Con il Be-Mine Cross di domenica ha preso il via non solo il circuito Exact Cross, uno dei principali della stagione sui prati, ma tutta la stagione invernale, che racchiude molti temi che andranno affrontati nel suo corso. Uno riguarda precipuamente l’universo femminile del ciclocross, in grande evoluzione. Già nella sua prima telecronaca su Eurosport, la commentatrice Ilenia Lazzaro ha messo in luce come le gerarchie del settore possano cambiare, non solo per il valore intrinseco delle atlete, ma anche per le commistioni sempre più forti con la strada e quindi abbiamo voluto, attraverso di lei, introdurre l’annata.
«La prima prova ha visto la Van Empel (in apertura, ndr) fare la voce grossa, lasciando lontane Alvarado e Brand e io credo che non sarà un caso. Penso anzi che le due capofila dell’annata 2002, ossia la stessa Van Empel e la Pieterse caratterizzeranno tutta l’annata, dipende solo da quando quest’ultima inizierà a competere».
Fra le due c’è però una certa differenza, perché la Pieterse, dividendosi anche con la mtb e conquistando allori un po’ dappertutto, ha uno stress maggiore rispetto alla connazionale…
La Van Empel ha gareggiato meno su strada, ma quando la Visma-Lease a Bike l’ha chiamata in causa ha sempre risposto presente. Non chiudi tra le prime 10 la Freccia Vallone o la Vuelta a Catalunya se non hai un valore anche nel mondo su strada. E’ chiaro che la Pieterse ha fatto una stagione molto più ricca perché ci sono anche mtb e gravel, ma tornerà presto e conoscendola sarà subito competitiva.
Parlavi della generazione 2002. Secondo te ci sarà un passaggio di consegne con le più anziane?
E’ inevitabile, anche se bisogna vedere che cosa deciderà di fare Marianne Vos. E poi c’è la Brand che ha sempre la zampata della campionessa. Il fatto è che le vedo molto competitive per gli appuntamenti singoli, magari per una specifica tappa di Coppa del mondo e sicuramente per i mondiali. Ma nel corso della stagione, negli appuntamenti praticamente senza soluzione di continuità delle varie challenge, emergeranno le più giovani. E tornando alla generazione 2002, mi dispiace che quest’anno non vedremo all’opera la Van Anrooij che ha deciso di operarsi quest’inverno per essere pronta per la stagione su strada.
Tutta Olanda quindi…
Qualcuno potrebbe dire che c’è sempre Blanka Vas, ma la magiara non ha la stessa continuità delle tulipane. Anche lei può rientrare più in un discorso estemporaneo e sono anche curiosa di valutare come si comporteranno le più giovani, ad esempio la slovacca Chladonova. Per loro ci sarà da considerare, nel passaggio di categoria la lunghezza maggiore delle gare, ma nella prima parte le vedremo protagoniste. Atenzione: io alle spalle delle due campionesse sopra citate ci vedo anche la Casasola.
Ti ha sorpreso la sua scelta di andare all’estero?
Io penso che sia qualcosa di storico al quale non è stata data la giusta considerazione. Non ha scelto un team a caso, perché entrando nella Crelan Corendon si è unita a una delle squadre di riferimento di tutto il movimento. Non è proprio la stessa cosa di quando la Arzuffi approdò alla 777, perché quella era sì una squadra forte, ma non spostava gli equilibri. Quella di Sara sì e i benefici io penso che li vedremo a breve. Già domenica, pur finendo decima, ha mostrato sprazzi di grande ciclocross.
Perché secondo te è così importante?
Perché è una scelta che coinvolge tutta la sua attività e che potrebbe essere un valido esempio anche per altri, non solo al femminile. Sara ha scelto un team che investe nel ciclocross senza dimenticare la strada. Questo le consentirà di investire in entrambe le attività ma senza considerare il ciclocross come la “gamba corta”. Io penso che sia la vera scelta che deve fare chi punta alla multidisciplina. E allora guardo anche quel che avviene al maschile dove abbiamo tanti ragazzi che sono cresciuti con questa idea. Viezzi e Stenico tanto per fare due nomi, ma che devono anche trovare la strada giusta per attuarla e restando in Italia questo non è possibile.
La cultura da questo punto di vista non sta cambiando?
Non abbastanza per essere al passo con i tempi. Sono ancora troppi i dirigenti, le società, i tecnici che pensano solo alla strada, che hanno una visione vecchia. Li fanno gareggiare ogni domenica quando invece perché non pensare almeno un weekend al mese da dedicare ad altro, da impiegare magari per una gara di ciclocross d’inverno e di mtb nelle altre stagioni? Se ne gioverebbero tecnicamente e porterebbero poi più risultati, ma questo non riusciamo a capirlo.
Tutto ciò secondo te cambierebbe se davvero il ciclocross approderà al programma delle Olimpiadi invernali?
Aspettiamo con fiducia le decisioni che verranno prese il prossimo anno, ma io penso proprio di sì. Darebbe una prospettiva diversa, porterebbe molti corridori a continuare a fare doppia attività nella maniera più equilibrata, come ad esempio fanno i grandi. Non è che Van der Poel o Van Aert li vedi sempre, ma quelle 6-8 gare le fanno perché sanno che saranno utili. Invece chi molla il ciclocross magari il primo anno su strada va bene, forse anche il secondo, ma poi hanno un calo. Sicuramente bisognerà mettere mano al calendario: ci sono troppe gare, su strada ma anche nel ciclocross e non ce la si fa a far tutto.