Alla vigilia del primo arrivo in salita, Nibali tutto sommato sta bene. La rincorsa è stata rapida e breve. Ha perso una settimana di allenamento, non certo come nel 2018, quando l’incidente del Tour gli costò la frattura di una vertebra e si trattò di bruciare le tappe per il mondiale di Innsbruck. Dice Michele Pallini, il suo massaggiatore di una vita, che sarebbe stato peggio se si fosse rotto lo scafoide e che tutto sommato il polso non gli fa male. Sarebbe stato ancora più complicato se il chirurgo non avesse dato via libera: chi si sarebbe preso la responsabilità di farlo partire ugualmente?
«Tutto dipende dall’evoluzione giorno dopo giorno – ha spiegato Vincenzo – e io mi sento sempre meglio. Vuol dire che tutto guarisce. Abbiamo tolto i punti. E del resto non si sarebbe potuto fare nulla senza il benestare dei medici».
Basso profilo
Oggi il siciliano è arrivato comodamente nel gruppo a 4 secondi da Taco Van der Hoorn. Non c’era molta salita, ma quella che si è fatta ha già scavato qualche distacco. Sul traguardo la sua espressione era come al solito imperscrutabile, ma mentre una larga parte di corridori è arrivata trafelata, il siciliano è parso perfettamente in controllo.
«Niente di particolare – ha detto – in salita sono rimasto tranquillo in gruppo, mentre Ciccone ha provato a fare qualcosa. Non so dire che cosa potrò fare domani, soprattutto i primi giorni saranno tutti una scoperta».
La prima incognita che però non ha creato problemi era il meteo: quanto può essere dolorosa la frattura se il tempo inizierà a fare le bizze? Per questo e per verificare anche che tutto proceda nel modo migliore, Vincenzo si sottoporrà probabilmente a un controllo medico alla fine della prima settimana. Nel frattempo il suo nastro manubrio è leggermente più morbido e i tubolari un po’ meno gonfi.
Debito col Giro
Scrutando il suo sguardo e sentendolo parlare, al netto delle prestazioni che verranno, si ha la sensazione che il guerriero sia intenzionato a lottare finché ne avrà la forza. Nessuna pretattica: quel che c’è sarà versato.
«Credo di non aver fatto niente di eroico – ha detto – gli atleti in genere hanno un approccio da combattenti. Avevamo lavorato tanto per questo obiettivo e non provarci sarebbe stato brutto. Per me. Per la squadra. Per gli sponsor. E anche per il Giro, che ha dato tanto alla mia carriera. Non ho addosso particolari pressioni. Solo un desiderio. Quello di tornare presto ad alzare le mani».