla Bastianelli vincitrice di due tappe. D’altronde Uae e Ceratizit hanno presentato le loro formazioni migliori, il livello era alto. La tappa che ho vinto era quella principale, sempre su e giù con il circuito finale molto vario.
Come hanno preso la tua vittoria in squadra? Era la prima della stagione per la Cofidis…
E’ stata una festa. C’erano compagne che erano di quelle parti, erano letteralmente impazzite (i festeggiamenti nell’apertura, foto di Mathilde Lazou, ndr). Ripeto: formiamo un bel gruppo, si lavora bene insieme.
Tu poi venivi dalla trasferta su pista a Glasgow…
Esatto, era la prima del nuovo corso e mi sono trovata benissimo con Villa. Il cittì ha davvero una grande esperienza: sapeva delle mie condizioni, ne abbiamo parlato e ha deciso di evitarmi le qualificazioni del quartetto schierandomi nella finale. Mi ha trattato come Martina Alzini e non come un numero, una qualsiasi componente del gruppo e fa così con tutte. A livello mentale mi ha aiutato tantissimo, sono tornata a casa convinta che abbiamo aperto una bellissima pagina.
Nella seconda prova non ci sei…
Sarei andata volentieri in Canada, ma devo pensare alle esigenze della squadra e questo Villa l’ha capito. Venerdì e sabato torneremo in Bretagna per le due gare di Morbihan e spero di far bene anche lì e continuare nel momento positivo. Anche perché so che la Cofidis mi vuole in gara sia al Giro che al Tour, sarà davvero un periodo duro. Io ho dato la mia disponibilità, ma ho anche detto che se dopo il Giro d’Italia sentirò di essere stanca e che non potrò dare il massimo per le compagne, allora mi tirerò fuori.
Si prospettano settimane di lontananza fra te e Ben…
Già, tra l’altro lui sa già che sarà al Tour, quindi quando lui finisce io comincio. Ma è il nostro lavoro: per fortuna ci sono i telefoni…