«Avete presente quelle magliette con su scritto “mentalità belga”? Ecco, quello è ciò che serve e che si troverà andando ad un ciclocross nel Nord Europa». Luca Bramati ci porta subito nel cuore dell’articolo. Tra pochi giorni saremo in Belgio anche noi e ci tufferemo nel cuore di catini storici del cross come Niel e Dendermonde.
«Lassù è un altro sport – spiega Bramati, oggi tecnico della Alé Cycling Team – E la dimostrazione l’abbiamo avuta anche l’altro giorno al campionato europeo: un percorso veloce, con l’acqua è cambiato del tutto ed è diventato un percorso da ciclocross vero. E i nostri, a parte qualche caso, sono naufragati perché non siamo più abituati».
A Pont-Chateu abbiamo visto rettilinei lunghi, dislivelli, sezioni ampie, noi abbiamo anelli di fettucciato. Lassù anche questo aspetto è diverso?
Con quei percorsi del Nord se hai gamba in qualche modo emergi. Da noi c’è questa abitudine di fare le gimkane, perché di questo si tratta. Però le gimkane le fanno i bambini e quando poi vai nei percorsi veri è normale che fai fatica. Purtroppo da qualche anno è così in Italia.
Prima era tanto diverso?
Sì, decisamente. Prima c’erano i percorsi, percorsi veri. Per dire, anche Milano ai tempi della Montagnetta si correva su un percorso vero. Adesso vogliono concentrare tutta la gara in un campo da calcio ed è normale che fai le gimkane.
“Torniamo in Belgio”. Tu ci hai corso lassù. L’atleta cosa sente? Percepisce l’idea che sta disputando un evento di serie A?
Sicuramente sì, perché correre davanti a 20.000 persone o anche di più è emozionante. Però questo dipende anche dalla freddezza dell’atleta. Ci sono degli atleti che patiscono tutto ciò, perché comunque si è anche intimoriti da una cosa del genere. E ci sono invece atleti che si esaltano a correre in mezzo alla bolgia.
A te piaceva personalmente?
Sì, sì! Mi è sempre piaciuto, anche perché ero un tipo esuberante. Non avevo paura di niente ed mi buttavo nella mischia.
E poi cambiano gli avversari: Li ci sono i “cavalli veri”, con le cosce grosse, i motori potenti e grandi abilità: com’è l’approccio mentale? Si studiano anche i corridori?
In realtà non fai in tempo a studiarli, poi dipende anche dal livello a cui sei. Se vai bene, tutto sommato qualcosa puoi fare, ma purtroppo il livello attuale degli italiani è veramente basso. Quella gente neanche la vedi in corsa.
Ma nel contesto magari sì: la preparazione, i momenti prima e dopo la gara. La ricognizione…
Ma sono attimi troppo piccoli. In quei momenti tu stesso cerchi di capire il più possibile quello che ti serve. Come affrontare quella curva, dove spingere… Io continuo a dirlo ai miei atleti che il corridore vero deve essere anche intelligente. Non può essere superficiale, perché poi non si ricorda la curva, la staccata… Uno intelligente memorizza tutti i punti dove deve mettere la ruota. Ha una certa memoria fotografica. Fateci caso: Van Aert, Van de Poel… ogni volta che passano mettono la ruota sempre in quei 5 centimetri. Vuol dire che tu hai lucidità, che sei sveglio.
Ma questi sono i campioni, tutto ciò che abbiamo detto sin qui vale anche per i più giovani? Gli under 23 o gli juniores?
Loro corrono più allo sbaraglio. Non si conoscono tutti, perché corrono poco assieme… In generale sono un po’ disorientati.
E quindi sono al parco giochi o all’inferno?
Dipende… È un inferno nel parco giochi! Spesso li ho visti sballottati, spaesati. Ci sono avversari che ti passano da tutte le parti, con un’altra foga. Ci sta che sei frastornato, che non riesci a capire cosa fare. Non abbiamo sicuramente un leader neanche negli under 23.
E nella valigia cosa si mette? Giacche a vento, copriscarpe gomme da fango.
Devi avere un programma ben chiaro di ciò che devi mettere, anche in base alle tue caratteristiche. Guanti da freddo o guanti intermedi, in base a quanto lo soffri. Body pesante, body leggero sapendo di essere pronto ai cambiamenti del tempo ogni 30 secondi. Ma trenta secondi veri! All’europeo ero sull’arrivo che c’era il sole e 200 metri più in là era “buio” e pioveva. Per quanto riguarda invece i materiali, le gomme su tutto, ci pensano i meccanici. Ma come detto all’inizio serve la mentalità belga per stare lì in mezzo. Bisogna essere sfrontati.