Quando l’altro giorno, dopo il Gran Piemonte, Manuel Belletti è salito sul bus ha trovato i suoi compagni in piedi ad applaudirlo. Quel momento è dunque davvero arrivato: il romagnolo appende la bici al chiodo.
Corridore veloce, ha vissuto giornate di vera gloria e altre di tregenda, come vedremo, e quattordici anni da pro’ non sono pochi nel ciclismo di oggi.
Manuel al via del Gran Piemonte, si gode la sua ultima gara dopo 14 stagioni da pro’. Quanti pensieri nella sua testa… Ha esordito nel 2008 nella Diquigiovanni-Androni al Gp Costa degli Etruschi (gara che vinse poi nel 2010)
Il bello del ciclismo
«Ho avuto la fortuna – racconta il corridore della Eolo-Kometa – di aver fatto della mia passione il mio lavoro. Per questo mi sento un privilegiato. Ho visitato posti che facendo un altro mestiere non avrei mai visto. Ho stretto rapporti con tante persone, ho scoperto amici e chi mi è stato davvero vicino. E’ stato un bel viaggio… dalla prima gara che feci».
«Ho iniziato al termine della stagione da G6 in pratica da esordiente. Ma ricordo che c’era un circuito di 400 metri. Non fui doppiato, cosa che succedeva spesso, ma la cosa buffa è che dovettero fermarmi perché io ho continuato per altri due giri. Il ciclismo è stata una passione che mi ha trasmesso mio papà Massimo. Prima avevo fatto di tutto: calcio, tennis, podismo… Babbo era in compagnia atleti con Cassani, corse fino da dilettanti. All’epoca le cose erano un po’ diverse. A casa lavoravano il ferro e lui si mise a dare una mano lì».
«Ho avuto la fortuna di aver avuto dei genitori che sono stati, e mi hanno fatto stare, con i piedi per terra. Non come quelli che spesso vedo adesso. Non mi hanno mai esaltato. Chi andava fortissimo tra i giovanissimi iniziava ad andare peggio, io invece man mano andavo meglio ma è stato tra gli under 23 che ho capito che il ciclismo poteva essere veramente un’opportunità. Da dilettante ho fatto quattro anni. I primi due alla Eternedile Ozzanese, e col senno del poi eravamo uno squadrone, c’erano Montaguti, Chiarini, Marangoni… tutti pro’, poi due anni alla Trevigiani».
La magia di Cesenatico
Il ricordo più bello è scontato dirlo. Belletti, di Sant’Angelo di Gatteo a Mare, in pratica Cesenatico, vinse quella splendida tappa a casa sua nel Giro 2010. Fu un brivido. Dopo l’arrivo si sedette alle transenne incredulo, con la testa tra le mani. Un ragazzino che vince al Giro e per di più in casa. Favola.
«E’ stato il risultato più importante della mia carriera. Negli anni a venire, nel complesso, ho avuto anche stagioni migliori, ma quel giorno… Vincere al Giro è difficile. Vincere al Giro in casa lo è ancora di più. E’ complicato incastrare i tasselli alla perfezione come quel giorno».
«La tappa era lunga 248 chilometri. Fu una gara folle. La fuga ci mise 60 chilometri a partire e io fui l’ultimo ad entrarci. Ero sempre rimasto tranquillo, poi quando ho capito che il drappello stava andando via, il gruppo si era allargato. Io ero in seconda fila e così per trovare spazio saltai sul marciapiede. Mi ricordo che due corridori della Katusha mi marcavano stretto. Sapevano che correvo in casa, ma mi avevano visto bene anche una tappa o due prima, non ricordo bene. In pratica eravamo sui muri delle Marche e per un soffio non riuscii ad agganciare i migliori, però arrivai col gruppo e battei in volata McEwen. A quel punto, sul Barbotto, il loro diesse gli disse di scattare uno alla volta e l’altro doveva stare alla mia ruota».
Milano Sanremo 2013, Manuel Belletti soffrì più di altri quella giornata Nel 2010 ha conquistato anche la Coppa Bernocchi battendo Hondo e Cavendish Il romagnolo ha vestito anche la maglia azzurra (Copenaghen 2015) Nel 2018 vince il Tour de Hongrie: eccolo con la maglia di leader
Milano Sanremo 2013, Manuel Belletti soffrì più di altri quella giornata Nel 2010 ha conquistato anche la Coppa Bernocchi battendo due veri assi: Hondo e Cavendish Il romagnolo ha vestito anche la maglia azzurra. Eccolo ai mondiali di Copenaghen 2015 Nel 2018 vince il Tour de Hongrie: eccolo con la maglia di leader
Dal gelo all’Ungheria
In quasi tre lustri di carriera, Belletti ha vinto una quindicina di corse. Ha militato in squadre di prima fascia come l’Ag2 La Mondiale. Ha passato momenti duri, come il gelo di quella famosa Sanremo 2013. Riportò il semi-congelamento del mignolo di un piede. Gli ci vollero mesi per ritrovare la sensibilità. Ma qui vogliamo ricordare i momenti belli.
«Per un uomo veloce è sempre strano vincere le corse a tappe, ma ci riuscii nel 2018. Vinsi il Giro di Ungheria. E anche se era una corsa piccola fu una gran bella sensazione. Anche perché poi venivo da un periodo extraciclistico non molto bello. Una mia vicina, che poi è venuta a mancare, stava molto male».
«Ma il ciclismo mi ha insegnato tanto. Mi ha insegnato la disciplina, l’importanza dei sacrifici e mi ha insegnato a dare importanza a ciò che il tuo corpo vuole, ma anche ad andare oltre i tuoi limiti. Tante volte pensi di non farcela e invece poi ci riesci. Ripeto, sono un privilegiato. Dicono che i corridori sono eroi, ma gli eroi sono coloro che vanno la mattina al lavoro per portare i soldi a casa».
Un futuro da scrivere
E adesso si guarda al futuro. Belletti a giorni compirà 36 anni e ha una vita davanti.
«Fino a fine anno sono sotto contratto con la Eolo, ma comunque per ora non ho nulla in cantiere. Se dovesse arrivare un’offerta dal mondo del ciclismo tipo da un marchio di abbigliamento potrei coglierla. Ho studiato grafica pubblicitaria. Ho fatto per tanti anni il corridore e so cosa serve (tipi di taglio, cuciture) e potrei mettere a disposizione queste mie conoscenze per sviluppare i materiali, le grafiche… Invece non vorrei fare il diesse. Se devo stare così tanto lontano da casa, tanto valeva continuare a fare il corridore. Perché fisicamente sto bene, sono parecchio stanco di testa. Avevo bisogno di staccare.
«Al Gran Piemonte prima del via, sembrerà scontato dirlo, mi è passato per la testa un po’ di tutto, le scene della mia carriera. E in corsa a volte ero anche distratto da questo, ma tutto sommato ero anche sollevato. Certo, c’era un po’ di malinconia, perché la Eolo quest’anno mi ha accolto benissimo. Adesso andrò in bici per puro piacere, più Mtb che strada, e poi a pesca! Mia grande passione…».