La Ktm Alchemist Brenta Brakes continua sulla strada intrapresa anni fa. L’attività internazionale resta un elemento primario nella gestione del team, a dispetto delle ingenti spese che questa comporta, ma la vetrina internazionale è un fattore irrinunciabile per il sodalizio lombardo e probabilmente anche questo fattore ha contribuito alla grande novità di quest’anno: l’assenza di Francesca Baroni, l’azzurra che ha scelto la strada del Belgio.
Si è molto discusso nelle scorse settimane sul suo passaggio e il team manager Simone Samparisi tiene anche a dissipare ogni velo: «Francesca è partita con la nostra piena benedizione. E’ vero, eravamo in parola per confermarla, ma quando ci ha detto di questa eventualità – ed eravamo in primavera – le abbiamo detto che era un’offerta da prendere al volo per poter continuare il suo cammino di crescita».
Non ci sono stati quindi dissapori?
Assolutamente no, ci siamo lasciati benissimo. D’altronde abbiamo anche capito che un capitale tecnico simile va seguito con la massima attenzione e noi, che finita la stagione del ciclocross dobbiamo rituffarci nella mountain bike e seguire la stagione delle Marathon non potevamo garantirle quel seguito di cui ha bisogno. E’ giusto che segua la sua strada e avrà in noi sempre grandi tifosi. Io sono convinto che di qui a breve tornerà a quei livelli di eccellenza che l’hanno portata ai vertici mondiali.
Che cosa cambia quindi nel team?
Abbiamo sostituito Francesca con un importante prospetto al femminile. Si tratta di Elisa Lanfranchi, che lo scorso anno da allieva ha vinto tutto tranne il campionato Italiano per un vero colpo di sfortuna e che vogliamo supportare nella sua crescita ora che affronta la sua prima stagione da junior, il che significa che si comincia a fare sul serio. Inoltre entra in squadra Michele Falciani che è allievo 2° anno, che è un po’ l’esempio di quel vivaio che vogliamo assolutamente costruire e che rappresenta un po’ il sogno da realizzare nel prossimo futuro.
Con loro chi fa parte della squadra?
I miei fratelli Nicolas e Lorenzo che continuano a dividersi con la mtb come anche Dario Cherchi, poi lo junior Christian Fantini (nella foto di apertura, ndr), l’austriaca Nadja Heigl che continua ad essere tra le migliori Elite al di fuori del dominante movimento olandese e l’under 23 Cristian Calligaro.
Che cosa vi aspettate da questa stagione?
L’idea è di confermarci ai vertici italiani ponendo l’appuntamento tricolore come focus dell’anno. Vogliamo arrivarci al meglio della forma e forse il fatto che iniziamo la stagione più tardi può aiutarci: il protrarsi dell’attività di mtb ci ha costretto a rimanere a guardare nel ciclocross, presumo che considerando anche il necessario riposo da parte di chi come Nicolas ha fatto tutta la stagione delle classiche fuoristrada non inizieremo prima della metà di novembre.
Ti aspetti un ambiente cambiato?
Non particolarmente. Posso dire che vedo molto fermento giovanile e in questo l’opera di Daniele Pontoni si vede già e darà frutti. Il problema che avverto riguarda semmai i calendari rimasti abbondanti anche dopo la pandemia, ma per noi che veniamo dalla mtb è un discorso vecchio e che ha sempre dei pro e dei contro.
Si dice che il principale problema sia legato alle concomitanze e al fatto che per acquisire punti Uci bisogna comunque andare all’estero…
Qui sinceramente mi trovo in difficoltà a rispondere per il semplice fatto che noi abbiamo sempre fatto attività internazionale all’estero e la riteniamo l’unica vera strada per emergere, per crescere soprattutto nelle categorie giovanili. I viaggi, le gare in ambienti diversi sono quel che serve per imparare. Purtroppo l’allungamento della stagione di mtb porta a una collisione con quella di ciclocross, diventa difficile far coincidere le due attività. Ma proprio l’esempio della mountain bike può essere utile nello sviluppo del calendario.
In quale maniera?
E’ indubbio che quello italiano delle Marathon sia ormai il migliore al mondo, tanto è vero che tutti i team internazionali vengono spesso qui ad affrontare le principali classiche. Manca solo una vera gara a tappe e se l’Appenninica Mtb continua a crescere potrà prendere questo posto. Per il resto abbiamo i migliori organizzatori, i migliori teatri di gara, una partecipazione sempre di primissimo piano e questo favorisce anche la crescita del movimento, come la vittoria europea di Rabensteiner dimostra. Non vedo perché lo stesso non possa avvenire nel ciclocross…