Lachlan Morton ce l’ha fatta. L’australiano della EF Procyling è arrivato a Parigi con cinque giorni di vantaggio sul Tour de France. Un viaggio sensazionale, ricco di emozioni e di fatica. Di ricordi e di “fotografie” particolari che resteranno nella mente di Morton.
Il suo “The Alt Tour” (Tour Alternativo), lo ricordiamo, consisteva nel percorrere l’intera Grande Boucle numero 108, trasferimenti inclusi, in totale autonomia. «Non sono al Tour nella squadra ufficiale? Bene, lo farò a modo mio». La sua proposta è piaciuta immediatamente alla sua squadra che anzi lo ha supportato a livello mediatico e di sponsorizzazione. E ha fatto bene, visto l’enorme seguito che ha avuto Lachlan e di conseguenza la Ef stessa.
Cinque giorni di vantaggio
Avevamo lasciato Morton quando era sui Pirenei. Il gruppo aveva lasciato il Ventoux e lui aveva raggiunto Andorra. In quel momento aveva tre giorni (quasi quattro) di vantaggio sulla carovana. A quel punto con le grandi montagne alle spalle doveva “solo” tirare dritto verso Nord in direzione di Parigi, salvo chiaramente immettersi sul percorso della crono e della tappa finale.
Mentre il gruppo osservava l’ultimo giorno di riposo, Lachlan pedalava spedito sulla sua Cannondale. E, ormai all’alba, erano le 5:30, del martedì entrava a Parigi. Pogacar e colleghi ci sarebbero arrivati la domenica successiva.
«Voglio ringraziare tutti coloro che in qualche modo sono venuti con me in questo meraviglioso viaggio – ha detto Morton – È difficile descrivere le difficoltà e le gioie che ho provato nel mio Tour de France. Ne esco con un apprezzamento più profondo del Paese, del nostro sport e anche della nostra bici. Una sfida che mi ha permesso di raccogliere dei fondi per World Bicycle Relief. Un grande ringraziamento va anche alla mia squadra e a Rapha che hanno creduto in questo progetto».
Sulle ali dell’adrenalina
Eppure il ritorno verso Nord non è stato sempre facile. Lasciati i Pirenei, di fronte a lui c’erano circa 570 chilometri. Come detto poche salite, ma la Francia non è mai facile e puntuale ecco il vento. E chi va in bici sa che il vento può essere infido. Può toglierti l’anima, specie se sei stanco. E Lachlan stava attraversando un momento di crisi. Ma quella stessa sera, presso il camping che aveva prenotato strada facendo, ecco una gradita sorpresa: suo papà. Si trovava a Gencay, borgo di 1.850 anime in Aquitania a 370 chilometri da Parigi.
Il giorno successivo, rinvigorito dal papà Morton, che ormai pedalava solo con i sandali, stava letteralmente volando. Poca salita ed eccolo che spingeva spianata sulle piccole appendici che aveva montato sul suo manubrio.
Per dare però un’idea di cosa significhi fare pianura in Francia. Il totale del dislivello nel suo Alt Tour è stato di 66.500 metri circa. Ebbene dopo l’ultimo colle pirenaico Morton ne aveva fatti 60.000. Quindi davanti a sé, da Pau a Parigi, aveva 6.500 metri di dislivello in “pianura”!
Quella coca e il Portet
Per chi lo non conosce, Morton è un personaggio sui generis. Ama la Mtb, giusto un paio di giorni fa è rientrato a casa negli Stati Uniti (dove risiede) ed è subito uscito con la sua “ruote grasse”. E’ tra i più grandi interpreti mondiali del settore gravel ed è anche un discreto gregario. Ma prima di tutto è un sognatore. Non è un pro’ da porridge con latte senza lattosio a colazione e dieta chetogenica, tanto per capirci.
Le emozioni vengono prima di tutto. Un esempio? Dopo oltre due settimane di viaggio e con la stanchezza che iniziava a farsi sentire, Lachlan si trovava nei Pirenei. Doveva affrontare la scalata del Portet. La salita sulla quale Pogacar avrebbe vinto qualche giorno dopo. E il suo compagno Uran sarebbe andato in crisi.
Ai piedi della salita Morton è stanchissimo. Il programma prevedeva di dormire in cima, ma probabilmente resterà a valle e monterà là in basso la sua tenda. Entra in un bar. Prende una coca, un pezzo di torta, un caffè. Risale in sella senza troppa convinzione, ma si rende conto di essersi rigenerato. Così va avanti e pedalata dopo pedalata alla fine arriva in cima al Col Portet.
«Ho fatto bene ad andare avanti. Altrimenti mi sarei perso tutto questo – indicando il silenzio e la vastità di queste montagne al tramonto – adesso sì che posso accamparmi soddisfatto».
La Francia nascosta
Questo viaggio, durato 18 giorni (che compresi i due di riposo del Tour hanno portato il vantaggio su Pogacar a 5 giorni) e 5.509 chilometri, ci ha fatto scoprire anche un altro volto della Francia. Un Paese così occidentale, ma al tempo stesso rurale. Un Paese molto legato alla sua terra e alle sue tradizioni. Si dice che, due o tre città a parte, la Francia sia “parigicentrica”. E forse è davvero così.
Ma questo significa anche tanto verde. Significa spazi di vera natura tra un villaggio ed un altro. Da noi, anche se poche, di case e di strutture se ne trovano in continuazione. Morton ci ha fatto vedere, specie sulle grandi salite, come certe strade si trasformino in poco tempo: dalla calma assoluta, alla bolgia del Tour. Un’ulteriore prova di cosa significhi questa corsa, anzi questo evento, per i francesi. Come ripetiamo, attaccatissimi alle loro tradizioni.
PS.
Prima abbiamo accennato a delle donazioni. L’Atl Tour ha raccolto un qualcosa come quasi 500.000 dollari per World Bicycle Relief, ente benefico, che può così acquistare oltre 4.000 biciclette con le quali molti ragazzi africani (soprattutto) potranno raggiungere la scuola o spostarsi per il loro sostentamento. Volendo si può donare cliccando qui.